La ministra per la Famiglia Roccella comunica che sulla carta d’identità delle persone minori sarà riportata la dicitura padre e madre, e non genitori.

I precedenti

La stretta ideologica alla genitorialità prende il via nel 2019 con il cosiddetto decreto Salvini che sostituiva l’allora dicitura gender neutral «genitori» -  prescritta dalla legge - in «padre» e «madre» andando così a modificare migliaia di documenti in forma coatta. Di colpo, nella pratica, una madre in una famiglia omosessuale può ritrovarsi indicata come padre sul documento d’identità della propria prole. Tutto questo per affermare, quantomeno a parole, che una famiglia per lo stato Italiano è solo quella composta da un uomo e una donna.

La vicenda è finita, come quasi sempre accade per le famiglie arcobaleno, di fronte a un giudice. Una coppia di mamme, con il supporto di Rete Lenford, avvocatura per i diritti LGBTQIA+ e Famiglie Arcobaleno - associazione di genitori omosessuali - si è rivolta al tribunale di Roma che, con una sentenza del novembre 2022, ha dichiarato illegittimo il decreto Salvini, disapplicandolo nel singolo caso.

«Una pronuncia senza dubbio importante, che sostituisce la giustizia all’ideologia», dice Angelo Schillaci, professore associato di diritto pubblico comparato alla Sapienza ed esperto di diritti delle persone LGBTQIA+. «Il tribunale di Roma riconosce un principio apparentemente molto semplice: un/a minore con due genitori dello stesso sesso, riconosciuti come tali dall’ordinamento, o a seguito di un’adozione in casi particolari, ha diritto a un documento che racconti in modo esatto la sua identità personale, relazionale e sociale».

Roccella insiste

Tuttavia questo 27 dicembre la ministra Roccella ha difeso il decreto Salvini, ripristinando la dicitura «padre» e «madre» sui documenti «a meno che non si faccia ricorso». In questo modo la dignità di ogni singola famiglia è rimessa al suo individuale potere economico e di classe di affrontare un iter processuale per ottenere un foglio che confermi quello che è già sancito da numerosi casi di giurisprudenza.

«È vergognoso che una ministra della Repubblica, che tra l’altro non ha competenze in materia, dica alle famiglie omogenitoriali di andare a intasare i tribunali per veder riconosciuto il minimo sindacale: avere documenti di identità dei minori conformi alla realtà», dice Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno. «In questo momento per difendere un provvedimento di pura propaganda come il decreto Salvini, il governo italiano manda i propri cittadini in giro per l’Europa con documenti falsi. Penso anche alle famiglie composte da un solo genitore, anche loro non sono degne di essere riconosciute come tali?».

Le famiglie escluse 

Il ministro per la Famiglia è tale quindi per una sola, ben definita, tipologia di famiglia, escludendo tutte le altre che già esistono e che in Italia sono nell’ordine di migliaia. Un numero del quale oggi non si ha certezza proprio in virtù del mancato riconoscimento formale di queste famiglie, risultato della mancata volontà del nostro stato di fotografare la realtà di un paese al di là di ogni ideologia.

Per la data journalist Donata Columbro, data journalist: «I dati che fotografano le famiglie omogenitoriali non sono aggiornati: abbiamo l'indagine MoDiDi, condotta da Arcigay in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità secondo cui nel 2005 c'erano in Italia circa 7.000 omosessuali over40 con figli, e quindi una stima di 100mila bambini con almeno un genitore omosessuale. Secondo l'Istat nel 2011 le famiglie omogenitoriali con un figlio erano 529. Stiamo parlando di dati vecchi di più di dieci anni. Se non si realizzano nuove indagini e nuovi censimenti a livello nazionale la mancanza di dati non ci permette di percepire la realtà politica della questione».

I diritti sono di tutti

Assumersi la responsabilità di tutelare le famiglie italiane dovrebbe andare oltre la propria visione ideologica e religiosa, sostenendo tutte le famiglie che in Italia vivono. In futuro, la già critica situazione che riguarda il riconoscimento e la tutela di centinaia di nuclei famigliari, potrebbe aggravarsi, creando ulteriori disuguaglianze lesive della dignità delle persone.

Questo nonostante nella nostra Carta Costituzionale l’art.29 sul diritto di famiglia riconosce i coniugi come pari e su di loro si fonda l’unità di misura italiana: la famiglia.

La famiglia definita in Costituzione come naturale non sembra avere molto a che fare con il concetto ideologico cattolico, ma si riferisce a una «forma di aggregazione spontanea» poichè al tempo della carta costituzionale bisognava evitare gli orrori del fascismo, dei matrimoni combinati e del concetto patraircale del trattamento della donna come bene.

«I costituenti seppero essere lungimiranti - dice Schillaci - anche se all’epoca in cui la Costituzione venne scritta, la rivendicazione del diritto alla vita familiare da parte delle persone LGBTQIA+ fosse ancora di là da venire: e lo stesso articolo 29, come risulta dagli atti dell’assemblea costituente, fu inserito come fondamentale presidio di libertà rispetto a ingerenze dello stato e dinamiche di oppressione pubblica, con una fortissima apertura al futuro. Nulla vieta dunque al legislatore di trasformare il matrimonio in senso pienamente egualitario e di adeguare il diritto di famiglia ai mutamenti della società e della cultura».

Un futuro da scrivere

Questo aprirebbe la strada alla giuridspudenza in tema di matrimonio egualitario e riconoscimento delle famiglie omogenitoriali.

Ci si chiede, non da ultimo, se nel 2022 sia possibile ancora parlare di famiglia tradizionale nel dibattito pubblico, quando il concetto ambiguo di tradizionale da tempo non riflette la realtà italiana, ben al di là delle coppie omosessuali e lesbiche abbracciando famiglie allargate e famiglie con un* unic* genitore. Queste famiglie esistono già, che lo stato le riconosca oppure no. Davanti alla legge dovremmo essere tutti riconosciuti come pari. Così dicono.

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