Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci di queste della sentenza della Corte d’appello sulla condanna del senatore Tonino D’Alì ’ex senatore ed ex sottosegretario agli interni di Forza Italia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.


Le dichiarazioni del Birrittella circa la disponibilità del D’Alì ad agire in favore di Cosa Nostra e dei soggetti “vicini” al sodalizio, nonché le dichiarazioni del primo circa gli stretti rapporti tra il D’Alì ed il Coppola (ad esempio, il Pace aveva riferito al Birrittella che il D’Alì “favoriva” il Coppola “anche in relazione a lavori pubblici”) sono confermate pure:

dalla conversazione intercettata nel 2001 e riportata alle pagg. 477-480 della sentenza di primo grado, dalla quale risulta che il Coppola era tanto intimo con il D’Alì dai prospettare pure la possibilità di proporgli una turbativa d’asta relativa ai lavori di realizzazione della funivia di Erice;

dalle conversazioni intercettate dalle quali risulta che il Coppola, anche dopo l’applicazione nei suoi riguardi di un’ordinanza di custodia cautelare – nel novembre 2005 – in relazione al reato di cui all’art. 416 bis c.p., si sentiva tanto vicino all’imputato da potergli chiedere il favore di intervenire presso il Prefetto di Trapani affinché all’impresa del medesimo Coppola – nonostante il suo arresto “per mafia” – fossero assicurate forniture di massi (o pietrisco) per i lavori da realizzare presso il porto di Castellammare nonché le forniture in favore della Calcestruzzi Ericina (“Anche con Camillo – Iovino – ...di parlare materialmente col Senatore... per quanto riguarda i massi che si dovevano portare al Comune di Castellammare... è stato preso un impegno ... perché quelli di Castellammare... Quindi Camillo risolvici questa cosa... questa faccenda col Senatore, gli dici: "Un occhio di riguardo lì ... che questa deve continuare a lavorare ed a portare materiale lì”, è chiaro? Il Senatore ...poi con il Prefetto.”).

In particolare, a tale ultimo proposito, il Coppola, mentre era detenuto “per mafia”, il 22 dicembre 2005 (cfr.. pagg. 346-349-351-354 della sentenza di primo grado), ha chiesto al nipote Fiordimondo Onofrio di parlare con Iovino Camillo (anche lui politico, sią pure locale, ed in ottimi rapporti con il D’Alì, oltre che con il Coppola;

anzi, era stato proprio il Coppola a perorare presso il D’Alì la causa dello Iovino, che grazie a tali due soggetti appena menzionati aveva ottenuto la candidatura per il centrodestra nelle elezioni per la scelta del Sindaco di Valderice: cfr. pag. 450 della sentenza di primo grado) affinché lo stesso Iovino, a sua volta, parlasse con l’odierno imputato perché vi fosse “un occhio di riguardo” (cfr. pag. 349 della sentenza di primo grado) per le imprese dello stesso Coppola, per fare in modo – tramite intercessione del medesimo D’Alì presso il Prefetto – che ad esse non fossero revocate o comunque precluse (ad esempio, a seguito di informativa antimafia negativa) delle commesse già promesse “Anche con Camillo di parlare materialmente col Senatore per quanto riguarda i massi che si dovevano portare al Comune di Castellammare è stato preso un impegno (il Coppola temeva, in sostanza, che quelle commesse promessegli – “è stato preso un impegno” – non gli venissero più confermate proprio perché lui stesso era stato appena arrestato in forza di o.c.c. in materia di “mafia”;

e per questo chiedeva l’aiuto del D’Alì, affinché grazie al suo verosimile ascendente – nelle speranze sempre del Coppola – presso il Prefetto che non era più il Sodano- l’odierno imputato potesse far sì che nei confronti del medesimo Coppola si avesse “un occhio di riguardo” -nonostante fosse in carcere per “reati di mafia”).

II Fiordimondo, il 29 dicembre 2005, ha riferito al Coppola di aver parlato con lo Iovino, attivandolo affinché parlasse col D’Alì, ma ciò solo con riferimento alle forniture attinenti ai lavori relativi al Porto di Castellammare (poiché la Calcestruzzi Ericina non aveva cessato di rifornirsi di inerti dalle imprese del Coppola).

La richiesta di aiuto proveniente dal Coppola risulta, poi, essere effettivamente giunta tramite lo Iovino, al D’Alì, nel gennaio 2006 (il medesimo D’Alì, infatti, aveva lasciato I’Italia per vacanza - dal 25 dicembre 2005 ed il 5 gennaio 2006); l’imputato -allora- in un primo tempo manifestava la propria disponibilità e rassicurava l’interlocutore sul fatto che avrebbe tenuto in considerazione le richieste del Coppola (v. pag. 357 della sentenza di primo grado: intercettazione del 12 gennaio 2006 tra il Coppola ed il “Lordimondo – “Con Camillo ho parlato lui ha parlato con il Senatore e gli ha detto – il D’Alì, allo Iovino, affinché riportasse quelle parole al Fiordimondo ed al Coppola- ... “Non ti preoccupare ... che quando le cose partono voi sarete tenuti in considerazione” – e conferma del tenore della stessa conversazione da parte del Fiordimondo, a pag. 379 sempre della sentenza di primo grado – “Il senatore D’Ali aveva assicurato che all’avvio dei lavori le imprese del Coppola sarebbero state tenute in considerazione in base all’impegno precedentemente assunto”;

non vi è ragione di dubitare dell’attendibilità di tali elementi, posto che lo Iovino non aveva motivo di mentire al Coppola ed al Fiordimondo e quest’ultimo non aveva motivo di mentire allo zio Coppola Tommaso) e solo in un secondo momento (nel febbraio 2006) lo stesso D’Alì, pur non rigettando sdegnosamente la richiesta proveniente da un soggetto allora detenuto per ramificati collegamenti con Cosa Nostra, evidenziava che bisognava mantenere un profilo di prudenza, rinviando l’attivazione delle forniture che tanto interessavano il Coppola a quando “le acque si fossero calmate” (cfr. pagg. 357-358 della sentenza di primo grado: “Non so se è il caso di aspettare che si calmino le acque”).

Al riguardo, giova evidenziare che il Coppola – allora in carcere “per mafia” e poi condannato in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p., nonché molto vicino al Pace e soggetto che si era speso, in sinergia col Pace, per convincere il Croce a lasciare il posto all’Assemblea Regionale Siciliana al candidato del D’Alì, il tutto in una ristretta commistione di relazioni che lascia ritenere davvero implausibile che l’odierno imputato, da decenni collegato ai massimi livelli con Cosa Nostra, non conoscesse la reale natura dei rapporti tra il Coppola ed il Pace – riteneva di potere avanzare una richiesta alquanto “pesante” al D’Alì (fare in modo che - grazie all’influenza dell’odierno imputato pure presso il Prefetto - non venissero bloccate le commesse già promesse in favore delle proprie imprese, nonostante lo stesso Coppola fosse stato appena ristretto in carcere in forza di una ordinanza cautelare relativa al reato di cui all’art. 416 bis c.p.).

Da parte sua il D’Alì – che assai verosimilmente era il soggetto che aveva promesso delle commesse al Coppola in relazione ai lavori riguardanti il porto di Castellammare; tant’è che lo stesso Coppola chiedeva rassicurazioni proprio al D’Alì circa il rispetto degli impegni in precedenza presi- non solo non ha rigettato sdegnosamente quelle richieste e non le ha denunziate ma – addirittura – in un primo tempo, nel gennaio 2006, ha pure rassicurato lo stesso Coppola – nonostante egli fosse in custodia cautela per fatti di mafia e, quindi nonostante fosse ormai palese ed apprezzabile da chiunque la contiguità del medesimo Coppola con Cosa Nostra – sul fatto che le sue imprese sarebbero state tenute in considerazione, per i lavori al Porto di Castellammare (quando tale opera fosse iniziata) secondo gli accordi già presi (“in base all’impegno precedentemente assunto”, alla luce di quanto riferito dal Fiordimondo: ed è evidente, sempre alla luce delle dichiarazioni del Fiordimondo e del contesto complessivo della vicenda, che quell’impegno era stato assunto proprio dal D’Alì nei riguardi del Coppola), mentre solo in un secondo momento, nel febbraio 2006, l’odierno imputato ha tenuto un atteggiamento più prudente, sebbene neppure in tal caso di chiusura: proponeva una partenza delle forniture che interessavano al Coppola quando “le acque si fossero calmate”.

In tal modo comunque l’imputato ha manifestato una sicura disponibilità verso il sodalizio mafioso e verso soggetti ad esso vicini. In altre parole perdurava anche nel 2006 la disponibilità del D’Alì (già manifestatasi nei primi anni ’80 del XX secolo) ad intervenire in favore di soggetti intranei al sodalizio mafioso o collusi con Cosa Nostra (e che il Coppola lo fosse era allora conclamato dal suo stato di detenzione per fatti di mafia: fermo restando che poi è stato condannato ex artt. 110 e 416 bis c.p.).

Questi sono i principali elementi che denotano una stabile - e mantenuta per decenni, dai primi anni ’80 del secolo scorso fino al 2006 - disponibilità del D’Alì ad operare in favore di Cosa Nostra, dei soggetti intranei al sodalizio e dei soggetti vicini ad esso, con le gravi condotte fin qui esposte ed anche stringendo col sodalizio appena citato patti di natura politico/mafiosa.

In sostanza, dopo la vicenda del Fondo Zangara e dopo l’ausilio garantito a Cosa Nostra come “banchiere”, il D’Alì, in totale continuità con la sua piena disponibilità nei riguardi del sodalizio e con i suoi stretti rapporti con il Gotha della mafia siciliana, ha stretto patti politico/mafiosi, sempre con Cosa Nostra, sia nel 1994 che nel 2001 (richiedendo, in tale ultimo anno, alla mafia, addirittura un appoggio per supportare pure la candidatura di un “suo uomo” alle elezioni regionali), ricambiando l’appoggio elettorale ottenuto con una persistente disponibilità nei confronti del sodalizio che non risulta essere venuta meno fino alla fine dell’ultimo mandato che viene in rilievo (2006). Tale disponibilità va complessivamente ricondotta all’alveo del reato di cui agli artt. 110 e 416 his c.p., anche per le considerazioni in diritto di seguito esposte.

© Riproduzione riservata