Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


Il teste ha menzionato ulteriori particolari che denotano il particolare interesse che Antonino Salvo manifestava per il suddetto incontro conviviale. Dalla deposizione del De Martino si evince, infatti, che Antonino Salvo gli preannunziò la visita del sen. Andreotti con alcuni giorni di anticipo e gli disse: "mi raccomando, bisogna fare una bella figura". In nessuna altra occasione Antonino Salvo si era precedentemente intromesso nell’attività gestionale dell’albergo, né lo avrebbe fatto successivamente. Fu quella l’unica volta in cui Antonino Salvo si alterò ed alzò un po’ la voce nei confronti del De Martino, mostrandosi molto agitato perché quest’ultimo non aderiva alla sua richiesta di collocare una parte del buffet davanti al tavolo del sen. Andreotti.

A fronte del suesposto quadro probatorio, l’imputato ha sostenuto che l’incontro con Antonino Salvo presso l’Hotel Zagarella fu il suo unico contatto personale con il medesimo soggetto e fu determinato esclusivamente dal fatto che Antonino Salvo era il proprietario dell’albergo dove si svolgeva il ricevimento.

Sul punto, il sen. Andreotti all’udienza del 29 ottobre 1998 ha spontaneamente dichiarato

quanto segue: «veniamo ai cugini Salvo ed altri temi in qualche modo connessi. Uno degli argomenti sui quali si è maggiormente esercitata l'accusa è quello della mia presunta conoscenza e dei miei presunti rapporti con i cugini Ignazio e Nino Salvo. Ripeto qui, anche a costo di annoiarvi, con assoluta decisione di non aver mai conosciuto e a maggior ragione di non aver mai avuto rapporti con i cugini Salvo.

Contro questa mia affermazione, sempre ribadita ogni qualvolta si è parlato di presunti rapporti tra me e questi cugini, non vale addurre come prova negativa una fotografia scattata il 7 giugno 1979 in occasione di un ricevimento all’hotel Zagarella nel quale è ritratto un gruppo di persone, tra cui figuro io tra il presidente della Regione Mattarella e il Ministro della Difesa Ruffini e a lato una persona, che per la prima volta intesi dal procuratore Lo Forte che me la mostrava essere la foto di Nino Salvo proprietario dell’albergo. Tale fotografia fu scattata appunto nel corso del ricevimento dato in occasione di un comizio nella campagna elettorale per le elezioni europee del 1979 per il quale ero venuto da Roma poche ore prima.

Non si trattò quindi di un invito personale di Nino Salvo nei miei confronti ma, come ho detto, di un ricevimento proposto su iniziativa della Democrazia Cristiana al quale parteciparono centinaia di persone. Quella fu la prima e anche l’ultima volta che incontrai uno dei cugini Salvo e precisamente Nino Salvo.

Escludo di aver mai incontrato l’altro cugino, cioè Ignazio. Della presenza di Nino Salvo del ricevimento all’hotel Zagarella del 7 giugno 1979 per me assolutamente insignificante non ho conservato ricordo alcuno. Del resto tutto ciò è assolutamente ovvio e non dovrebbe apparire incredibile, come invece si vuol sostenere da parte dell’accusa, solo che si tenga conto che nella mia vita mi è capitato di incontrare o di essere vicino a migliaia di persone e che, non vorrei apparire immodesto, quando mi reco in qualche luogo si forma sempre attorno a me una qualche ressa e c’è spesso un accorrere di persone che vogliono stringermi la mano, salutarmi, chiedermi autografi o essere fotografate.

Quel ricevimento poi era affollatissimo ed io non ho memoria della presentazione di un qualche personaggio particolare ad eccezione di alcuni professori di questa università. Aggiungo che recandomi a quel ricevimento nessuno, perché altrimenti ne serberei un qualche ricordo, mi ha spiegato che l’albergo dove ci dirigevamo (...) per il ricevimento organizzato dalla Democrazia Cristiana era di proprietà della famiglia Salvo, né alcuno mi ha detto che si trattava di una famiglia particolarmente in vista titolare di esattorie.

Il teste De Martino ha riferito che Nino Salvo mi avrebbe mostrato un salone dell’albergo magnificandomene le caratteristiche, anche di questo non ho memoria, posto che fatti del genere mi sono capitati centinaia di volte. Non avevo ragione per altro di dubitare che questo sia accaduto, anche in considerazione di quanto ho sopra detto, non posso che aver pensato che la persona che mi scortava doveva essere il proprietario o il direttore dell’albergo. Può darsi che mi abbia mostrato anche la piscina ma con il trambusto che c’era non certo per avere colloqui separati. Aggiungo che neppure il giorno dopo il ricevimento né in altra occasione alcuno mi parlò dei proprietari di quell’albergo, fornendomi indicazioni in proposito. Vorrei inoltre sottolineare che nessuno mi sconsigliò di partecipare a quell’evento.

D’altro canto al ricevimento partecipò come ho detto lo stesso Presidente della Regione Piersanti Mattarella, un Ministro, molti parlamentari, funzionari pubblici come il Prefetto di Palermo e il Questore e via dicendo. Come è ovvio quella fu una delle tante fotografie, migliaia o forse milioni, che vengono scattate in occasioni del genere e che mi hanno ritratto in compagnia di una infinità di diversi personaggi. Come chiunque può facilmente capire io per più di 50 anni ho rivestito cariche rappresentative e come persona pubblica sono stato fotografato nei più diversi contesti ed in compagnia di soggetti, che anche del tutto casualmente si trovavano accanto a me e quindi nel fuoco dell’obiettivo, senza alcun significato di contiguità extra fotografica. Ciò non significa di conseguenza che io conosca o sia amico o abbia rapporti con tutte le persone che di volta in volta sono comparse in fotografie scattate in occasioni analoghe a quelle nelle quali io compaio. Non ho nessun ricordo di colloqui con Nino Salvo in quell’occasione ed escludo di aver avuto contatti con lui prima o seguito o che da quell’incontro, evidentemente determinato solo dal fatto che egli era il proprietario dell’albergo dove avveniva il nostro ricevimento, non è nata alcuna consuetudine di contatti o di rapporti. (...) Le considerazioni volte a proposito della fotografia scattata il 7 giugno 1979, valgono naturalmente e a maggior ragione per un’altra fotografia, che pure è stata prodotta nel corso del dibattimento, e che ritrae in mezzo alla folla che partecipò al comizio al cinema Nazionale, precedente il ricevimento di cui parliamo, figura ancora una volta Nino Salvo.

Come è facile da intendere Nino Salvo è una delle tante persone presenti in quel comizio. Per di più, lo si vede dalla fotografia, in piedi e in fondo alla sala, certamente non ebbe in quell’occasione con me alcun contatto.

È del resto significativo che al di là di queste fotografie di cui ho parlato non sia stato possibile, pur avendo messo a soqquadro studi fotografici, anche non in attività di servizio come l'archivio del L’Ora, non è stato possibile introdurre nel processo alcuna prova documentale, cioè fotografie, filmati, resoconti televisivi o altro che ritraggono me in compagnia di qualcuno della famiglia Salvo.

La ragione è molto semplice, io non ho avuto alcuna frequentazione con i cugini Salvo e con i loro familiari. Aggiungo che è facile rispondere ad un’eventuale e maliziosa interpretazione dell’assenza di tali documenti, fondata sull’ipotesi di una prudenza che io avrei potuto usare per non farmi ritrarre in compagnia dei Salvo. Non avrei avuto alcuna ragione di nascondere questi rapporti, considerato che per quanto è emerso anche nel corso di questo procedimento i Salvo fino al loro coinvolgimento processuale erano ben considerati nella società siciliana e i loro inviti era ambitissimi e non vi sarebbe stato quindi alcun motivo di nascondere la mia frequentazione con loro.

Si sarebbero certamente potute trovare di conseguenza decine e decine di documentazioni fotografiche, così come sono state trovate, per esempio, numerose documentazioni fotografiche che testimoniano di rapporti e di contatti tra me e il defunto Onorevole Lima o altre personalità siciliane. Così come del resto sono state trovate copiose prove fotografiche di incontro tra lo stesso Onorevole Lima e i Salvo».

Analoghe dichiarazioni sono state rese dall’imputato nel processo instaurato a suo carico davanti alla Corte di Assise di Perugia per l’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli. In questa sede, nel corso dell’esame cui è stato sottoposto nelle udienze del 5 e del 6 ottobre 1998 (i cui verbali sono stati acquisiti al fascicolo del presente dibattimento), il sen. Andreotti ha specificato di avere appreso solo in occasione dell’interrogatorio davanti al P.M. che il soggetto allora presentatogli come proprietario dell’albergo era Antonino Salvo, e di essere stato accompagnato, al termine della cena, dal Prefetto di Palermo presso la Prefettura, dove aveva pernottato.

Questa versione dei fatti non appare, però, credibile, per diverse ragioni.

Sul punto, deve anzitutto osservarsi che l’asserita presentazione al sen. Andreotti di Antonino Salvo semplicemente come proprietario dell’albergo presuppone logicamente che quest’ultimo soggetto si fosse limitato ad intervenire soltanto in tale qualità, apprestando tutti i servizi occorrenti per assicurare l’esito positivo della manifestazione e cercando di valorizzare le risorse e le potenzialità dell’Hotel Zagarella.

Dagli elementi di convincimento raccolti emerge, invece, che Antonino Salvo, nel caso concreto, pose in essere, oltre a comportamenti riconducibili alla sua qualità di soggetto interessato alla società proprietaria dell’Hotel Zagarella, anche ulteriori condotte inequivocabilmente inquadrabili in una attività di deciso e aperto sostegno alla candidatura dell’on. Lima per le elezioni europee.

Era certamente questo il significato della presenza di Antonino Salvo al comizio svoltosi all’interno del cinema Nazionale di Palermo, subito prima del ricevimento. Non vi è dubbio, infatti, che Antonino Salvo, recandosi al comizio, intendesse manifestare pubblicamente il suo appoggio alla candidatura dell’esponente politico che il sen. Andreotti era personalmente venuto a supportare tenendo, in suo favore, il discorso conclusivo della campagna elettorale.

Se Antonino Salvo fosse stato interessato semplicemente alla buona riuscita del ricevimento ed alla promozione dell’immagine del proprio albergo, avrebbe scelto di rimanere presso l’Hotel Zagarella per seguire meglio la preparazione del convivio (per la cui organizzazione aveva, oltretutto, già mostrato una forte attenzione ed una particolare sollecitudine, ingerendosi energicamente – per la prima ed unica volta – nelle scelte del gestore e direttore dell’albergo).

Chiaramente sintomatico è, poi, il fatto che sia stato lo stesso Antonino Salvo ad ordinare il banchetto ed a sostenerne successivamente il costo. Se si fosse trattato di una normale prestazione alberghiera espletata nei confronti di un partito politico, senza alcun ulteriore interesse di Antonino Salvo, l’ordinativo e la corresponsione del compenso sarebbero stati effettuati da un esponente o da un funzionario del partito.

Il contegno effettivamente serbato da Antonino Salvo denota, invece, la reale natura del suo intervento, palesemente finalizzato all’organizzazione ed al finanziamento di un incontro conviviale assai costoso e strettamente connesso al comizio conclusivo della campagna elettorale dell’on. Lima.

Tale essendo il ruolo disimpegnato da Antonino Salvo, e tenuto conto degli intensi rapporti (di carattere politico e di amicizia personale) che lo legavano all’on. Salvo Lima, appare assolutamente illogico che, in presenza di quest’ultimo, Antonino Salvo sia stato presentato al sen. Andreotti esclusivamente come proprietario dell’Hotel Zagarella, sminuendo così vistosamente la rilevante attività da lui svolta – in modo aperto e convinto - in favore del leader della corrente andreottiana in Sicilia, personalmente impegnato nella competizione elettorale.

La ricostruzione dell’accaduto prospettata dall’imputato è altresì contraddetta dagli ulteriori elementi probatori (esaminati nel paragrafo 3) che dimostrano che egli, già nel 1976, conosceva Antonino Salvo così bene da avvertire l’esigenza di inviare un dono nuziale in occasione del matrimonio della figlia del medesimo con il dott. Gaetano Sangiorgi.

Era quindi perfettamente conforme alla realtà la sensazione manifestata dai testi De Martino e Conte, i quali, in considerazione delle modalità dell’incontro, avevano ritenuto che Antonino Salvo ed il sen. Andreotti già si conoscessero.

Le argomentazioni precedentemente sviluppate inducono quindi a riconoscere che l’imputato ha deliberatamente travisato il reale svolgimento dell’episodio, al fine di negare la sussistenza di ogni rapporto personale e politico tra lui ed Antonino Salvo.

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