Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


I cugini Salvo intrattennero rapporti anche con Claudio Vitalone.

Il Vitalone, entrato nel 1961 in magistratura, svolse le funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma e poi quelle di Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma. Nel 1979 fu eletto Senatore. Fu rieletto nel 1983, nel 1987, nel 1992.

Ricoprì anche le cariche di Vice Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, di Sottosegretario agli Affari Esteri nel 6° e nel 7° governo Andreotti, e di Ministro del Commercio Estero nel governo Amato (cfr. la deposizione resa dal teste isp. Salvatore Bonferraro all’udienza del 22 maggio 1996).

Il teste on. Giacomo Mancini, escusso all’udienza del 31 ottobre 1996, ha specificato che Claudio Vitalone “era l'uomo di Andreotti che trattava con il partito comunista” durante il “periodo della emergenza”

Il teste on. Claudio Martelli, esaminato all’udienza del 10 giugno 1997, ha riferito che il Vitalone “era un magistrato molto influente, nella magistratura romana (...) e che era personaggio anche influente ed ascoltato della corrente andreottiana”.

Anche l’on. Sergio Mattarella, nella deposizione testimoniale resa all’udienza dell’11 luglio 1996, ha evidenziato che il sen. Claudio Vitalone apparteneva alla corrente andreottiana.

L’on. Vittorio Sbardella, sentito in data 16 settembre 1993 dal Pubblico Ministero, precisò che i rapporti tra il sen. Andreotti ed il Vitalone erano sorti nel periodo in cui quest’ultimo esercitava le funzioni di magistrato, e riferì quanto a sua conoscenza in ordine ad un intervento effettuato dal Vitalone in un processo nel quale era imputato l’allora Sindaco di Roma Amerigo Petrucci.

Nel verbale di testimonianza assunta il 31 marzo 1994 dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo in sede di incidente probatorio, l’on. Sbardella rese le seguenti dichiarazioni:

«I rapporti tra Vitalone e Andreotti risalgono ad epoca in cui il primo era Sost. Procuratore a Roma.

Il Vitalone infatti si è sempre proposto verso l’ambiente politico e Andreotti aveva un ruolo di assoluto rilievo specie a Roma.(...) (...) ricordo di tutto un comportamento del Vitalone improntato ad asseverare una sua influenza nell’ambito giudiziario in favore di politici vicini alla corrente e ciò al fine di accrescere il suo credito nei confronti della corrente medesima. Mi riferisco al periodo in cui il Vitalone era Magistrato.

A D. P.M.

Ritengo che il Vitalone abbia accreditato fra i suoi colleghi sue entrature nell’ambito politico e dall’altra abbia nei confronti del mondo politico assicurato sue possibilità di intervento negli ambienti giudiziari. Sotto quest’ultimo aspetto era assolutamente esplicito il fratello Wilfredo con frasi del tipo “ci interessiamo noi”. D’altro lato non mi è mai capitato di parlare con magistrati romani che abbiano asserito di aver sentito il Vitalone millantare un suo credito politico. Certo è però che il Vitalone Claudio aveva delle frequentazioni nell’ambito politico anche abbastanza notorie. (...)

A D. P.M.

Le possibilità di influenza del Vitalone, secondo le manifestazioni del fratello Wilfredo riguardavano tutti gli uffici giudiziari romani con prevalenza della Procura di cui lui faceva parte. I fratelli Vitalone avevano ottimi rapporti tra loro. Mi risulta che quando Wilfredo assicurava l’interessamento detto interessamento c’era davvero. (...)

A D. P.M.

La vicinanza di Vitalone alla corrente andreottiana con certezza consentì la elezione del medesimo al Senato (ad es. con la designazione di un collegio sicuro) e successivamente la nomina a Ministro.

Posso escludere che il Vitalone avesse una base elettorale propria e se ciò nonostante egli divenne Senatore e poi Ministro per il sostegno della corrente andreottiana posso dedurre che ciò era connesso ad altre motivazioni quali quelle cui ho prima accennato. (...)

A D. P.M.

Non ho mai avuto dei buoni rapporti con Vitalone, in primo luogo perché non condividevo la sua crescita politica in mancanza di una base elettorale e poi perché non avevo gradito il suo comportamento nella vicenda di Petrucci che era mio amico».

Nell’esame reso all’udienza del 2 ottobre 1998 davanti alla Corte di Assise di Perugia nel processo per l’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli, il sen. Vitalone ha precisato che conosceva il sen. Andreotti già prima del 7 luglio 1974; in questa data, infatti, il sen. Andreotti fu suo ospite in una cena organizzata in occasione del suo compleanno.

Il sen. Andreotti, nell’esame reso davanti alla Corte di Assise di Perugia all’udienza del 5 ottobre 1998, ha fatto risalire la conoscenza con il dott. Vitalone al periodo in cui quest’ultimo frequentava, prestando attività di consulenza, il gruppo parlamentare della Democrazia Cristiana presso la Camera dei Deputati, presieduto dallo stesso imputato tra il 1968 ed il 1972.

Nelle elezioni politiche del 1979, il Vitalone fu candidato al Senato in un collegio che egli sconosceva completamente, e cioè quello di Tricase, dove la Democrazia Cristiana aveva riportato un quoziente elevato nelle precedenti votazioni, come si desume dalle dichiarazioni rese dal medesimo soggetto nel corso dell’esame cui è stato sottoposto all’udienza del 2 ottobre 1998 davanti alla Corte di Assise di Perugia.

Il Vitalone ha sostenuto che l’invito formale a partecipare alle elezioni gli fu rivolto dall’on. Flaminio Piccoli (allora Presidente del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana), ma ha riconosciuto che il sen. Andreotti ebbe un ruolo nella sua designazione.

All’udienza tenutasi il 5 ottobre 1998 davanti alla Corte di Assise di Perugia, il sen. Andreotti ha affermato di ritenere che la proposta di candidare il Vitalone sia partita dall’on. Piccoli, ed ha aggiunto di avere espresso un parere favorevole. A sostegno della sua versione dei fatti, l’imputato ha esibito una lettera inviatagli dall’on. Piccoli, che specificava che la candidatura del magistrato Vitalone al Senato per il collegio di Tricase fu valutata in una seduta della Direzione Nazionale della Democrazia Cristiana presieduta dal segretario politico on. Zaccagnini, che tale destinazione rispondeva ad una volontà collegiale di portare in sede parlamentare alcuni magistrati, e che la decisione in favore del Vitalone fu assunta all’unanimità. Può certamente ritenersi che, nella suindicata lettera, l’on. Piccoli abbia descritto con esattezza la procedura attraverso cui la candidatura del Vitalone venne approvata dalla Direzione Nazionale della Democrazia Cristiana.

Va però osservato che dalla deposizione testimoniale resa all’udienza del 2 ottobre 1997 nel presente processo dall’on. Fermo Martinazzoli si desume inequivocabilmente che la richiesta di candidare il Vitalone nel collegio di Tricase fu compiuta dal sen. Andreotti. Il teste, infatti, ha dichiarato quanto segue:

P.M.: (...) il Collegio di Tricase nel quale fu eletto C.VITALONE fu oggetto di una discussione all'interno della direzione?

MARTINAZZOLI: In direzione sì.

P.M.: Chi chiese l'indicazione di VITALONE per quel Collegio?

MARTINAZZOLI: ANDREOTTI. (...)

Tale circostanza era ben nota ai cugini Salvo, come si evince dalle seguenti dichiarazioni rese dal teste Francesco Maniglia all’udienza del 18 settembre 1996:

P.M.: I Salvo, Nino e Ignazio separatamente, entrambi, le parlarono mai della carriera politica di Vitalone?

MANIGLIA F.: Me ne parlarono una sola volta in occasione delle elezioni proprio le prime volte che Vitalone partecipò a delle elezioni per Senatore e mi dissero che aveva avuto un seggio

senatoriale da parte della corrente andreottiana in cui era difficile che non venisse eletto, doveva essere eletto sicuramente.

P.M.: Perchè era difficile che non venisse eletto?

MANIGLIA F.: Perchè era un seggio diciamo dove era sicura l'elezione in quel seggio per come sono...

P.M.: Ricorda quali erano...

MANIGLIA F.: Io non capisco molto di politica, le parlo di quello che ho sentito, che mi hanno detto su questo episodio.

P.M.: Lei si ricorda qual'era questo seggio?

MANIGLIA F.: Sì, era un seggio in Basilicata in Calabria, un paesino della Calabria.

P.M.: Ritorniamo un attimo prima, i Salvo le dissero che era difficile che Vitalone non venisse eletto, perchè era un collegio sicuro, a proposito di questo collegio, prima che io le faccia una

contestazione, sul modo in cui era stato procurato questo collegio a Vitalone, il modo in cui era stato candidato in quel collegio, ricorda esattamente cosa le dissero?

MANIGLIA F.: Sì, mi dissero: "E' stato messo nel collegio..." quello che è il nome del paese, in questo minuto mi sfugge, dove lui sarà sicuramente eletto.

P.M.: Chi gliel'aveva messo?

MANIGLIA F.: L'Onorevole Andreotti.

P.M.: Ecco, ora io vorrei capire: i Salvo le dissero "L'Onorevole Andreotti ha messo Vitalone in questo collegio" o le dissero "la corrente andreottiana ha messo in questo..."

MANIGLIA F.: No, in quel caso parlarono dell'Onorevole Andreotti.

P.M.: Allora lo vuole dire di nuovo in modo chiaro?

MANIGLIA F.: Sì, l'Onorevole Andreotti ha messo Vitalone in quel collegio per essere sicuramente eletto.

P.M.: E da chi l'avevano saputo loro questo?

MANIGLIA F.: Questo non lo so, però me lo dissero, questa è una cosa che loro mi dissero direttamente a me.

Il teste on. Sergio Mattarella ha evidenziato che, nelle elezioni politiche del 1983, la candidatura del sen. Vitalone fu confermata su richiesta degli esponenti andreottiani che facevano parte della Direzione Nazionale della Democrazia Cristiana.

Ciò premesso, deve osservarsi che dagli elementi probatori raccolti si desume che il Vitalone incontrò ripetutamente i cugini Salvo.

Inequivocabili, in tal senso, sono le seguenti affermazioni compiute dall’on. Franco Evangelisti davanti al P.M. nel verbale di assunzione di informazioni del 1° luglio 1993 (acquisito al fascicolo del dibattimento come atto irripetibile a seguito del decesso del dichiarante):

«confermo di avere conosciuto i cugini Ignazio ed Antonino SALVO in Sicilia, in un’occasione in cui mi ero recato a Palermo presso l’amico di “corrente” Salvo LIMA. Anche Claudio VITALONE ha conosciuto i cugini SALVO. Ricordo bene che, in un albergo di Palermo, dove soggiornavamo io e Claudio VITALONE, venne a trovarci SALVO Antonino. Non ricordo se con lui ci fosse anche il cugino SALVO Ignazio. In quell’occasione, si parlò di argomenti vari, di non particolare importanza. Nella stessa occasione Salvo LIMA non venne, spiegando che, se fosse venuto, era probabile che venisse attribuito un significato negativo alla riunione. Su quell’ambiente, infatti, si appuntavano già sospetti».

Assai significative sono pure le indicazioni fornite dall’on. Vittorio Sbardella, che, sentito in data 7 settembre 1993 dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Roma, riferì quanto segue:

«Non mi risultano rapporti tra il Senatore ANDREOTTI e i cugini SALVO. Sono invece a conoscenza del fatto che il Sen. Claudio VITALONE frequentava i cugini SALVO. Ciò mi fu detto dall’on.le Salvo LIMA, il quale mi sollecitò un incontro con l’on.le VITALONE, con il quale vi era un periodo di rapporti difficili. Io chiesi ragione dell’interessamento a LIMA e questi mi rispose che si trattava di vecchie frequentazioni siciliane.

In quell’occasione mi parlò anche del fatto che il VITALONE frequentava i cugini SALVO.

D’altra parte, anche la signora Maria PALMA mi disse che i VITALONE (marito e moglie) frequentavano i SALVO e avevano passato l’estate insieme in barca».

Lo Sbardella, escusso in data 16 settembre 1993 dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Palermo, effettuò le seguenti precisazioni: «Come in parte ho già anticipato nell’esame reso il 7.9.1993 al Pubblico Ministero di Roma Dr. SALVI, un politico andreottiano che aveva rapporti certamente buoni con i cugini SALVO era Claudio VITALONE. Claudio VITALONE aveva allacciato questo rapporto già negli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70 quando ancora era magistrato. Avevo appreso ciò anche dalla Sig.ra Maria PALMA moglie di Franco PALMA allora proprietario della Squibb, la quale appunto mi riferì che i VITALONE (marito e moglie) frequentavano i SALVO e avevano passato l’estate insieme in barca.

La PALMA, che era stata presentata ai SALVO proprio da Claudio VITALONE, mi riferì questo fatto con una frase apparentemente scherzosa, dicendomi “stai attento questo qui (VITALONE) ha frequentazioni strane”.

Della vecchia frequentazione siciliana tra VITALONE e i cugini SALVO mi parlò anche Salvo LIMA, quando mi sollecitò un incontro con Claudio VITALONE. Io, che in quel periodo (1991) come del resto da sempre non avevo alcuna stima del VITALONE, gli chiesi “ma perché mi vuoi portare questo attrezzo?”.

Salvo LIMA mi rispose stringendo le spalle dicendomi “sai sono vecchie frequentazioni siciliane”.

Ed appunto in questo contesto Salvo LIMA mi spiegò che il VITALONE era da molto tempo buon amico dei cugini SALVO, e che lo era divenuto in maniera del tutto autonoma indipendentemente da lui. A D.R.: Non so se ANDREOTTI abbia avuto diretti rapporti di conoscenza con i cugini SALVO».

Nel verbale di testimonianza assunta il 31 marzo 1994 dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo in sede di incidente probatorio, l’on. Sbardella rese le seguenti dichiarazioni: «Non sono a conoscenza di rapporti fra l’onorevole Evangelisti e i Salvo; so invece dei rapporti di amicizia fra quest’ultimi e l’on. Vitalone, prima ancora che questi diventasse parlamentare. Me ne parlò direttamente Lima.

A D. P.M.

Vero è che nel ’91 Lima mi patrocinò un incontro con Vitalone dopo che si era manifestata la mia contestazione nei confronti della linea andreottiana. A mia domanda Lima mi spiegò che era stato sollecitato in questo senso da antiche frequentazioni siciliane del Vitalone.

A D. P.M.

Non ricordo se in questa o in altra circostanza Lima mi disse che Vitalone era diventato amico dei Salvo indipendentemente da un suo tramite.

A D. P.M.

Anche la signora Palma, moglie di Franco Palma già proprietario della Squibb, mi riferì della amicizia tra Vitalone e i Salvo, specificando di vacanze trascorse dal primo nella barca dei secondi. Ricordo in particolare che mi parlò di una vacanza a Porto Cervo, luogo in cui lei li aveva incontrati insieme».

Dall’esame delle deposizioni dei testimoni Antonio Palma, Maria Letizia Di Bernardo (rispettivamente figlio e vedova dell’industriale Franco Palma) e Francesco Maniglia, esaminati i primi due all’udienza del 31 ottobre 1996 ed il terzo all’udienza del 18 settembre 1996, si evince che nel corso di una crociera svoltasi nella seconda metà degli anni ’70 il Vitalone, mentre era ospite con la propria famiglia nell’imbarcazione dei coniugi Palma, incontrò Antonino Salvo il quale era giunto nello stesso luogo a bordo di un’altra imbarcazione ed era in compagnia di qualcuno dei suoi familiari e del Maniglia. Essi, quindi, trascorsero alcuni giorni insieme.

Le numerose divergenze riscontrabili tra le dichiarazioni rispettivamente rese dai predetti testimoni non sono ricollegabili a successivi interventi manipolatori, bensì semplicemente al lungo tempo trascorso, e non incidono sul suesposto nucleo significativo essenziale.

Né può giungersi a conclusioni difformi per il fatto che l’avv. Alfonso Tobia Conte, sentito dalla Polizia Giudiziaria in data 15 settembre 1994, abbia riferito di essere stato invitato dal Maniglia ad una cena presso un ristorante di Lipari, cui presero parte anche i cugini Salvo con i loro parenti, la signora Palma ed il figlio, ma non il Vitalone. Al riguardo, va osservato che lo stesso Conte ha aggiunto di avere in seguito appreso che “durante la crociera a bordo della barca del Palma (...) erano stati anche ospiti per un periodo i coniugi Vitalone”; sulla base di questa precisazione, può quindi ritenersi che il momento in cui ebbe ad instaurarsi la comune frequentazione tra i coniugi Vitalone, la famiglia Palma, Antonino Salvo ed il Maniglia, si collochi in una fase anteriore rispetto alla data in cui si svolse la suddetta cena.

Dagli elementi probatori raccolti emergono diversi altri incontri tra il Vitalone ed Antonino Salvo.

In particolare, dalla deposizione testimoniale del Maniglia si desume che Patrizia Salvo (figlia di Antonino Salvo), il Vitalone ed il Maniglia, con alcuni dei familiari di questi ultimi due soggetti, viaggiarono insieme su un aereo di proprietà del teste, recandosi da Roma a Nizza; dopo l’arrivo, vi fu una cena a bordo dell’imbarcazione del Maniglia, con la presenza di Antonino Salvo, della moglie di quest’ultimo, e dei coniugi Vitalone.

La teste Di Bernardo ha riferito di avere ospitato a pranzo, presso la propria abitazione (sita nel castello dell’Olgiata) Antonino Salvo, Claudio Vitalone e le rispettive mogli. Il teste Maniglia ha riferito di avere organizzato nella propria villa una cena cui presero parte anche i cugini Salvo ed il Vitalone. In questa occasione, secondo il ricordo del teste, i Salvo ed il Vitalone parlavano tra di loro e si davano del “tu”. Il giorno successivo, alcune persone che avevano partecipato alla cena si recarono presso l’abitazione di Antonino Salvo. Dalle dichiarazioni rese dal teste Giuseppe Pasquale Marra (escusso all’udienza del 15 ottobre 1996) si desume che in questa circostanza era presente anche la moglie del Vitalone.

Va, infine, osservato che le peculiari modalità dei predetti incontri, e l’importanza del ruolo sociale rispettivamente ricoperto dai cugini Salvo e dal Vitalone, erano certamente suscettibili di lasciare un vivo ricordo – almeno con riguardo al nucleo essenziale degli episodi – nei soggetti presenti.

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