Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul “rapporto 161” di Ninni Cassarà e Francesco Accordino


Le indagini non consentirono di trovare una causale specifica che giustificasse un omicidio di così rilevante portata, ma non sfuggì la possibile relazione con l'omicidio e l'occultamento del cadavere di PANNO Giuseppe da Casteldaccia (11 marzo 1981), ed il valore da dare alla circostanza che il BONTATE portava con se un'arma e preferiva dormire fuori casa.

È infatti impensabile che un individuo navigato ed esperto come BONTATE rischiasse una severissima condanna per porto e detenzione abusiva di arma, a meno di non voler ritenere che lo stesso si trovasse in una situazione di pericolo tale da sentirsi necessitato a portare con se la pistola.

Le modalità dell'agguato evidenziano poi una perfetta conoscenza delle abitudini della vittima e si ipotizzo quindi, sin da allora, l'eventualità che tra i promotori dell'uccisione potessero esservi elementi facenti parte della stessa cosca mafiosa capeggiata dall'ucciso.

Il giorno 11 maggio dello stesso anno, all'interno del condominio di via Brunelleschi numero 51, venne ucciso INZERILLO Salvatore, anch'egli a colpi di Kalashnikov e di fucile caricato a lupara. Si riscontrò che l'INZERILLO, boss indiscusso di Passo di Rigano, Uditore, Bellolampo, Bocca di Falco, Borgo Nuovo etc., era in possesso di un'Alfetta2000 blindata e di un revolver 357 magnum.

Si accertò che l'INZERILLO aveva avuto la disponibilità dell'autovettura blindata solo il giorno prima della sua uccisione e che i bossoli del Kalashnikov erano stati sparati dalla stessa arma usata per l'omicidio di BONTATE Stefano.

Dall'esame di alcuni fatti obiettivi e da notizie confidenziali provenienti da fonte di già riscontrata attendibilità, emerse: che la sera del 9 maggio 1981 ignoti avevano esploso numerosi colpi con un fucile mitragliatore Kalaschnikov contro le vetrine blindate della gioielleria CONTINO; che anche tali bossoli erano stati sparati dal medesimo fucile mitragliatore; che l'INZERILLO si era recato nel complesso edilizio di via Brunelleschi, costruito dall'impresa SPATOLA , INZERILLO, GAMBINO, di cui faceva parte, per far visita ad una donna a cui era sentimentalmente legato.

Da quanto sopra si dedusse che gli autori dell'omicidio sapeva già che la vittima sarebbe stata in possesso di un'auto blindata prima che la vettura giungesse a Palermo tanto é che provarono l'efficacia dell'arma sparando contro i vetri blindati della gioielleria CONTINO; che gli stessi autori conoscevano bene, se non addirittura intimamente, le abitudini dell'INZERILLO, tanto da sapere l'esatta ubicazione dell'abitazione della sua amante.

Anche a proposito di tale omicidio si avanzò il sospetto di un tradimento verificatosi all'interno stesso della consorteria mafiosa guidata da INZERILLO Salvatore. E non sfuggiva neppure l'analogia con l'omicidio BONTATE, a proposito della singolare arma usata nei due delitti e della circostanza che anche l'INZERILLO portava con se, illegalmente, un'arma, con tutte le possibili conseguenze penali che ciò avrebbe potuto comportare.

In considerazione della personalità criminale di Salvatore INZERILLO, ricercato per associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti ed altro, e del breve periodo di tempo intercorso con l'omicidio di Stefano BONTATE sorsero dubbi sull'interpretazione da dare ai due fatti delittuosi e vennero fatte ipotesi contrastanti: se cioè il secondo omicidio fosse stato la reazione del gruppo BONTATE alla soppressione del loro capo o se invece tutti e due gli omicidi promanassero da uno stesso disegno criminoso e quindi da uno stesso gruppo mafioso non ancora ben individuato.

Alcune considerazioni di carattere strettamente logico, successivamente avallate da serie notizie confidenziali e riscontrata da precise testimonianze, privilegiavano però l'ipotesi che sia BONTATE Stefano che INZERILLO Salvatore fossero stati uccisi per identico motivo e dalla stessa mente organizzativa. Infatti appariva inverosimile che INZERILLO Salvatore, avendo decretato la morte di BONTATE Stefano non avesse preliminarmente predisposto una serie di cautele ma, solo a distanza di venti giorni, si fosse premunito con l'acquisto di una macchina blindata.

Che anzi, l'essersela procurata nel breve volgere di venti giorni dall'omicidio BONTATE e l'essere stato trovato in possesso di un'arma, dimostrano che, proprio a causa dell'omicidio BONTATE lo stesso INZERILLO era preoccupato della propria incolumità fisica.

A distanza di pochi giorni veniva acquisita notizia confidenziale, proveniente da persona legata da vincoli di parentela con i BONTATE, secondo cui in una notte immediatamente successiva all'omicidio BONTATE, INZERILLO Santo fratello di Salvatore, anch'egli latitante, si era portato in casa BONTATE per formulare le condoglianze della propria famiglia.

Inoltre nelle dichiarazioni rilasciate da DE GREGORIO Salvatore cugino di DE GREGORIO Stefano, indicate quale guardia spalle di Stefano BONTATE nonché nipote di DE GREGORIO Carlo cognato di Stefano BONTATE, si legge che INZERILLO Santo e BONTATE Stefano viaggiavano sulla medesima auto nella via Aloi e zone limitrofe ed erano stati più volte notati dal teste. A ciò si aggiunge che la comune gestione del finto sequestro di Michele SINDONA e i continui rapporti d'affari che andavano emergendo nel corso dell'istruzione relativa al procedimento a carico di SPATOLA Rosario ed altri, confermavano l'ipotesi e consolidavano la tesi che i gruppi mafiosi BONTATE ed INZERILLO fossero saldamente legati e costituissero un fronte comune.

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