Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana.


I rapporti fra massoneria e mafia sono stati oggetto di interesse e approfondimento dei lavori di precedenti Commissioni parlamentari di inchiesta, nonché di procedimenti penali, anche recenti, condotti da uffici requirenti in diverse regioni del territorio nazionale.

Ancorché, a oggi, le indagini giudiziarie non siano mai giunte a far stato di cosa giudicata circa una relazione stabile e continuativa tra associazioni massoniche e consorterie mafiose, il quadro complessivo che se ne ricava attesta, in ogni caso, una pericolosa e preoccupante contiguità in presenza di determinate contingenze storiche o con riferimento alla conclusione di singoli affari di particolare rilevanza economica.

Non va, peraltro, dimenticato che il limite dell’accertamento giudiziario, diretto a verificare e punire fatti integranti fattispecie di reato (per di più nel caso di specie, nell’ottica dell’art. 416-bis c.p.), non si presti sempre ad essere uno strumento idoneo per rilevare tali connessioni, lì ove l’appartenenza alla massoneria in sé – fuori dai casi in cui non ci si imbatta in singoli comportamenti delinquenziali di sostegno o fiancheggiamento alle organizzazione mafiose, o nell’adesione alle associazioni segrete vietate dalla “legge Spadolini” – si presenti come pienamente lecita e legittima. Non forse a caso già negli anni ’80 del secolo scorso, in seno all’indagine sulla P2, l’allora giudice istruttore Giovanni Turone coniò l’espressione «masso-mafia».

Nel trattare dei rapporti tra mafia e massoneria, non si può prescindere dal dato che in Italia, in quanto territorio tristemente e storicamente contraddistinto dall’operare di organizzazioni mafiose, la presenza di forme di associazionismo, in sé pienamente lecite, ove strutturate sul vincolo della estrema riservatezza, possano prestare il fianco a forme di infiltrazione da parte di quelle organizzazioni criminali che intravedono in detti contesti associativi occasioni ed opportunità per perseguire i loro interessi.

Se da un lato, per i limiti e le difficoltà sopra accennate, non è del tutto comprovata sul piano giudiziario l’esistenza di forme di direzione unitaria, stabilità di rapporti, o sovrapposizioni di strutture e appartenenze tra mafie e massoneria, dall’altro, l’opacità della contemporanea presenza di determinati soggetti nell’una e nell’altra associazione e l’accertata convergenza o intersezione di interessi tra pezzi delle due strutture in alcune specifiche situazioni e momenti della vita del paese, nonché i gravi fatti che hanno coinvolto numerosi aderenti a logge massoniche, sono circostanze che richiedono comunque, nella prospettiva dell'inchiesta parlamentare, un’attenta rilettura, e fors’anche una rivisitazione, degli avvenimenti salienti della storia d’Italia dal dopo guerra ad oggi.

La contiguità tra la cd. “massoneria deviata” e le cosche mafiose era già stata posta all’evidenza nella relazione sui rapporti tra mafia e politica e nella relazione conclusiva (delle quali cui fu relatore il presidente, on. Luciano Violante) approvate dalla Commissione parlamentare antimafia nel corso dell’XI legislatura (Docc. XXIII, n. 2 e n. 14).

In un passaggio chiave della relazione conclusiva veniva affermato che «il terreno fondamentale sul quale si costituiscono e si rafforzano i rapporti di Cosa nostra con esponenti dei pubblici poteri e delle professioni private è rappresentato dalle logge massoniche. Il vincolo della solidarietà massonica serve a stabilire rapporti organici e continuativi».

Ed ancora: «L'ingresso nelle logge di esponenti di Cosa nostra, anche di alto livello, non è un fatto episodico ed occasionale ma corrisponde ad una scelta strategica... . Il giuramento di fedeltà a Cosa nostra resta l'impegno centrale al quale gli uomini d'onore sono prioritariamente tenuti. ( ...) Le affiliazioni massoniche offrono all'organizzazione mafiosa uno strumento formidabile per estendere il proprio potere, per ottenere favori e privilegi in ogni campo; sia per la conclusione di grandi affari, sia per "l'aggiustamento" dei processi, come hanno rivelato numerosi collaboratori di giustizia. Tanto più che gli uomini d'onore nascondono l’identità dei " fratelli" massonici ma questi ultimi possono anche non conoscere la qualità di mafioso del nuovo entrato”.

In base ai risultati dell’inchiesta, che si era avvalsa delle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, quella Commissione era pervenuta alle seguenti conclusioni.

In primo luogo, la massoneria, intorno agli anni 1977-79, aveva chiesto alla commissione di Cosa nostra di consentire l’affiliazione di rappresentanti delle varie famiglie mafiose. Nonostante il fatto che non tutti i membri della commissione avessero accolto favorevolmente l’offerta, alcuni di essi unitamente ad altri “uomini d'onore” di rango ebbero convenienza ad optare per la doppia appartenenza, ferma restando la indiscussa fedeltà ed esclusiva dipendenza da Cosa nostra.

In secondo luogo era emerso che, nell'ambito di alcuni episodi che avevano segnato la cd. “strategia della tensione” nel nostro paese tramite i tentativi eversivi del 1970 e del 1974, alcuni esponenti della massoneria aveva chiesto la collaborazione della mafia.

Infine, si rilevava che all’interno di Cosa nostra era diffuso il convincimento che l’adesione alla massoneria potesse risultare utile per stabilire contatti con persone appartenenti ai più svariati ambienti che potevano favorire gli “ uomini d'onore” .

Si ricorda, altresì, che rapporti fra Cosa nostra e massoneria erano già emersi anche nell'ambito dei lavori delle Commissioni parlamentari d'inchiesta, sia sul caso Sindona, sia sulla loggia massonica P2, che avevano approfondito la vicenda del finto rapimento del finanziere e della sua permanenza in Sicilia dal 10 agosto al 10 ottobre 1979.

Dal termine dei lavori della citata Commissione antimafia della IX Legislatura in poi, non sono mancate le indagini e i procedimenti penali che, direttamente o incidentalmente, hanno verso sull’interesse coltivato dalla mafia nei confronti della massoneria.

A tal riguardo, con l’obiettivo di acquisire contezza di tali accertamenti, questa Commissione ha richiesto alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo di trasmettere una raccolta di atti sull’argomento, anche antecedenti ai lavori della citata Commissione antimafia della XI legislatura.

Si tratta di una mole di documenti (sentenze, decreti di archiviazione, dichiarazioni di collaboratori) che sarebbe arduo, ma anche superfluo, riportare qui in maniera sistematica. Bastino, pertanto, solo alcune citazioni delle evidenze più emblematiche e significative.

© Riproduzione riservata