Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


Dell'Utri, sentito nell'ambito dello stesso processo "Bresciano" il 20 magg10 1987 (in ordine alle ragioni dell'utilizzabilità dell'interrogatorio acquisito dal Tribunale all'udienza del 18 marzo 2003, si rinvia alle considerazioni svolte nel paragrafo dedicato nella sentenza della Corte d'appello, pagg. 143-149, che questo Collegio condivide integralmente e peraltro non hanno costituito oggetto di specifico motivo di ricorso dinanzi alla Suprema Corte), ha confermato di avere iniziato a lavorare nel gruppo societario del Rapisarda negli uffici di Via Chiaravalle, nell'ottobre del 1977.

Aveva deciso di lasciare la Edilnord e Berlusconi perché dal Rapisarda guadagnava il doppio ed aveva un maggiore spazio di iniziativa e di autonomia, in quanto da Berlusconi svolgeva l'attività di" segretario personale" e non un'attività "dirigenziale o di qualsiasi livello nel campo edilizio ".

Dell 'Utri ha ricordato che aveva rivisto Rapisarda "prima dell'estate del 1977'' forse presso gli uffici di quest'ultimo a Milano dove era stato accompagnato da Marcello Caronna ed in seguito in occasione di un pranzo sempre prima dell'estate del 1977.

Nel settembre dello stesso anno si erano incontrati ancora ed era stato allora che Rapisarda gli aveva manifestato il suo entusiasmo per l'acquisto della Bresciano s.p.a. che lui aveva ritenuto un ottimo affare. Già nel gennaio del 1978, tuttavia, Rapisarda si era reso conto che la società non poteva lavorare perchè mancavano i soldi e lui non poteva più impegnarsi.

Il 26 giugno 1996 Dell 'Utri, nel corso delle indagini preliminari relative al presente processo, ha dichiarato che Gaetano Cinà lo aveva accompagnato da Rapisarda, ma ha negato che il primo lo avesse raccomandato, così come aveva dichiarato Rapisarda che lui reputava un megalomane. ( Dell'Utri:" "E' vero che io e Cinà andammo da Rapisarda. (...) Non è vero che Cinà ci (Dell 'Utri si riferiva al fratello Alberto ed al Marcello Caronna) abbia raccomandati a lui.

Il Rapisarda è una persona megalomane"(...) " E' vero che sono stato designato dal Rapisarda amministratore delegato di una società del suo gruppo, la Bresciano s.p. a ma non è vero che Rapisarda lo fece su sollecitazione del Cinà. Anzi Cinà mi diceva che ero pazzo a lasciare Berlusconi per andare a lavorare con il Rapisarda'').

Orbene, appare del tutto singolare che Dell 'Utri, laureato presso l'Università Statale di Milano, che aveva svolto un'attività lavorativa presso la Cassa di Risparmio per le Province Siciliane e che dal 1973 aveva iniziato a lavorare con Berlusconi a Milano, avesse scelto proprio il titolare di una lavanderia per recarsi da Rapisarda e che abbia individuato in Cinà, non solo il soggetto con cui partecipare ad incontri di mafia, ma l'interlocutore con cui discutere delle proprie scelte lavorative.

E' lo stesso imputato che ha affermato di avere parlato con Cinà della proposta di lavoro del Rapisarda e che Cinà lo aveva sconsigliato di andare a lavorare da quell'imprenditore (Dell'Utri: " ..quando Cinà mi dice : "io lo conosco questo tizio, è un truffaldino" gli dico " vieni con me che se lo conosci, te lo faccio vedere se è lui, ma io penso che tu sbagli persona. Questo qui sta in un palazzo principesco" v. dich. spont. 29 novembre 2004, cit).

Appare indiscutibile che la presenza di Cinà abbia palesato ancora una volta il fatto che Dell'Utri abbia fatto ricorso ad un soggetto notoriamente collegato ad ambienti mafiosi per realizzare senza difficoltà gli obiettivi che si era prefissato.

La ragione di simile accompagnamento dunque non può che essere spiegata con la consapevolezza che aveva l'imputato dell'effetto convincente che la presenza di Cinà avrebbe avuto su Rapisarda che difatti, come dichiarato dallo stesso Dell'Utri era rimasto "impressionato" dal suo accompagnatore (Dell'Utri: "Siamo andati a trovarlo ed ho riscontrato che effettivamente si conoscevano ed il Rapisarda è rimasto anche impressionato di vedere che era con me Cinà" (v. dich. spontanee cit.

Che l'impressione di Rapisarda nel vedere arrivare Dell'Utri con Cinà era determinata dai legami di quest'ultimo con la consorteria mafiosa, di cui Rapisarda era consapevole, è testimoniato (non solo dalle chiare ammissioni dello stesso imprenditore), ma anche da quanto riferito dallo stesso Dell'Utri che nel corso delle spontanee dichiarazioni del 20 novembre 2004. Dell'Utri spiegando le affermazioni di Rapisarda che aveva asserito che l'imputato gli aveva detto di conoscere esponenti mafiosi essendosi interessato di mediare tra questi ultimi che minacciavano Berlusconi, e lo stesso Berlusconi, ha affermato, in modo del tutto inverosimile che lo aveva fatto per vantarsi e non essere da meno del Rapisarda.

Appare rilevante evidenziare la circostanza che Dell'Utri, uomo di indiscutibile intelligenza e - cosi come è risultato dalle sue dichiarazioni e dalle considerazioni svolte dalla difesa - dotato di un personale patrimonio culturale, giustificando quanto aveva riferito a Rapisarda in ordine ai suoi rapporti con esponenti mafiosi, ha spiegato che si era trattato solo di una "vanteria".

Deve dunque essere sottolineato con riferimento ai rapporti intrattenuti dall'imputato con soggetti mafiosi, che Dell'Utri ha ritenuto di "vantarsi" di simili contatti non reputandoli dunque frequentazioni riprovevoli e delle quali invece non vi sarebbe stata alcuna ragione di fame cenno e meno che mai di vantarsene (Dell'Utri: (...) ritornando alla domanda dell'Ufficio riguardante le minacce a Berlusconi e la mia presunta mediazione presso mafiosi, debbo dire che io queste cose a Rapisarda le dissi; dissi che avevo mediato tra gli autori delle minacce e Berlusconi ma lo dissi per vanteria.

Rapisarda si vantava di conoscere questo e quello, io feci la stessa cosa. Rapisarda si vantava di essere amico dei Bono "( v. dich. del 26 giugno 1996). Che poi Dell'Utri, come lo stesso aveva dichiarato, si era presentato da Rapisarda con Cinà per dimostrargli che non poteva essere lui quel truffaldino di cui Cinà gli aveva parlato è assolutamente inverosimile, ma tuttavia dimostra la considerazione m cm Dell 'Utri teneva Cinà.

Dell'Utri, dunque, coinvolgendo Cinà, ha dimostrato di non avere interrotto i legami con colui che gli aveva consentito di entrare in contatto con il boss Stefano Bontade e che aveva partecipato alla conclusione del patto scellerato del 1974. Appare evidente allora che non assume alcun rilievo la considerazione della difesa che ha sottolineato che non era stato Cinà ad "introdurre" Dell'Utri presso il Rapisarda, in quanto i due erano stati presentati nel 1975 dalla cognata del professor Giacomo Delitala.

Detta circostanza - riferita anche dallo stesso Rapisarda - non incide in alcun modo sui motivi già evidenziati sottesi alla decisione di farsi accompagnare da Cinà, motivi che attengono all'atteggiamento, mai mutato di Dell 'Utri, nei confronti di coloro con i quali aveva stretto il patto di protezione del 1974. Né può affermarsi dunque che l'avere deciso di farsi accompagnare da Cinà poteva essere considerato un fatto rimproverabile sul piano "per così dire etico", ma non rilevante sul piano penale, come ha proposto la difesa ( che ha peraltro sottolineato che Cinà era estraneo all'associazione).

Ed invero - al di là di ogni considerazione sulla mafiosità di Cinà che peraltro è stato condannato in questo processo per i delitti di cui agli artt. 416 e 416 bis c.p., proprio per gli inequivocabili comportamenti mafiosi che aveva assunto negli anni- quel che deve essere messo in evidenza è Cinà è uno di quei soggetti appartenenti a "cosa nostra" con i quali Dell 'Utri ha agito quale concorrente esterno al fine di realizzare il fatto criminoso collettivo in virtù del patto del 1974.

L'aver continuato mantenere rapporti con quest'ultimo non può essere relegato alla sfera dei rapporti sconvenienti dal punto di vista etico, assumendo (rectius: mantenendo) viceversa il significato penalmente rilevante, sotto il profilo dell'assenza di condotte significative della volontà di interrompere la permanenza del delitto contestatogli.

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