I punti di distribuzione del cibo delle organizzazioni non profit sono diventati i termometri delle nuove povertà, persone bloccate dalla cassa integrazione a poche ore, persone che sono scivolate sotto la soglia. A Emergency in media chi chiede il cibo ha già oltrepassato la soglia 7 di chi non riesce più a pagare affitto e bollette.
- Le condizioni create dal lockdown hanno creato una nuova povertà che ha investito fasce non protette e che non rientrano nei dati ufficiali.
- Nei punti di distribuzione si trovano lavoratori autonomi, ma anche di chi un’occupazione ce l’ha formalmente, ma in realtà non lavora.
- La rete di solidarietà si è ampliata a dismisura, ma il problema resta grave soprattutto se si tiene conto che le istituzioni spesso non hanno neppure gli strumenti formali per aiutare.
Viviana ha 62 anni e vive al Giambellino, quartiere popolare di Milano. Prima della pandemia lavorava in una società di assicurazioni e guadagnava 1.600 euro al mese. Ora è rimasta bloccata. «Da quando è iniziata la pandemia l’azienda per cui lavoravo mi ha tenuto in telelavoro fino ad aprile, da aprile a luglio mi ha mandato in ferie. E da allora sono in cassa integrazione». Le mancano i soldi per pagare le bollette, le tasse e da qualche tempo anche l’essenziale. Questa è la terza volta che vi



