Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


Il discorso riferito da Cinà, che aveva ingigantito i toni della questione e che aveva detto addirittura che non voleva più ritirare i soldi da Dell 'Utri, aveva preoccupato Riina che non aveva tollerato un simile gesto da parte di Dell'Utri e che temeva che i rapporti tra quest'ultimo e Cinà potessero interrompersi. Riina, come è stato più volte rilevato, considerava il rapporto con Dell'Utri di massima importanza non solo per i guadagni cospicui che da esso derivavano, ma anche in quanto Dell'Utri era il tramite con Berlusconi che avrebbe consentito a Riina di arrivare a Bettino Craxi.

E così, di fronte ad un atteggiamento che a lui era sicuramente sembrato di arroganza nei confronti non tanto di Cinà, ma di "cosa nostra", aveva deciso di rispondere mandando a Catania Mimmo Ganci per inviare le lettere e fare telefonate minatorie a Berlusconi di cui si è già detto. Anche tali az1om, del tutto sproporzionate rispetto al reale atteggiamento che Dell'Utri aveva tenuto nei confronti di Cinà, non appaiono significative di un mutamento dei rapporti esistenti tra Dell'Utri e "cosa nostra".

Del resto lo stesso Riina, non aveva voluto collegare le lettere e le telefonate minatorie del 1987 a lui ed alla famiglia mafiosa che rappresentava ed aveva fatto in modo che si credesse che l'attentato, le lettere e le telefonate avevano la stessa matrice mafiosa catanese. Il gesto, tuttavia, aveva avuto i suoi effetti in quanto Dell'Utri, che non aveva rapporti diretti con Riina a differenza di quanto era avvenuto con Bontate e Teresi, aveva chiamato Cinà per risolvere la questione. La risposta di Riina era stato il raddoppio della somma che da 50 milioni di lire era divenuta 100 milioni di lire.

I rapporti tuttavia erano rimasti immutati e Dell'Utri aveva continuato a pagare fino al 1992 senza alcuna lamentela. Né al raddoppio della somma deve attribuirsi un significato di vessazione considerato che se è vero che la richiesta era seguita alle minacce ricevute da Berlusconi, è pur vero che l'entità della somma era rimasta uguale dal 1974, eppure la posizione imprenditoriale di Berlusconi era mutata ed i suoi interessi, anche in Sicilia con le emittenti private erano in continua ascesa. Dell Utri non è mai parso riluttante nei pagamenti e anche di fronte al raddoppio della richiesta non aveva opposto alcun rifiuto, chiedendo solo che per le antenne " cosa nostra" doveva rivolgersi ai titolari delle emittenti locali. [...]. 

L'avvento di Salvatore Riina e dei corleonesi

La Corte di Cassazione, infine, ha individuato come possibile elemento di torsione dei rapporti tra Dell'Utri e "cosa nostra" il "mutamento sostanziale degli equilibri esistenti rispetto a quelli che avevano garantito l'accordo del 1974 tra Berlusconi con l'intermediazione di Dell’Utri (e di Cinà) e "cosa nostra" che aveva a capo i boss mafiosi Bontate e Teresi. ", mettendo in evidenza che l'avvento della reggenza stragista era stato caratterizzato da una cifra criminale più alta voluta da Salvatore Riina.

Deve essere messo immediatamente in evidenza che l'esame del paradigma mafioso mostra in generale una tale complessità del fenomeno, risultante dall'insieme di infiniti aspetti, che non è possibile affermare, con rigido automatismo, che al mutamento soggettivo dei vertici mafiosi consegua un sostanziale mutamento degli equilibri nella gestione degli affari di "cosa nostra".

La mafia invero non è un fenomeno congiunturale, ma strutturale e continuativo seppur nel diverso svolgimento delle attività criminali che invero interessano diversi campi del vivere sociale. Fintanto che l'azione criminale sul territorio persiste nel districarsi tra crimine, accumulazione, arricchimento, gestione di potere, intimidazione e contestuale ricerca di mediazione, non può che affermarsi che si è di fronte all'agire mafioso tipico che può tuttavia estrinsecarsi in un intreccio di diverse attività.

Tanto premesso, reputa il Collegio che non può in alcun modo affermarsi - per le ragioni che già hanno costituito oggetto di esame - che la morte di Stefano Bontate e Girolamo Teresi ed il sopravvento di Totò Riina e dei corleonesi abbia mutato gli equilibri che avevano garantito l'accordo del 1974 tra Berlusconi e "cosa nostra" con l'intermediazione di Dell'Utri.

Ed invero gli equilibri sanciti nel patto del 1974, che prevedevano il pagamento di una somma di denaro da parte dei Berlusconi a "cosa nostra" con la costante mediazione di Dell'Utri che aveva assicurato, da un lato la generale protezione dell'imprenditore, dall'altro profitti e guadagni illeciti utili al rafforzamento e/o alla conservazione dell'associazione mafiosa che per circa un ventennio aveva mantenuto contatti con il facoltoso imprenditore, sono rimasti del tutto immutati nel corso degli anni e, quantomeno, fino al 1992.

L'unico cambiamento sostanziale del patto del 1974 ha riguardato la componente soggettiva che, nel 1981 nel corso della guerra di mafia, è cambiata in seguito all'eliminazione di Bontate e Teresi seguita dall'avvento di Totò Riina. Detta successione, tuttavia, dal punto di vista della "causa" illecita del patto, ha comunque lasciato immutato il mancato riconoscimento del monopolio statale (o privato, ma lecito) nella ricerca della protezione.

Berlusconi, infatti, sia con Bontate che con il capo corleonese, ha sempre manifestato costantemente la sua personale propensione a non ricorrere a mezzi ufficiali di tutela, contando sempre sulla mediazione di Dell'Utri. Quest'ultimo, nel tempo, ha pagato all'amico Cinà, ai Pullarà (dai quali si era sentito vessato e "tartassato") e poi di nuovo a Cinà, accordando a Riina l'aumento della posta cosi come gli era stato richiesto.

La caratteristica tipicamente egemonica e dittatoriale storicamente riconosciuta ai "corleonesi" (i mafiosi cioè provenienti da Corleone) ed al loro capo Riina si è espressa totalmente al di fuori del patto stretto tra "cosa nostra" da una parte e Dell'Utri e Berlusconi dall'altra. Detto patto è rimasto del tutto estraneo alla guerra di mafia svoltasi tra il 1981 ed il 1983 che ha visto vincitori i corleonesi che, per conquistare un potere assoluto all'interno di " cosa nostra", avevano eliminato fisicamente i loro avversari (tra i quali Bontate e Teresi) stringendo nuove alleanze ed imponendosi con uno spargimento di sangue che è rimasto unico nella memoria della storia mafiosa siciliana.

La strategia di Totò Riina, seppur caratterizzata da una cifra criminale elevata ed efferata, non ha mai palesato nessuna volontà di modificare il rapporti con Berlusconi e con Dell'Utri. Basti pensare che, seppur azzerando i vertici mafiosi delle famiglie avversarie (comprese quelle che facevano parte della " commissione"), Riina ha consentito che il pagamento del prezzo dell'estorsione venisse riscosso dai fratelli Pullarà, uomini d'onore originariamente appartenenti alla famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù passati poi ai corleonesi e ai quali poi lo stesso Riina aveva affidato la reggenza del mandamento; tale decisione ha manifestato la precisa volontà di mantenere immutato il rapporto estorsivo che era stato fino a quel momento di Bontate e Teresi Ed ancora, milita proprio a favore della volontà di mantenere sostanzialmente intatto il patto del 1974, il fatto che Riina, subito dopo avere ascoltato le lamentele di Dell'Utri in ordine al "tartassamento" subito dai Pullarà, abbia pensato di estrometterli dal rapporto con Dell'Utri, ripristinando l'antico rapporto di consegna di denaro che era stato deciso nel 1974 proprio a seguito dell'incontro milanese.

Né dalla richiesta del raddoppio della somma chiesta da Riina, può desumersi un mutamento dei rapporti tra le parti interessate, atteso che a fronte di tale richiesta - fatta in risposta all'atteggiamento riottoso di Dell Utri del quale si era lamentato Cinà e per adeguare la somma già percepita alla crescita economica delle società dell'imprenditore milanese - non era intervenuto nessun rifiuto e nessuna lamentela da parte di Dell 'Utri che aveva accettato di pagarla senza nulla obiettare. Riina, invero, aveva un fortissimo interesse al mantenimento del rapporto con Dell 'Utri, essendo ben noto il suo legame personale e professionale con Berlusconi che Riina considerava vicino a Bettino Craxi. […].

© Riproduzione riservata