«Il boss Luigi Moccia era intimo amico dell’ex senatore (An) Vincenzo Nespoli, io Nespoli l’ho definito un criminale. Pina Castiello era molto vicina a Nespoli ed era a totale disposizione nostra, del clan Moccia». 

A parlare così a Domani è il collaboratore di giustizia, Salvatore Scafuto, meglio conosciuto come Totore ‘a carogna, reggente per anni del clan Moccia, i signori della camorra.

Il clan controlla Afragola, Caivano, anche il parco Verde e, da tempo, fa affari e domina anche a Roma. Il collaboratore parla di Pina Castiello, sottosegretaria con delega ai rapporti con il parlamento, in prima linea nelle manifestazioni sul territorio, in foto con la premier, Giorgia Meloni, con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e con i vertici delle forze dell’ordine. 

In questa storia di penale non c’è niente, di rilevante e pubblico, invece, tutto. Le parole dei collaboratori di giustizia non sono oro colato, la sottosegretaria non è indagata, ma le dichiarazioni che il pentito ha rilasciato a Domani raccontano di relazioni e vicinanze. Nella prima puntata della nostra inchiesta abbiamo raccontato i rapporti accertati di Castiello con Aniello Esposito quando l’imprenditore, prima condannato per complicità con ‘ndrangheta e poi assolto in secondo grado, si muoveva per ottenere lo sblocco di fondi statali e seguiva, indirizzato dall’attuale sottosegretaria, il tentativo di mandare a casa la giunta di centrosinistra del comune di Afragola.

Castiello ha risposto che non ha mai sollecitato alcun intervento dell’Esposito su attività politiche, ma è smentita dalle intercettazioni che abbiamo pubblicato. 

Ora a parlare di Castiello è un collaboratore di giustizia, per anni ai vertici del clan perché in strettissimo rapporto con Anna Mazza, la vedova nera della camorra, madre dei fratelli Moccia, capi della famiglia criminale.

Una famiglia che ha passato anni in silenzio fingendo di aver messo alle spalle la stagione delle bombe, degli omicidi, degli affari e del crimine. Non era così, i Moccia restano una delle famiglie camorristiche più potenti della Campania con imprenditori asserviti che lavorano nei grandi appalti pubblici o investono per loro conto nell’affare gigantesco del petrolio. 

Il pentito racconta anche dei rapporti con la politica, ogni parola, addebito è stato riportato alla sottosegretaria per ottenere le sue risposte. «La mia storia politica e le battaglie per la legalità che ho sempre sostenuto, testimoniano in tutti i modi possibili la mia lontananza radicale dagli ambienti criminali, e sono particolarmente orgogliosa di aver avversato in ogni sede, e in ogni modo, quel Clan Moccia cui lei fa riferimento», risponde. 

Ma chi è Scafuto? 

Scafuto ‘a carogna

«Io sono cresciuto insieme ai figli di Mazza, Luigi, Angelo sono stati miei amici, ero imparentato con i Magliulo, alleati dei Moccia. La signora è stata la mia seconda mamma e per lei sono stato un figlio mancato.

Io incontravo Antonio Bardellino, Carmine Alfieri, i più grandi boss della camorra campana. Io sono stato il primo senatore del clan e il reggente per oltre vent’anni. Mi chiamavano ‘a carogna, appellativo che mi ha dato Enzuccio Moccia perché decidemmo un omicidio di un rivale che aveva tentato di uccidermi. Ho fatto il criminale, ma i miei genitori erano persone perbene, eravamo undici figli, eravamo poveri e ho scelto la strada della camorra», racconta. Scafuto parla per la prima volta con un giornalista e ci tiene a precisare alcune cose.

«Io sono un credente e ho una gioia, una gioia enorme, quella di aver capito prima di morire chi sono stato e il male che ho fatto, mi sono pentito nello spirito oltre che davanti alla legge. Per la vendetta della famiglia Moccia, io ho ucciso, i miei omicidi sono gli orrori di cui non mi libero», dice. 

Per capire il suo peso criminale bisogna ricordare la strage dei pescatori a Torre Annunziata, anno 1984, quando un bus con finti turisti si presentò davanti al bar, covo del clan Gionta, dal quale scesero i killer che fecero sette feriti, 8 morti ammazzati, tra questi anche un innocente, Francesco Fabbrizzi.

A partorire quella strage furono i Moccia, Scafuto era nella macchina a supporto, il regista. A raccontare quell’impresa criminale un giovane cronista, Giancarlo Siani, poi ucciso dalla camorra. Torniamo a Scafuto.

 «Ho tolto i padri ai figli, i figli alle madri, la vita di un camorrista è indegna, i giovani lo devono capire, per alcuni anni ho dimenticato di essere un figlio di Dio. Nel clan Moccia io organizzavo il gioco clandestino, le bische, le estorsioni, gestivo un gruppo di fuoco, dovevamo eliminare i cutoliani e il clan rivale», dice.

Scafuto inizia a collaborare nel 2015 quando è un uomo libero, si autoaccusa di omicidi per i quali non era neanche indagato. È stato destinatario di una campagna per renderlo inoffensivo e poco credibile, ma è ritenuto pienamente attendibile e ampiamente riscontrato dalla procura antimafia.

In un pronunciamento, accogliendo la tesi difensiva, il tribunale ha messo in dubbio la sua attendibilità, una visione contestata dalla procura che ha elencato gli altri pronunciamenti dei giudici, almeno cinque, nei quali Scafuto è stato ritenuto pienamente attendibile. Gli inquirenti hanno ricostruito le dichiarazioni di Scafuto e anche una manovra di intimidazione ordita ai suoi danni. 

La politica

«Il clan Moccia è strutturato come una tavola rotonda dove al tavolo hanno tutti lo stesso potere, poi c’erano i senatori, tra questi c’ero io, ma anche Salvatore Caputo che gestiva la cosa pubblica, referente in tutti gli affari con la politica: ospedali, appalti, alta velocità. Quando ero ancora nel clan i Moccia avevano chiesto a me di ammazzarlo, ma mi rifiutai», aggiunge Scafuto.

Proprio Caputo era il canale di collegamento della famiglia con la politica. «Luigi Moccia era intimo amico di Vincenzo Nespoli. Nespoli e Castiello erano in contatti con Salvatore Caputo, il referente politico della camorra, ucciso nel 2017. Castiello ha incontrato anche i boss del clan, Luigi, Antonio, Anna Mazza», precisa Scafuto. Il pentito, in passato, ha anche presieduto da camorrista la locale squadra di calcio, per il clan faceva tutto, una seconda famiglia. Ma cosa rispondono i politici chiamati in causa?

Nespoli, già senatore di An e sindaco della città, quando è stato ascoltato come testimone in un processo contro i vertici della camorra locale ha chiarito di averli conosciuti da giovani. Con Luigi e Angelo Moccia «andavamo a ballare insieme», raccontava e precisava di non averli mai frequentati da criminali e di non aver avuto il loro appoggio. Nespoli non è indagato per le dichiarazioni dei pentiti mentre in un processo per bancarotta fraudolenta è stato condannato nei pronunciamenti di merito (la Cassazione ha annullato con rinvio). 

E la sottosegretaria Castiello cosa risponde? «Non ho mai avuto modo di conoscere Salvatore Caputo, che notoriamente era associato al Clan Moccia, ma che faceva il consigliere comunale ad Afragola quando io avevo 9 anni; né ho mai conosciuto Salvatore Scafuto», dice.

Ma ha mai incontrato Anna Mazza, i fratelli Moccia? «Abbiamo documentato in ogni modo e in ogni occasione la contiguità elettorale della camorra locale con il centro-sinistra, come risulta in modo evidente dalla attività del settimanale locale “Nuova Città” di cui sono, dall’esordio della mia attività politica, assidua collaboratrice», dice. Una replica che ricalca quanto raccontato in aula anche da Nespoli, da sempre riferimento politico di Castiello. 

Tra le batterie criminali che sostengono i Moccia, ci sono anche i Barbato, occupanti nelle case popolari nel quartiere Salicelle di Afragola. «Quando vengono a prendere i voti noi li votiamo e ora ci vogliono sgomberare? Io sono di destra e voto i candidati della destra, la signora Castello pure è stata eletta ed è andata a Roma con i voti delle Salicelle», diceva a chi scrive un familiare della famiglia criminale nel 2019 quando Salvini prometteva sgomberi e legalità.

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