La pubblicazione delle puntate di “20 settimane” ha suscitato un ampio dibattito e nuove testimonianze. Dopo aver documentato la mancanza di informazione verso le donne che abortiscono, la differenza d’ora in poi starà nel controllare l’applicazione delle norme nella quotidianità delle interruzioni di gravidanza
Il buco nero aperto dai cimiteri dei feti continua a restituire storie. La pubblicazione dei nove episodi di 20 settimane, il podcast di Domani prodotto da Emons record che indaga su cosa succede a un feto dopo un aborto, ha suscitato l’attenzione di migliaia di ascoltatori e segnalazioni di nuove storie da varie regioni. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Solo nel 2022 – stando agli ultimi dati del Ministero della Salute – le interruzioni volontarie di gravidanza sono state oltre 65mila, di cui circa 4mila nel secondo trimestre, ma le regole sul dopo aborto e le pratiche che lo circondano rimangono ancora un argomento poco conosciuto fuori e persino dentro gli ospedali.
Al cimitero Flaminio di Roma, dove nel 2020 è emerso lo scandalo delle croci con nomi e cognomi di donne sopra e feti abortiti sotto, oggi viene tutelata la privacy e si è dismesso l’uso di simboli religiosi per questo tipo di sepolture. Eppure un’ascoltatrice del podcast, Bianca (nome di fantasia) ci ha contattati per raccontare ancora con incredulità la sua vicenda. Dopo aver effettuato un’interruzione terapeutica di gravidanza (Itg) nel 2024 al Policlinico Casilino, oltre le venti settimane di gestazione, aveva ricevuto un’informativa scritta sulla sepoltura obbligatoria ai sensi dell’articolo 7 del Dpr 285 del 1990.
«Quel foglio, invece di informare, genera confusione», ci ha scritto Bianca a dicembre, dopo avere ascoltato le prime puntate del podcast. Lei una sepoltura la voleva, e ha lasciato che se ne occupasse l’ospedale, ma già dalle prime richieste di aggiornamenti in merito all’inumazione d’ufficio il personale non ha saputo assisterla, probabilmente per ignoranza delle norme vigenti, come riscontrato spesso nella nostra ricerca.
«Chiamavo periodicamente il Casilino per sapere quando sarebbe avvenuta la sepoltura, e ho iniziato a contattare anche il call center dei Cimiteri capitolini. Sono state settimane difficili», ricorda ancora Bianca. «Ho cominciato a pensare che forse l'avevano smaltita tra i rifiuti. Tuttavia ho insistito». La sepoltura è avvenuta quasi cinque mesi dopo il parto.
Il senso di abbandono vissuto in ospedale ha trovato eco nelle ascoltatrici. Una ci ha contattato per chiederci cosa potesse essere accaduto in Abruzzo al feto abortito a undici settimane di gravidanza. Un’altra lo ha fatto dalla Toscana per un aborto entro le venti. L’assurdità di questa vicenda non ha colpito però solo chi ci è passato. Molti follower hanno commentato i post di Domani sui cimiteri dei feti con sdegno, accusando di fanatismo i medici obiettori e chi ha permesso le sepolture all’insaputa delle interessate. Al pubblico non è sfuggito come la realtà degli aborti terapeutici nel secondo trimestre di gravidanza (a cui si aggiungono oltre 4mila interruzioni spontanee, sempre nel 2022, secondo l’Istat) tracimi i numeri. La dimensione dell’aborto raccontata in 20 settimane, quella relativa al destino di un feto abortito, ha riportato infatti al centro del dibattito un diritto fondamentale delle donne e, soprattutto, i doveri delle istituzioni nei loro confronti.
È uno dei motivi che hanno spinto le protagoniste del podcast a raccontare le loro storie, con l’obiettivo di rompere il silenzio e il senso di colpa che ancora avvolgono l’aborto. «A un certo punto fortunatamente superi l’io – dice Marta Bardoni, una delle protagoniste del podcast che ha abortito a Milano nel 2016, «e senti che questa cosa deve servire al macro, non più a me». Marta ritiene di avere chiuso il cerchio del proprio lutto e oggi chiede allo Stato supporto psicologico per le donne che hanno affrontato un’Itg.
Un riferimento alla 194, la legge che regola l’aborto in Italia e prevede che una gravidanza possa essere interrotta solo in presenza di rischi per la salute fisica e mentale della donna e non, invece, riconoscendo una sua decisione consapevole di non mettere al mondo un bambino. «Le parole pesano» – prosegue Marta – se nel certificato in ospedale è stato scritto che se non interrompo la gravidanza rischio gravi problematiche psicologiche, dopo sarebbe giusto fornirmi almeno 5-10 sedute di psicoterapia».
Un’altra voce presente nel podcast, Elisa, si è iscritta a un gruppo di mutuo aiuto su Facebook e sostiene donne che stanno per affrontare un'Itg e un possibile lutto perinatale. Crede che ormai stia riuscendo a tirare fuori del buono dalla propria storia, oltre a tenere alta la guardia sul cimitero Flaminio. Il suo avvocato, Francesco Mingiardi, ha detto nell’ultima puntata di 20 settimane che «qualcosa è cambiato a Roma perché c’è gente che si è presa questa cosa a cuore, ognuno con i propri strumenti».
Grazie alla campagna Libera di Abortire infatti, lanciata tra gli altri da Mingiardi e da Francesca Tolino, un’altra protagonista di questa vicenda, Roma Capitale ha stabilito nel 2022 che solo le donne possano decidere del destino dei resti abortivi e introdotto un codice alfanumerico su documentazione sanitaria e cippi funerari per garantire l’anonimato. Da parte loro, seppure un protocollo regionale in merito non è arrivato, alcuni ospedali di Roma hanno introdotto un modulo di consenso informato sul post-aborto. La giustizia per i cimiteri dei feti, che molte ascoltatrici hanno invocato, si è fermata all’archiviazione di un’inchiesta penale e alla multe del Garante della privacy al Comune di Roma e alla municipalizzata che si occupa dei cimiteri, l’Ama. Un’azione popolare, che ha chiesto un risarcimento per la cittadinanza romana, andrà a sentenza quest’anno. Altre cause civili non sono davvero partite.
La differenza d’ora in poi starà nel controllare se e come le donne ricevono informazioni sul dopo aborto, ospedale per ospedale, nella quotidianità delle interruzioni di gravidanza. Dopo avere sostenuto questa inchiesta speriamo che sarete proprio voi, che ci avete ascoltato e letto finora, a contribuirvi.
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