Carlo Calenda è molto soddisfatto per come sono andate le ultime elezioni comunali. Anche se il suo partito, Azione, non ha eletto direttamente nessun sindaco, i commentatori dei principali quotidiano parlano di una buona performance e molti la contrastano con quella deludente del Movimento 5 stelle.

Lo stesso Calenda ha definito con qualche numero l’entità di quello che ritiene il suo successo. In un’intervista al Corriere della Sera ha detto che nelle quattro città dove Azione correva da sola, Palermo, Catanzaro, L’Aquila e Parma, il suo partito ha avuto tra il 10 e il 25 per cento. Stessi numeri citati anche da Repubblica che parla di «fenomeno Calenda». Questi numeri, però, non corrispondono alla realtà.

Palermo e L’Aquila

L’Aquila è la città a cui Calenda pensa quando parla del 25 per cento. Qui infatti, il candidato sindaco Americo Di Benedetto, appoggiato da Azione, ha ottenuto il 23,8 per cento dei voti. Di Benedetto era candidato con la sua lista, Il Passo Possibile. Delle tre liste che lo supportavano, Azione è quella che è andata peggio e ha raccolto in tutto il 4,8 per cento, per un totale di circa 1.700 voti. Ha fatto meglio di Azione anche la terza lista che sosteneva Di Benedetto, l’Aquila e frazioni, che ha preso 2mila voti.

Situazione simile a Palermo. Qui Calenda appoggiava Fabrizio Ferrandelli, veterano della politica locale, arrivato alla terza candidatura a sindaco in dieci anni. La lista di Azione e +Europa, che era anche la lista del candidato sindaco, è andata molto bene, raccogliendo l’8 per cento.

Ferrandelli è effettivamente il candidato di Azione e +Europa, e così è sempre stato presentato, ma è anche una vecchia conoscenza della politica palermitana. Nel 2012 si era candidato sindaco con il centrosinistra ed era stato battuto da Leoluca Orlando. Ci aveva riprovato cinque anni dopo, nel 2017, come candidato del centrodestra, venendo di nuovo sconfitto. Ora, alla terza occasione, candidato con il centro di Calenda, ha ottenuto il suo peggior risultato degli ultimi dieci anni: 14,2 per cento.

Parma e Catanzaro

Nelle altre due città citate da Calenda come simboli della sua vittoria, Parma e Catanzaro, Azione non ha presentato una sua lista, né il suo simbolo, ma ha appoggiato i due candidati arrivati terzi.

A Parma, Azione appoggiava senza simbolo Dario Costi, che con quattro liste ha ottenuto il 13,5 per cento dei voti. Situazione simile a Catanzaro, dove Azione ha appoggiato Antonello Talerico, già papabile candidato del centrodestra. Anche qui, Azione non ha presentato il simbolo. Talerico, con altre cinque liste, ha ottenuto il 13,2 per cento.

I risultati complessivi

Raggiungere il terzo posto in quattro città del nord, del centro e del sud non è un cattivo risultato per un partito piccolo e poco radicato come quello di Calenda. Soprattutto se confrontato con i risultati molto più deludenti di una formazione molto simile, Italia Viva di Matteo Renzi, che non è mai riuscita a ottenere traguardi simili a livello locale.

I candidati sindaci che Azione ha scelto di appoggiare erano figure conosciute, alcune con lunghe carriere alle spalle, e hanno contribuito a questa affermazione. I risultati migliori sono probabilmente Palermo e L’Aquila. Con l’8 per cento nel capoluogo siciliano, la lista di Azione ha ottenuto circa quattro volte i voti che in genere gli vengono attribuiti dai sondaggi nazionali (in aiuto è venuto il fatto che la lista fosse anche quella del sindaco). 

Anche ad Alessandria, la lista di Azione non è andata male, raccogliendo il 5,7 per cento dei voti. In altri casi, invece, le scelte strategiche non hanno funzionato. A Lucca, Azione ha appoggiato senza simbolo il candidato Alberto Veronesi (che aveva anche l’appoggio di Vittorio Sgarbi). Veronesi ha raccolto solo il 3,7 per cento.

Secondo i calcoli di YouTrend, in queste elezioni Azione ha raccolto con il suo simbolo lo 0,4 per cento dei voti. Si tratta di un risultato sottodimensionato rispetto al reale appeal di Calenda. Non solo Azione si è presentata con il suo simbolo in pochissimi comuni, ma le amministrative, con la presenza di numerose liste, spesso legate al nome del sindaco e slegate dai partiti, rende complicato utilizzare queste elezioni per stimare un consenso più ampio.

Ma i voti chiaramente ascrivibili a Calenda e alla sua formazione non sembrano vicini in nessuna città al 25 per cento di cui parla il segretario di Azione.

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