La Lega di Matteo Salvini deve restituire alle casse dello stato italiano 49 milioni di euro ottenuti in modo indebito dal partito, ma tra il 2017 e il 2018 ha erogato centinaia di migliaia di euro a decine di suoi parlamentari. E alcuni di loro, compreso più di un dirigente di primo piano, attraverso un meccanismo basato su giroconti bancari avrebbero ottenuto di pagare meno tasse, mediante sgravi fiscali forse indebiti.

È questa, in estrema sintesi, la conclusione a cui arriva una relazione inedita dell’Unità di informazione finanziaria (Uif), l’ufficio antiriciclaggio della Banca d’Italia che su richiesta di almeno due procure – Milano e Genova – e della Guardia di finanza sta indagando sulla cassaforte del partito.

L’analisi dei flussi di denaro su uno dei conti correnti della Lega apre dunque un nuovo squarcio sullo scandalo, con prove che a sei giorni dalle elezioni regionali rischiano di provocare effetti peggiori di quelli suscitati, ad agosto, dai parlamentari che hanno chiesto e ottenuto il bonus per l’emergenza Covid destinato ai lavoratori in difficoltà. O di quelli causati dall’arresto di tre commercialisti della Lega, ingaggiati da Salvini per gestire le finanze del movimento politico. Al netto di eventuali reati penali tutti da dimostrare e dei motivi per cui la Lega dà soldi (in genere cifre tonde da 15mila euro o 20mila euro) a dirigenti come il tesoriere, Giulio Centemero, Giancarlo Giorgetti, Erika Stefani, Gian Carlo Centinaio o Lorenzo Fontana, la nuova relazione dell’Uif pone infatti questioni di opportunità e trasparenza.

Questioni ineludibili per qualsiasi forza politica democratica, ma ancor di più per un movimento che ha incassato e speso 49 milioni di euro di rimborsi elettorali non dovuti ed è stato condannato dalla Cassazione a restituirli (seppur in rate dilazionate in ottant’anni).

Tra prestiti e donazioni
Partiamo dal documento degli investigatori dell'antiriciclaggio. Il loro metodo di lavoro è quello classico: seguire ogni traccia lasciata dai singoli passaggi di denaro. Indagando sui presunti magheggi della fondazione Lombardia film commission (i tre professionisti Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Michele Scillieri risultano indagati a vario titolo per peculato e altri reati fiscali in merito alla compravendita di un immobile), gli analisti incrociano altre movimentazioni tra un conto della Lega e alcune aziende fornitrici di servizi. Seguendo la corrente di questo fiume di denaro, gli investigatori dell’antiriciclaggio approdano a una serie di bonifici intercorsi tra il partito e decine di parlamentari eletti nelle file della Lega.

A volte si tratta di comuni ordini di versamento che i parlamentari fanno al Carroccio, per finanziarlo come accade per quasi tutte le forze politiche dopo l’abolizione del finanziamento pubblico. Altri giroconti, invece, hanno destato più di un sospetto. Si tratta di quelli in cui i soldi fanno il percorso opposto, passando dalle casse del partito alle tasche di deputati e senatori. «Si evidenziano reiterati accrediti di bonifici disposti da parlamentari della stessa Lega, con causali quali “erogazione liberale”, e successiva restituzione delle somme all'ordinante con causale “restituzione prestito infruttifero”», si legge nella relazione che sintetizza alcune segnalazioni di operazione sospette (Sos) arrivate agli uffici dell’antiriciclaggio di Banca d’Italia.

«Al riguardo» lo stesso istituto bancario che ha fatto la segnalazione, riferisce che «probabilmente tali giri di fondi sono finalizzati alla fruizione di sgravi fiscali. A conferma di tale supposizione evidenzia un bonifico di 20mila euro dell’8 agosto 2018» che la Lega fa a favore «della deputata Vannia Gava, con causale “restituzione prestito infruttifero”». Un versamento che «addirittura precede di due giorni», si legge nella segnalazione, «il bonifico di pari importo disposto dalla stessa parlamentare a favore della Lega».

Gava è friulana, sottosegretaria all’Ambiente del primo governo Conte e siede attualmente in commissione Bilancio e in quella sul ciclo dei rifiuti: spulciando il suo 730 per l’anno 2018 pubblicato sul sito della Camera, si scopre che ha detratto, alla voce “oneri e erogazioni liberali”, poco più di 8mila euro. Secondo il documento, in pratica, sfruttando una legge del febbraio del 2014 che consente a chi eroga soldi a partiti, onlus e associazioni di scaricare dalle tasse il 26 per cento della donazione (fino a un ammontare massimo di 30 mila euro annui), il partito di Salvini avrebbe messo in piedi un sistema per far girare soldi sul conto e permettere nel contempo ad alcuni suoi parlamentari di ottenere sconti fiscali su somme donate che, di fatto, che tornavano al mittente.

Giorgetti, potente braccio destro di Salvini, che ha pochi giorni fa difeso i commercialisti finiti ai domiciliari («ho fiducia in loro»), nel documento della Uif gira al conto della Lega 20mila euro ottenendone, di nuovo, 15mila. Non conosciamo le causali, ma il deputato esclude qualsiasi trucco fiscale o entrate extra: «Non ho mai percepito alcun compenso per incarichi o prestazioni dalla Lega. I bonifici in arrivo sono solo il rimborso di un prestito infruttifero». Come mai i parlamentari prestano soldi al partito? Giorgetti è evasivo: «Immagino che le banche non dessero il fido alla Lega. Però deve chiedere al tesoriere».

Ossia a Giulio Centemero, che, contattato, non ha risposto alle domande inviate. Lo stesso Centemero è citato dall’antiriciclaggio come possibile beneficiario del meccanismo. «Analoghi giri di fondi – caratterizzati da disposizioni di bonifico aventi lo stesso importo in uscita che precedono di pochi giorni bonifici in entrata riferiti ad erogazioni liberali – sono riscontrabili nell'operatività riconducibile al altre persone aventi cariche di rilievo all’interno del partito stesso».

In primis «Giulio Centemero», tesoriere della Lega e da anni fedelissimo di Salvini, che non lo ha mai mollato nonostante la procura di Roma ne abbia chiesto di recente il rinvio a giudizio per finanziamento illecito, insieme al costruttore romano Luca Parnasi. Ebbene, gli ispettori antiriciclaggio segnalano che la Lega l’11 luglio 2018 versa a Centemero un bonifico da 20mila euro. Ancora qui la causale è «restituzione prestito». Tredici giorni più tardi è però il tesoriere a disporre un bonifico di cifra identica, giustificata come «erogazione liberale», somma che potrà eventualmente detrarre nella sua dichiarazione dei redditi.

Il tesoriere, nel periodo analizzato dall’antiriciclaggio (4 gennaio 2017-3 settembre 2018), incassa dal conto del partito molto di più: in tutto 85mila euro. Centemero è custode della cassa della vecchia Lega Nord dal 2015, e della nuova di stampo sovranista (Lega per Salvini premier) dal 2017: possibile che il partito, poverissimo secondo la narrazione del suo segretario, potesse permettersi un tecnico così caro, tra l’altro eletto deputato (e stipendiato dallo stato) da marzo 2018?

Di certo fino a ora la sua esperienza ai vertici della Lega non è stata facile: oltre che a Roma, Centemero potrebbe essere rinviato a giudizio anche a Milano. Anche qui è accusato di aver ottenuto finanziamenti illeciti da privati, come Esselunga, in favore della Lega, attraverso bonifici all’associazione Più Voci, la stessa che aveva ricevuto 250mila euro da Parnasi. Il nome di Centemero emerge infine pure in altre vicende segnalate dalla Uif alle procure, in merito ad anomali flussi che dal partito sono finiti a società del giro leghista: il sospetto è che fossero operazioni nate per svuotare i conti della Lega Nord, obbligata dai giudici di Genova a restituire i 49 milioni.

Al giochino dei giroconto sembra partecipare anche l’onorevole Dimitri Coin, un imprenditore membro della commissione di Vigilanza sulla Rai che lo scorso febbraio si scagliava contro il Pd e i grillini rei di nascondere «il compenso degli artisti che parteciperanno a Sanremo».

Coin, segnala infatti l’antiriciclaggio, ottiene dalla Lega Nord 19.500 euro l’8 maggio 2018, «a cui segue in data 14 maggio un bonifico ordinato dallo stesso Coin di 20 mila euro avente causale “erogazione liberale”» a favore della Lega. Nella sua dichiarazione dei redditi anche lui chiede uno sgravio fiscale per aver elargito donazioni liberali: certifica quasi 8mila euro di detrazioni.

Lorenzo Faustini è titolare di uno degli studi di commercialisti più importanti di Roma. Secondo lui il sistema descritto dalla Uif è quantomeno anomalo. «Le erogazioni liberali possono essere detratte o dedotte dai parlamentari, è vero. Si possono legittimamente scaricare in modo da pagare meno tasse», dice. «Però, se tu hai erogato 100 e ti hanno ridato 80, puoi scaricarti solo 20. Cioè l’effettivo onere che hai sostenuto. Se una persona fisica scaricasse un importo maggiore, secondo me saremmo di fronte a una possibile frode. Ma senza carte e ulteriori dettagli non posso sbilanciarmi».
 

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La Lega chiede, la Lega dà

Alla relazione con i dettagli dei flussi che dal partito finiscono nei conti di deputati e senatori è allegato un prospetto dettagliato delle uscite e delle entrate del conto corrente della Lega Nord. Un elenco dove «emergono diverse [...] erogazioni liberali ordinate da persone fisiche (i parlamentari leghisti, ndr) le quali sono destinatarie di fondi ordinati dalla Lega Nord per importi simili, e disposti in un arco temporale più o meno prossimo alle date di accredito». A «titolo di esempio» gli investigatori citano i movimenti bancari del senatore Stefano Candiani, che il 7 luglio dona al Carroccio 9mila euro e due mesi dopo ne riceve 15mila.

Spulciando la lista, i deputati che versano denaro alla Lega e ricevono, prima o dopo, cifre simili sono molto di più: oltre venti. A differenza dei casi Centemero, Coin e Gava, però, non conosciamo tutte le singole causali dei bonifici. E dunque non sappiamo se il do ut des basato sulla restituzione di un “prestito infruttifero” è metodo usato pure da altri leghisti, o un unicum dovuto a circostanze particolari.

Però sappiamo, di sicuro, che dal gennaio 2017 al settembre 2018, sul solito conto corrente Lega Nord, secondo la Uif il senatore Stefano Borghesi gira al partito 20mila euro, e ne riceve 15mila. Borghesi, appassionato di caccia e armi, è deputato dal 2013, ed è pure azionista di uno studio di commercialisti a Bergamo insieme a Centemero e ai due professionisti arrestati la scorsa settimana, Di Rubba e Manzoni. Contattato da Domani, dà una versione simile a quella di Giorgetti, spiegando che in realtà il giroconto sarebbe legato solo a un prestito fatto al partito e poi restituito: «Nel 2017 ho versato 15mila euro a Lega Nord tramite bonifico con causale “prestito” che mi sono poi stati restituiti nel 2018 con causale “restituzione prestito”. Cosa diversa è il versamento di 20mila euro nel 2018 che invece è una erogazione liberale e come tale non va restituita».

La sua dichiarazione non collima con le somme elencate dalla Uif, che segnala solo 20mila euro in entrata da Borghesi e non 35mila come spiegato dal senatore, e apre a uno scenario diverso, ma altrettanto anomalo: prestiti infruttiferi dati alla Lega da alcuni dei suoi parlamentari, a volte restituiti e a volte no. Le cifre in entrata e in uscita fotografate dall’antiriciclaggio sono quasi sempre le stesse. Pure il già citato Candiani, già sottosegretario all’Interno e oggi commissario del partito in Sicilia, nello stesso periodo risulta bonificare a quel conto complessivamente 20mila euro, e riceverne indietro 15mila. Stesse somma in entrata e uscita per altri due big molto vicini a Salvini: cioè Laura Molteni, consigliere comunale a Milano e tra i pochi candidati leghisti non eletti alle Europee, e l’omonimo Nicola Molteni, fedelissimo di Salvini con cui ha condiviso l’esperienza di governo al ministero dell’Interno.

L’antiriciclaggio ipotizza, esplicitamente nei casi di Centemero e Gava, che i giroconto siano un modo per ottenere sgravi fiscali. Possibile che non ci siano altre spiegazioni alle movimentazioni? Sappiamo che i leghisti, come altri eletti nelle file del Pd, di Fratelli d’Italia e M5s hanno pattuito di versare una somma mensile consistente. Circa 1.500-2.000 euro al mese. Ma come mai a volte una parte torna indietro? Il do ut des può essere spiegato dai misteriosi prestiti restituiti, come dicono Giorgetti e Borghesi smentendo i sospetti dell’Uif? O le somme riguardano eventuali rimborsi per campagne elettorali, o spese per l’attività politica degli eletti durante il mandato parlamentare? «In genere nel mio lavoro vedo che i partiti ricevono soldi dai parlamentari, e non viceversa», spiega un funzionario della Camera addetto a compilare le cosiddette dichiarazioni congiunte, un indice dove – negli anni 2017 e 2018 – non appaiono comunque movimenti dalla Lega a favore dei suoi deputati e senatori.
 

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Dall’ufficio di tesoreria del Pd spiegano che il partito non ha mai chiesto prestiti agli eletti, e che se girasse a un parlamentare somme sopra ai tremila euro «sarebbe necessario fare per legge una dichiarazione congiunta. E se il parlamentare viene pagato per una prestazione professionale, allora deve metterla nella dichiarazione dei redditi, ma noi non commissioniamo ai deputati studi o altre attività. Se noi facciamo bonifici ai nostri parlamentari per rimborsi spese? Quasi mai, e sempre dopo la presentazione di fatture per cene o viaggi. Ma con le liste bloccate quelli sicuri di essere eletti non devono più fare campagna elettorale. Sono loro che arrivati a Montecitorio e palazzo Madama devono dare soldi al partito, non viceversa. Al massimo anticipiamo spese per 2-3 mila euro l'anno a qualche sezione sul territorio».

Anche tecnici degli uffici dei tesorieri del M5s spiegano che il movimento non gira ai loro parlamentari nemmeno un centesimo. «Sono i senatori e deputati che devono versare 300 euro mensili alla Casaleggio Associati per il funzionamento della piattaforma Rousseau e metà del del loro stipendio a un fondo statale per il microcredito».

Non sono previsti rimborsi spese per cene o viaggi sui territori, né altri bonifici ai partiti? «Non scherziamo: gli eletti incassano ogni mese, oltre allo stipendio da 11mila euro lordi, ben 4mila euro netti per gli adempimenti collegati alle funzioni svolte a Roma e nella circoscrizione elettorale. Ma anche per tutte le iniziative politiche, sociali, culturali che gli onorevoli assumono in giro per il paese. Un cachet stratosferico che basta e avanza».

I bonifici in partenza dal conto monitorato dall’antiriciclaggio, invece, segnalano che la Lega – nonostante i 49 milioni di euro di debito con gli italiani – adotta politiche diverse. E che in un anno e mezzo ha versato ad alcuni suoi parlamentari per una somma complessiva superiore ai 600mila euro. Il senatore di Pavia Gian Marco Centinaio - ex titolare del dicastero dell'Agricoltura che ha piazzato Di Rubba alla presidenza della Sin spa, società del medesimo ministero - risulta aver girato sul conto della Lega attenzionato 17.500 euro, ricevendone indietro 15mila. Massimiliano Fedriga, dal 2018 presidente della regione Friuli Venezia Giulia, nel periodo 2017-2018 ha dato alla Lega (insieme alla moglie) 20mila euro, ottenendone 35mila euro. Anche l’ex ministro per la Disabilità, Lorenzo Fontana, molto vicino a Salvini, ha avuto dal conto di Intesa-Sanpaolo della Lega, nel periodo 2017-settembre 2018, 15mila euro, di contro ai 56mila euro versati. Ultraconservatore, antiabortista, è stato uno degli sponsor dell’evento organizzato dall’estrema destra a Verona, il Congresso mondiale delle famiglie. Non tutti i dirigenti di primo piano risultano avere avuto soldi dal partito: Massimo Bitonci, Claudio Borghi, Lucia Borgonzoni, Roberto Calderoli, solo per fare alcuni esempi, secondo l’elenco allegato alla relazione dell’antiriciclaggio, hanno solo dato, senza ricevere nulla. Erika Stefani, ex ministro per gli Affari regionali nel primo governo Conte, ha fatto bonifici al suo partito per 33.500 euro, ma gliene tornano sul conto personale 15mila.
 


Al netto dei sospetti di chi ha indagato sui conti, peraltro tutti da confermare, sappiamo – leggendo la sua dichiarazione dei redditi - che anche la Stefani ha sfruttato la legge del 2014 per detrarre dalle tasse le erogazioni liberali fatte al partito: quasi 16mila euro tra il 2017 e il 2018. Raffaele Volpi, salviniano doc oggi presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza che vigila sui servizi segreti, ha invece versato alla Lega Nord 27.500 euro in un anno e mezzo, e ha avuto indietro i soliti 15mila euro. Non sono soltanto ex ministri e dirigenti del cerchio magico del Capitano a ricevere bonifici dal conto sotto osservazione. Sono molti i peones che hanno ricevuto soldi dalla Lega. Quasi sempre cifre tonde da 15mila euro. «I 49 milioni che dicono abbiamo sottratto? Non ci sono quei soldi, i giornalisti li stanno cercando in Svizzera, Lussemburgo, fate inchieste su cose vere, non perdete il vostro tempo», ha detto Salvini due anni fa in un’intervista a Radio Capital, dopo che i giudici avevano deciso la confisca dei 49 milioni di rimborsi elettorali non dovuti, conseguenza del processo per truffa nei confronti di Umberto Bossi e dell’ex tesoriere Francesco Belsito. «Che fine hanno fatto i soldi? Sono stati spesi in dieci anni», è la difesa di Salvini e del partito.

Finora nessuno sapeva che il partito senza denari girasse somme cospicue ai suoi deputati e senatori, né era noto che restituisse “prestiti infruttiferi” finiti nel mirino dell'antiriciclaggio. Soprattutto, nessuno immaginava un flusso di cassa in uscita così imponente: tra il 2017 e il 2018 oltre ai centinaia di migliaia di euro destinati ai parlamentari la Lega Nord, invece di accantonare denari da restituire a debitori e contribuenti, ha dato milioni di euro a Radio Padania, alle società degli spin doctor di Salvini Luca Morisi e Andrea Paganella, a fornitori esterni citati nell'inchiesta di Milano, e ai commercialisti arrestati e alle loro società connesse. In tutto 13 milioni di euro di uscite, in appena un anno e mezzo.

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