Politici italiani, attivisti e associazioni pronti a marciare comunque tra questi la segretaria del Pd, Elly Schlein, il dem Alessandro Zan e il M5s Alessandra Maiorino e numerose associazioni Lgbtq italiane. Il Parlamento europeo denuncia la deriva autoritaria di Orbán e chiede alla Commissione di agire contro il divieto del Pride. E da Milano, alla vigilia, un evento di Milano Pride e Domani di solidarietà internazionale
Il 28 giugno a Budapest il Pride potrebbe trasformarsi in un fronte aperto tra il governo di Viktor Orbán e chi difende i diritti Lgbtq. Non solo politico ma un fronte fatto di scontri, idranti e manganelli. La polizia ha infatti vietato ufficialmente la marcia, appellandosi a una legge approvata a marzo che consente di bloccare eventi pubblici in nome della «protezione dei minori» e introduce strumenti repressivi inediti, come l’uso del riconoscimento facciale per identificare i partecipanti alle manifestazioni Lgbtq.
Se il corteo dovesse svolgersi ugualmente – come ha annunciato il sindaco di Budapest Gergely Karácsony, che ha ribadito che si tratterà di un «evento cittadino» e quindi non soggetto a permessi – le autorità potrebbero intervenire in vari modi: dallo scioglimento forzato del corteo alla denuncia formale dei partecipanti, con multe o procedimenti penali. Gli organizzatori rischiano sanzioni più gravi per aver ignorato un provvedimento ufficiale. La polizia potrà inoltre presidiare le aree interessate e impedire l’accesso ai manifestanti.
Il divieto
La questura di Budapest in un comunicato, ha detto di aver interpretato l'annuncio del sindaco dei giorni scorsi, come una richiesta di manifestazione nei termini della legge sulla riunione, e la vieta riferendosi alla protezione dei minori. «Nell'ambito della sua autorità sulle assemblee pubbliche, la polizia vieta lo svolgimento del raduno nel luogo e nell'ora sopra indicati», si legge in una nota. La decisione, si spiega, può essere impugnata entro tre giorni alla Corte suprema.
«La questura ha ordinato il divieto di una manifestazione e raduno non esistente. Non avevamo chiesto nessuna autorizzazione, così il divieto non ha nessuna rilevanza», ha replicato il sindaco Karácsony. «Il comune di Budapest, il 28 giugno, organizzerà la festa della libertà, il Budapest Pride. Punto e basta».
Alla marcia dell’orgoglio, il 28 giugno, arriveranno dall'estero politici, eurodeputati, rappresentanti di comunità Lgbtq di tutta Europa. Tra le strade di Budapest sarà presente anche una delegazione italiana. Hanno annunciato la loro partecipazione la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, il deputato Alessandro Zan, promotore della legge contro l’omotransfobia affossata in Senato, ma anche la senatrice Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle. Con loro, numerose associazioni Lgbtq italiane tra cui Arcigay, Famiglie Arcobaleno, Mit e l’Associazione Radicale Certi Diritti.
La riforma costituzionale
Tutto questo accade nel trentesimo anniversario del Pride ungherese, in un contesto sempre più repressivo: Orbán ha fatto approvare anche una riforma costituzionale che riconosce solo due sessi, escludendo esplicitamente le persone transgender. Intanto, le ong e il sindaco promettono disobbedienza civile: la marcia si farà, con o senza autorizzazione. L’Europa guarda, ma non interviene. Tanto che il 18 giugno il parlamento europeo è tornato a puntare il dito contro l’Ungheria e la sua progressiva deriva autoritaria sotto la guida di Orbán, lanciando un appello alla Commissione europea. Per la trentesima volta dal 2018, l’Aula ha discusso lo stato di diritto nel paese, denunciando lo smantellamento delle garanzie democratiche e l’inasprimento della repressione contro la comunità arcobaleno.
Il commissario europeo alla Democrazia e alla Giustizia, Michael McGrath, ha difeso i valori fondanti dell’Ue - libertà, uguaglianza, dignità - ribadendo che «nessuno dovrebbe temere un Pride». Ha lodato il gesto del sindaco, che ha concesso il patrocinio municipale all’evento per aggirare il divieto, ma ha anche avvertito che la Commissione europea sta esaminando le nuove norme ungheresi alla luce del diritto comunitario, pronta ad attivare tutti gli strumenti a sua disposizione.
Dai banchi dell’emiciclo si sono levate voci dure: per la socialista Iratxe García Pérez, il governo Orbán ha trasformato il potere «in uno strumento di paura, censura e odio»; la co-leader dei Verdi, Terry Reintke, ha parlato di «attacco alla dignità umana»; la pentastellata Carolina Morace ha definito il divieto al Pride «una sfida aperta ai valori fondanti dell’Unione». Gli eurodeputati hanno approvato a larga maggioranza la relazione 2025 sullo stato di diritto nell’Ue, che evidenzia in Ungheria «un problema sistemico».
In Italia alla vigilia della marcia, Milano Pride ospiterà un evento di solidarietà internazionale dal titolo “Siamo tuttə a Budapest. Verso il Pride della resistenza: voci e strategie contro l’erosione delle libertà”, in collaborazione con Domani. Dalle 19:40 piazzale Lavater il dialogo tra attivismo, politica e media con ospiti da Londra e Budapest, per ribadire che i diritti umani non si fermano ai confini e che l’Europa deve scegliere da che parte stare.
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