La capitale prepara un atto di “disobbedienza”. L’appuntamento è in programma il prossimo 28 giugno: una risposta ai tentativi di mettere a tacere il movimento Lgbtq
Mentre il governo ungherese di Viktor Orbán continua a stringere il cappio sui diritti civili in nome della protezione dei minori, nella capitale si prepara un atto di aperta disobbedienza. Il prossimo 28 giugno, la città ospiterà il Budapesti Büszkeség (l’“Orgoglio di Budapest”) e sarà un evento organizzato ufficialmente dal comune in collaborazione con la Rainbow Mission Foundation di Budapest. Una risposta netta al tentativo del governo Orbán di mettere a tacere la comunità Lgbtq.
Una mossa che porta la firma di Gergely Karácsony, 49 anni, sociologo e politologo, sindaco di Budapest dal 2019, eletto con una coalizione di opposizione e riconfermato nel 2024. Ex parlamentare e assessore locale, ha lanciato una svolta verde e sociale: ha piantato alberi, dichiarato l’emergenza climatica, ristrutturato metro e parcheggi bici. Ha segnato la scena internazionale rinominando vie come “Hong Kong Libera” e “Via dei Martiri Uiguri” in segno di solidarietà, prendendo posizione contro le ingerenze cinesi.
«L’amore non si vieta»
Una sfida consapevole al governo ungherese: «Il diritto alla dignità umana è inalienabile e appartiene a tutti. La libertà, l’amore e il Budapest Pride non possono essere vietati».
Lo stratagemma per aggirare il divieto è lineare: trasformare il Pride da evento sociale a manifestazione istituzionale. Con la città che lo organizza ufficialmente, il corteo da “semplice” protesta diventa atto politico legittimato dall’amministrazione locale. Il governo aveva cercato di spostare l’evento fuori dal centro città, proponendo il Kincsem Park, un ippodromo nei sobborghi.
«Niente Pride su Andrássy, né al Puskás, e spero, per il bene dei cavalli, nemmeno al Kincsem Park», aveva detto sarcastico il ministro dei Trasporti János Lázár. Ma la comunità arcobaleno non intende rinunciare allo spazio pubblico.
«Abbiamo il diritto costituzionale di riunirci pacificamente e lo faremo, senza nasconderci», ha dichiarato Máté Hegedűs, portavoce del Budapest Pride. «Difenderemo anche chi oggi ha paura, chi oggi tace, chi oggi è in pericolo: la società civile, i cittadini ungheresi».
resistenza democratica
Karácsony, di rientro dal Pride della vicina Vienna, ha così annunciato che l’evento sarà riconosciuto ufficialmente come celebrazione cittadina della libertà, una tradizione che risale alla fine dell’occupazione sovietica. La marcia di quest’anno si inserisce in questa narrazione: non solo manifestazione di identità, ma di resistenza democratica.
L’evento vedrà la partecipazione di leader europei, sindaci di capitali Ue e parlamentari. La città metropolitana, che ospita il Pride da 30 anni, non intende accettare diktat governativi. «L’Ungheria non è il suo governo», ha detto Karácsony a Vienna.
La nuova legge, approvata il 18 marzo, stabilisce che eventi che promuovono l’omosessualità sono vietati, pena multe fino a 200mila fiorini (circa 500 euro). La polizia ha già vietato l’evento tre volte. I tribunali hanno annullato due di questi divieti. Ma nell’Ungheria di oggi la legge serve più a intimidire che a proteggere.
E se il ministro della Giustizia Bence Tuzson ha suggerito di “spostare” la marcia lontano dagli occhi della città. Il capo di gabinetto del governo ungherese Gergely Gulyás, ha tentato una versione più soft: «Non è contro le minoranze sessuali, ma per la protezione dei bambini.
La manifestazione del 28 giugno non sarà solo una parata: sarà una dichiarazione politica, un atto collettivo di dissenso. In un Paese dove lo spazio pubblico è sempre più militarizzato, dove la propaganda omofoba trova appoggio istituzionale, scendere in strada diventa un gesto radicale.
A commentare la vicenda per l’Italia è Alessandro Zan, vicepresidente della Commissione Libe al Parlamento europeo e responsabile Diritti della segreteria nazionale Pd: «Una decisione importante, che di fatto consentirebbe lo svolgimento dell'evento nonostante la legge ungherese che censura e criminalizza la visibilità Lgbtq voluta da Orbán», spiega Zan.
«Un segnale positivo e coraggioso, che va nella direzione giusta e che merita il pieno sostegno. Ma non possiamo abbassare la guardia. È fondamentale che le istituzioni europee prendano una posizione netta: la legge che vieta i Pride è profondamente illiberale, viola il diritto europeo, i valori dell'Unione e i diritti umani. Il 28 giugno sarò al Budapest Pride per portare un messaggio chiaro: i diritti non si cancellano. Vanno difesi sempre e in tutta Europa, senza ambiguità. Perché non esistono libertà “a zone. O valgono per tutte e tutti, o non sono libertà».
Ambigua resta la posizione di Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione Europea ha smentito le voci secondo cui avrebbe chiesto ai commissari di non partecipare all’evento, definendo tali affermazioni false . Tuttavia, fonti vicine alla Commissione hanno riferito che il suo ufficio ha consigliato ai commissari di evitare la partecipazione al Pride per non “provocare” il governo Orbán.
Nonostante ciò, alcuni eurodeputati hanno espresso delusione per l’assenza di una condanna ufficiale da parte della Commissione e hanno esortato a misure concrete a sostegno dei diritti Lgbtq in Ungheria.
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