«Gli annunci fatti ieri da Gazprom sono l’ennesima prova che l’Europa deve farsi trovare pronta, perché lo stop all’offerta di gas può intervenire da un momento all’altro». Così Kadri Simson, la commissaria europea all’Energia, ha introdotto i piani di Bruxelles davanti ai governi europei, riuniti al Consiglio Ue sull’energia. «Dobbiamo ridurre la nostra domanda di gas».

L’accordo

Il piano della Commissione si basa sul taglio dei consumi al 15 per cento, e sulla possibilità di imporlo. Un piano che ha destato non poche rimostranze tra i paesi Ue, a cominciare da quelli iberici. Ma alla fine l’accordo sul regolamento – emendato dal compromesso tra stati –  è stato siglato. Serviva una maggioranza qualificata, e cioè almeno 15 governi a favore, rappresentativi di almeno il 65 per cento della popolazione europea. A mezzogiorno, l’annuncio della presidenza di turno ceca.

Come aveva preannunciato Simson, «gli stati hanno differenti situazioni di partenza»: ecco quindi che l’accordo prevede anche di tener contro delle istanze – o meglio, delle rimostranze – presentate dai governi. Oltre a Spagna e Portogallo, anche Grecia, Cipro, Polonia, avevano protestato sul piano, visto come un favore a Berlino. Pure la Francia ha chiesto modifiche. L’Ungheria orbaniana è l’unica a essersi del tutto opposta fino all’ultimo.

Le modifiche

Ciò su cui i governi hanno convenuto è la riduzione volontaria dei consumi, del 15 per cento rispetto alla media dei consumi degli ultimi cinque anni, da realizzare tra il 1 agosto e il 31 marzo, con misure che verranno stabilite da loro; ma i ministri hanno concordato di salvaguardare anzitutto i servizi essenziali. È sul punto dei tagli obbligatori che intervengono le modifiche rispetto ai piani originari di Bruxelles: i governi avocano a sé più potere, e circoscrivono il regolamento alla durata di un solo anno. Anzitutto, anche se sarà la Commissione a proporre la «allerta europea», potrà farlo solo in casi estremi o se almeno cinque governi che abbiano già dichiarato un’allerta a livello nazionale lo chiedono; e sarà poi il Consiglio ad agire, quindi lo snodo cruciale passa dai governi. 

Ci sono poi tutte le deroghe e eccezioni, che il Consiglio Ue oggi mette a segno. «A condizione che tutti i paesi facciano del loro meglio per ridurre i consumi», il Consiglio prevede alcune eccezioni e possibilità di chiedere deroghe rispetto al target di tagli obbligatori.

«I paesi membri che non siano interconnessi alle reti del gas altrui sono esentati dai tagli, visto che non libererebbero quantità significative di gas a beneficio degli altri paesi. Gli stati le cui reti elettriche non siano sincronizzate con il sistema elettrico europeo, e che dipendono fortemente dal gas per la produzione elettrica, sono altrettanto esentati, per evitare il rischio di una crisi delle forniture elettriche».

I paesi Ue posssono chiedere deroghe agli obblighi di riduzione della domanda di gas se hanno limitate interconnessioni agli altri stati e se possono dimostrare che le loro capacità di export o le loro infrastrutture per il gas liquefatto sono utilizzate appieno per ridirigere gas agli altri stati membri. Vige la possibilità di deroga anche se si è superato il livello obbligatorio di stoccaggio, se si è estremamente dipendenti dal gas per i settori industriali più critici o se i consumi sono aumentati almeno dell’8 per cento nell’ultimo anno rispetto alla media degli ultimi 5.

La versione finale del piano è insomma indebolita da una serie di deroghe e modifiche. La presidente della Commissione europea ha comunque accolto il via libera dei governi come un successo.

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