Gli europei hanno le idee chiare sul cibo da mettere sulle loro tavole. Deve essere rispettoso dell’ambiente, tanto per cominciare. La politica, però, continua con le solite ricette. Nell’area sovranista c’è chi prova a derubricare queste istanze, al punto da diffondere fake news sugli «insetti a tavola». La maggioranza delle forze politiche, dal canto suo, fa semplicemente finta di non sentire: le richieste dei cittadini per una politica agricola più attenta all’urgenza climatica sono state già più volte disattese.

Il piatto del futuro

A descrivere il loro menu ideale sono stati i cittadini stessi, quando la Conferenza sul futuro dell’Europa ha aperto la possibilità di discutere il tema.  Vogliono che «la produzione alimentare sia sicura, giusta,sostenibile, responsabile verso il clima», e che rispetti «l’ambiente, salvaguardando la biodiversità e gli ecosistemi». Come si è arrivati a formulare questo obiettivo condiviso? Da maggio 2021, per un anno, su una piattaforma online Ue aperta a tutti sono confluite decine di migliaia di contributi; e il fatto che la gran parte si siano concentrati sul tema della «democrazia europea» e sul «cambiamento climatico» lascia già intendere gli orientamenti.

Al contempo, ottocento cittadini estratti a sorte hanno ulteriormente discusso queste proposte; duecento fra loro si sono dedicati proprio ad ambiente e salute. Infine la plenaria, che ha riunito 450 persone tra i sorteggiati, i parlamentari nazionali ed europei, i cittadini dei panel e una piccola quota di rappresentanti di enti locali, corpi sociali e ong, ha portato tutto a sintesi. Il 9 maggio, giorno della festa dell’Europa, le decine di pagine di richieste sono state affidate ai rappresentanti delle istituzioni Ue. 

Dalla conferenza sul futuro dell’Europa emergono indicazioni chiare. Tra le misure invocate dagli europei, c’è la «promozione dell’agricoltura amica del clima», ad esempio. Più nello specifico, la richiesta è quella di «reindirizzare i sussidi e rafforzare gli incentivi a favore dell’agricoltura biologica e sostenibile, che rispetti gli standard ambientali e che contribuisca a raggiungere gli obiettivi climatici globali».

A maggio, quando il processo partecipativo si è concluso, l’Europarlamento ha approvato una risoluzione con la quale ha invocato l’apertura di una convenzione, che è il prodromo di una riforma dei trattati. Per accontentare i cittadini almeno sull’agricoltura amica del clima, non è neppure necessario mettere mano ai trattati. Basterebbe fare scelte diverse.

L’ambiente tradito

Il riferimento ai «sussidi da reindirizzare» non è casuale: finora le istituzioni Ue, compreso il Parlamento europeo, hanno tradito le promesse sul clima, quando si è trattato di indirizzare i fondi della politica agricola comune (Pac).

Varata nel 1962, la “Pac” è sempre stata cruciale, e non a caso vale circa un terzo del bilancio europeo. All’inizio del suo mandato, nel 2019, Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, ha indicato il “green” come la sua priorità; ma quando si è trattato di disegnare la riforma della pac, ha preso in eredità la vecchia proposta del suo predecessore, Jean-Claude Juncker.

La riforma approvata dall’Europarlamento lo scorso novembre è in realtà una controriforma: nasce vecchia, e anche già bocciata sia dalla Corte dei conti europea che dagli scienziati, perché è poco ambiziosa e sarà fallimentare per la biodiversità, il clima, le sfide socioeconomiche.

«Disastrosa per il clima e l’ambiente, neppure minimamente in linea con gli accordi di Parigi»: così ha bollato la “riforma” Greta Thunberg, che assieme al mondo ambientalista ha chiesto fino all’ultimo di «non votare questa pac».

Le hanno dato retta solo i Verdi, la maggioranza della sinistra europea, e una minoranza di socialdemocratici. Tutto il resto dell’asse politico, dai sovranisti ai liberali, dai conservatori ai popolari, piccoli e grandi, salvo eccezioni individuali si è allineato.

«L’Ue ha preferito le grandi lobby dell’agroindustria», è la conclusione del presidente dei Verdi europei, Philippe Lamberts, che parla di green washing. Tra le rivoluzioni mancate c’è il cosiddetto “capping”, e cioè l’idea di un tetto ai soldi incassati dai grandi proprietari terrieri. 

La dote che questa nuova Pac dovrebbe portare al clima, rispetto alla vecchia, ha il nome di «ecoschema»; ma è anch’essa a metà. L’obiettivo iniziale di dedicare almeno il 30 per cento dei fondi ad attività amiche di clima e ambiente si è ridotto, dopo i negoziati del parlamento con Commissione e governi, a un risicato 25 per cento.

Pesticidi e insetti «fake»

Il tradimento ambientale è proseguito nel corso dei mesi. «Chiediamo di ridurre l’uso di pesticidi chimici», è una delle richieste contenute nel report finale della Conferenza sul futuro dell’Europa. Ma le lobby dei pesticidi, così come quelle dell’agroindustria, sono attivissime e la guerra è diventata l’ultimo alibi per sabotare il Green deal. 

Dopo meno di un mese dall’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina, il commissario Ue all’Agricoltura ha promesso grande «flessibilità» sul modo in cui i governi metteranno in atto la politica agricola comune. Nello stesso periodo, Bruxelles ha rinviato al 22 giugno la proposta sull’uso sostenibile dei pesticidi e quella sui “nature restoration targets”, relativa alla biodiversità, inizialmente attese per il 23 marzo. 

Oltre al danno, per i cittadini europei si aggiunge la beffa: nelle fake news, la loro richiesta di «proteggere gli insetti» si trasforma in «insetti a tavola». Il 6 maggio il Giornale pubblica un articolo di Francesco Giubilei, che oltre a essere presidente della fondazione Tatarella e vicino a Fratelli d’Italia, è anche stato nominato dal governo italiano come membro del comitato scientifico della Conferenza sul futuro dell’Europa.

Conferenza che Giubilei critica nel suo articolo. Sia i conservatori europei, di cui fa parte FdI, che Identità e democrazia, il gruppo sovranista di cui fa parte la Lega, hanno disconosciuto a maggio gli esiti della conferenza e a percorso concluso se ne sono dissociati. «Non si parla di figli, in compenso si parla di protezione degli insetti», scrive Giubilei sul Giornale.

Nel blog “Il Paragone”, la notizia diventa: «Insetti a tavola e addio famiglia tradizionale: come sarà l’Europa». Il blog è stato fondato dal senatore Gianluigi Paragone, che dopo il lontano passato da direttore de La Padania, e quello più recente nel Movimento 5 Stelle, nel 2020 ha fondato “Italexit”. Vuole uscire dall’Ue, sempre che abbia capito bene quale. 

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