Il prossimo martedì 29 giugno, il governo spagnolo approverà la proposta di legge che sviluppa e garantisce i diritti delle persone Lgbt contro ogni forma di discriminazione e regola il diritto al cambio anagrafico del sesso per le persone trans, secondo il principio del libero sviluppo della personalità. Lo ha confermato Pedro Sánchez da Bruxelles, in risposta alla posizione omofoba del governo ungaro. La proposta di legge, che unifica quella sui diritti del collettivo Lgbt e quella sull’eguaglianza delle persone trans, inizierà così il percorso parlamentare contando su una maggioranza probabilmente più ampia di quella progressista che sostiene il governo. In Spagna, 13 Comunità Autonome hanno già una propria legge di riconoscimento dei diritti delle persone Lgbt, la legge statale perciò risponde a una domanda storica di questo collettivo.

La legge spagnola

La proposta di legge, fortemente voluta dal ministero di Pari Opportunità guidato da Irene Montero, prevede un insieme di politiche pubbliche per garantire l’eguaglianza di trattamento per le persone Lgbt relativamente agli ambiti amministrativo, del lavoro, della salute, dell’istruzione, della cultura, dei mezzi d’informazione e della famiglia, a complemento delle legislazioni autonomiche, con la previsione di un sistema sanzionatorio. Il provvedimento regola il meccanismo di protezione effettiva e la riparazione davanti alla discriminazione e alla violenza subìte dalle persone Lgbt, indicando misure specifiche di protezione, con particolare riguardo a quelle minori di età, anziane, disabili e migranti.

Per la prima volta si legifera sulle persone intersessuali, prevedendo il diritto a non soffrire mutilazioni e alla non iscrizione a un sesso determinato nei primi mesi di vita. Così come si modifica il Codice Civile per determinare legalmente la filiazione non matrimoniale di figli di donne lesbiche.

Per quanto riguarda l’eguaglianza reale ed effettiva delle persone trans, la proposta di legge regola la rettificazione all’anagrafe del riferimento al sesso, riconoscendo la volontà liberamente manifestata dalla persona interessata. Ogni persona maggiore di 16 anni, infatti, che non si senta appartenente al sesso inscritto all'anagrafe, è legittimata a presentarsi presso il Registro civile per manifestare il suo disaccordo e chiedere la corrispondente rettifica, senza perciò essere sottoposta ad alcuna altra condizione (chirurgica, cura ormonale, parere medico). Dopo tre mesi, la persona interessata dovrà confermare la scelta. I minori tra i 14 e i 16 anni avranno invece bisogno del consenso paterno.

Si tratta di un passo in avanti fondamentale rispetto alla Legge sull’identità di genere del 2007, che richiedeva come requisiti per il cambio anagrafico di sesso la diagnosi di disforia di genere e il trattamento ormonale. Nella nuova legge, invece, si riconosce l’autodeterminazione del sesso pur senza nominarla espressamente, situando così la Spagna assieme a quei paesi all’avanguardia nel sostenere l'identità di genere autopercepita. In questo modo, le persone trans non verranno più trattate come malate e potranno avvalersi di questo diritto in tutte le Comunità Autonome, che spesso hanno già nella loro legislazione previsioni analoghe.  

Il confronto col ddl Zan

La discussione sul punto relativo al cambiamento anagrafico di sesso per le persone trans, ha comportato diversi mesi di trattativa interna al governo, per l'esistenza di una parte del femminismo legato al partito socialista, contraria al riconoscimento del diritto di autodeterminazione del genere. Perciò, il testo finale fa riferimento all’identità sessuale e non di genere, non riconosce l’esistenza del genere non binario e prevede un doppio passaggio all’anagrafe.

In Italia, il ddl Zan, diversamente dalla proposta spagnola, si concentra soprattutto sul contrasto alla violenza e discriminazione nei confronti del collettivo Lgbt, occupandosi solo all’art. 8  delle misure di prevenzione con l’elaborazione di un’apposita strategia nazionale e non regola il cambiamento anagrafico di sesso per le persone trans. 

Ma il dibattito sull’autodeterminazione del genere presente in Spagna è simile a quello esistente in Italia in una parte del femminismo relativamente al ddl Zan. Che nomina esplicitamente l’identità di genere tra i motivi a fondamento della discriminazione e della violenza esistenti, qualificandola «come identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso». Una definizione peraltro già utilizzata nelle sentenze e nella legislazione di Italia e Spagna, nonché in quella dell’Unione Europea.

 

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