L’Europa cambia rotta: meno fondi a diritti e sviluppo, più soldi a infrastrutture e controllo migratorio. Le Ong lanciano l’allarme: la cooperazione rischia di diventare uno strumento geopolitico: «In gioco ci sono i principi del diritto umanitario»
L’Europa cambia rotta: meno fondi a diritti e sviluppo, più soldi a infrastrutture e controllo migratorio. Le ONG lanciano l’allarme: la cooperazione rischia di diventare uno strumento geopolitico. In gioco ci sono i principi stessi del diritto umanitario.
Negli Stati Uniti il cambiamento è stato repentino: con l’arrivo di Donald Trump a gennaio è iniziato lo smantellamento dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale (Usaid), una strategia che ha ridimensionato fortemente la cooperazione in tutto il mondo. Ma anche in Unione europea le cose si stanno muovendo nella stessa direzione, per quanto il processo appaia lento e meno visibile: non si cancellano contratti, ma si riducono i fondi e si riallocano le risorse.
«Come Ong temiamo che le politiche europee di cooperazione allo sviluppo e i relativi fondi vengano usati come strumenti strategici al servizio della sicurezza, degli interessi economici e geopolitici dell’Unione, anziché per perseguire gli obiettivi propri dello sviluppo. Negli ultimi due anni molti paesi europei hanno ridotto i fondi alla cooperazione e nuovi tagli sono previsti anche per il 2026. A questi si è aggiunto, lo scorso anno, un taglio di 2 miliardi al budget Ue per la cooperazione, riallocato su investimenti infrastrutturali strategici, gestione migratoria e sostegno all’Ucraina», afferma Lavinia Liardo, Responsabile per le politiche Ue e l’advocacy per la Federazione internazionale di Terre des Hommes.
Cambiano le priorità
Questa tendenza alla riduzione dei fondi per la cooperazione allo sviluppo si riflette chiaramente a livello europeo. All’interno del piano finanziario pluriennale dell’Ue 2021-2027, che prevede uno stanziamento complessivo di circa 1.210 miliardi di euro, lo strumento principale per la cooperazione allo sviluppo è il Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument (Ndici - Global Europe), con un bilancio dedicato di circa 79 miliardi. Nell’ottobre 2024 l’Ue ha concluso la revisione di medio termine dello strumento, rivedendo priorità e allocazioni per il triennio 2025-2027.
Il nuovo contesto geopolitico e la crescente competizione per le risorse energetiche hanno spinto Bruxelles a tagliare parte del bilancio destinato agli aiuti allo sviluppo, reindirizzandolo verso investimenti infrastrutturali – tramite il Global Gateway – e la gestione della migrazione, penalizzando settori chiave come la governance democratica, i diritti e lo sviluppo umano. In sintesi, oggi per l’Unione costruire infrastrutture pesa più che difendere i diritti umani. Il taglio complessivo di 2 miliardi di euro al Ndici – pari al 7,5 per cento – è stato applicato in modo non uniforme: le aree di interesse strategico sono state salvaguardate, mentre altre hanno subito decurtazioni significative, secondo le nuove priorità politiche e tematiche dell’Unione.
«I programmi tematici finanziati dal Ndici-Global Europe, che affrontano questioni trasversali come i diritti umani, la democrazia e le sfide globali, hanno subito tagli significativi: Se guardiamo ai programmi per i diritti umani e il sostegno alla democrazia il taglio è stato di 39 milioni di euro, mentre per quanto riguarda i programmi per il mantenimento della pace, stabilità e prevenzione dei conflitti, la perdita è di 25,5 milioni di euro», spiega ancora Lavinia Liardo.
Aiuti a rischio
Altro discorso si pone in materia di aiuti umanitari. La gestione dei fondi in materia di aiuti umanitari è attribuita alla Direzione generale per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (Dg Echo): per l’assistenza umanitaria il budget totale di lungo termine dell’Ue per il periodo 2021 – 2027 è di circa 11,57 miliardi di euro, circa 1, 65 miliardi di euro all’anno, costituendo circa l’1 per cento di tutto il bilancio a lungo termine dell’Unione. Dg Echo non implementa azioni di assistenza umanitaria direttamente, ma li finanzia, assicurandosi che i fondi siano utilizzati in modo responsabile e trasparente.
Nella mission letter di Ursula von der Leyen al Commissario europeo per i partenariati Internazionali, Josef Sikela, con portfolio sulla cooperazione internazionale, vi è anche il compito di costruire «partnership globali con un approccio integrato tra economia, assistenza umanitaria, lo sviluppo, la pace e la sicurezza».
«Nessuna informazione trapela in merito, ma questo “approccio integrato” fa temere che la Commissione europea, nel prossimo piano finanziario pluriennale Ue 2028-2034 – la cui proposta è attesa nei prossimi mesi – possa ipotizzare una “fusione” tra i fondi allo sviluppo e quelli per l’assistenza umanitaria. Una prospettiva preoccupante, perché si tratta di strumenti con obiettivi distinti, e un simile approccio rischierebbe di compromettere i principi di neutralità, imparzialità e indipendenza dell’azione umanitaria nelle zone di conflitto», conclude Liardo.
Insomma, sì agli aiuti, ma a condizione che servano gli interessi dell’Unione. Anche a costo di ignorare principi e regole internazionali.
© Riproduzione riservata



