L’Europa ha avuto un anno per prepararsi all’inverno che sarà, invece ora saremo noi a doverci preparare a una nuova ondata di austerità. È dallo scorso autunno, prima ancora che la Russia invadesse l’Ucraina, che alle porte di Bruxelles arrivano sollecitazioni per tenere sotto controllo i prezzi dell’energia. Ora che il mix di tagli alle forniture russe e inflazione fa presagire mesi critici, Bruxelles che fa? Lascia a noi la possibile soluzione del problema.

“Risparmiate gas per un inverno sicuro” è il titolo della proposta che la Commissione europea ufficializzerà mercoledì, e la cui bozza è già filtrata. Le blande linee guida non toccano il nodo prezzi, né impongono vincoli stringenti, ma confidano nella «riduzione della domanda».

È quella che il presidente francese Emmanuel Macron lo scorso giovedì ha battezzato come «sobrietà energetica», ed è in sostanza la nuova austerità. Ma come ogni austerity, dalla crisi finanziaria a oggi, è congegnata per tutelare i grandi interessi economici, in questo caso le industrie, che possono puntare pure a compensazioni finanziarie, mentre non impone vincoli tali da ridurre gli squilibri in corso. Le destre populiste d’Europa sono già pronte da mesi, a cavalcare gli effetti delle lentezze europee su bollette e dintorni. C’è di più: il “piano d’inverno” della Commissione, a furia di deroghe ai vincoli climatici, ha anche dannosi contraccolpi sul fronte ambientale.

Perché serve un piano

Con Save gas for a safe winter, Bruxelles lancia le sue linee guida per ridurre la domanda di energia. Questa proposta arriva in un frangente particolare: viene messa sul tavolo il 20 luglio. Il 21 è la data nella quale, in teoria, avrebbe dovuto riaprire Nord Stream, il gasdotto bloccato dall’11 luglio, ufficialmente per lavori di manutenzione. Il governo tedesco aveva espresso dubbi sul fatto che la Russia avrebbe riaperto le forniture, e le più recenti dichiarazioni di Gazprom, che dice di «non poter garantire» il gas, confermano che Mosca utilizza la leva energetica come strumento di ricatto.

Dal primo luglio è in vigore il regolamento europeo sugli stoccaggi, lanciato da Bruxelles a marzo per assicurarsi che gli stati membri riempiano le riserve: l’obiettivo Ue è avere i depositi di gas europei pieni almeno fino all’80 per cento entro il primo novembre. Ma oltre a Nord Stream bloccato, «è dallo scorso anno che le forniture russe sono diminuite, in un tentativo deliberato di usare l’energia come arma politica», scrive la Commissione. Mentre l’offerta da Mosca si riduce, mettendo alla prova la capacità di fare scorta, al contempo i prezzi sono saliti. Il nodo non è solo quanto gas ci accaparriamo, ma pure con quale costo. «La riduzione dell’offerta ha portato a prezzi alti e volatili come non mai, contribuendo all’inflazione e creando il rischio di recessione». Dietro le decine di pagine della comunicazione di Bruxelles, c’è un presupposto: quello attuale non è uno scenario imprevisto, né imprevedibile. Eppure ci sono passi che la Commissione tuttora non fa, e altri che ora intraprende, ma non in modo vincolante.

Perché il piano è inadeguato

Quello che Bruxelles non fa è intervenire sulla determinazione dei prezzi. Avrebbe potuto? Sì, almeno in due modi. Il primo è riformare il mercato dell’elettricità perché, per come è strutturato oggi, il prezzo più alto del gas “contagia” quello di altre fonti energetiche più economiche, rinnovabili comprese. Il secondo è mettere un tetto ai prezzi delle importazioni, una proposta-bandiera del governo italiano rimasta però arenata per mesi, e tuttora rinviata all’autunno. Non per farla, ma per valutarla.

Ciò che l’Ue sta provando a fare in questi mesi è puntare a fonti alternative ai combustibili fossili russi, e favorire iniziative coordinate. Ma iniziative come gli accordi per importare gas naturale liquefatto non bastano, Bruxelles dice che bisogna «prevenire e mitigare il rischio di una completa interruzione delle forniture di gas russo». Il punto è come e quando sceglie di farlo. «Il piano della Commissione Ue – dice Jutta Paulus, eurodeputata verde che si occupa di energia – non è sufficiente né per evitare una crisi quest’inverno, né tantomeno per coordinare davvero gli stati membri. Suggerir loro di dare l’esempio, magari moderando le temperature degli edifici pubblici, non è quella che chiamerei un’iniziativa stringente».

L’austerità e i suoi squilibri

Bruxelles propone ai paesi europei linee guida, quindi il piano d’inverno è di per sé aleatorio. Se poi si analizzano le linee guida, è interessante anche capire su chi ricadono i costi della «riduzione della domanda», e cioè dei consumi. «Maggiore è la sforbiciata fatta per scelta volontaria, minore è il bisogno di imporre tagli all’industria», dice la bozza. Salvaguardare l’industria è la bussola della Commissione, che l’ha anche consultata per stendere la sua proposta. Bruxelles suggerisce ai governi di imporre tagli ai consumi negli edifici pubblici (non più al caldo di 19 gradi, non più al freddo di 25), spera anche nell’imposizione di limiti di temperatura o orario per l’uso domestico di gas, invita a fare campagne di sensibilizzazione, insomma spera nella «sobrietà», per dirla con Macron, a livello individuale e per gli edifici pubblici. Giovedì Macron ha preannunciato un «piano per la sobrietà» in Francia che si incardina proprio sul «nostro senso di responsabilità per ridurre i consumi». E le imprese? «Proteggere l’industria» è l’obiettivo dichiarato del piano. Bruxelles propone di dare alle imprese «incentivi» se passano a combustibili alternativi. Suggerisce anche «compensazioni se riducono i consumi».

Mentre la comunicazione della Commissione non è risolutiva, anche perché non obbliga, ma suggerisce ai governi, intanto lo scenario che disegna è quello di tagli per il pubblico, buon senso individuale e compensazioni economiche per le imprese. Indirettamente, mette in conto a tutti noi più costi ambientali. La Commissione consente deroghe alla direttiva sulle emissioni industriali, insomma «i limiti possono essere sforati se è per preservare le forniture energetiche». Inoltre, se per staccarsi dal gas si utilizzano fonti inquinanti come il carbone, «la sicurezza energetica prevale» sui vincoli ambientali. Mentre il municipio della nostra cittadina sarà meno riscaldato, le imprese potrebbero ritrovarsi sussidiate se invece del gas usano il carbone.

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