Eccoci di nuovo insieme, Europa!
Siamo alla cinquantasettesima edizione dello European Focus!
Sono Anton Semyzhenko, il caporedattore di questa settimana, e ti scrivo da Kiev.
Era chiaro già da prima che iniziasse: il 2024 non sarà un viaggio facile. Con tutte le sfide, le elezioni e le diverse guerre, non possiamo fare altro che allacciarci le cinture e sperare che questo treno non si schianti entro la fine dell’anno.
E se gli adulti sentono in maniera insolitamente forte di aver quasi perso il controllo, immaginate quanto sia grave la situazione per uno dei gruppi più vulnerabili della società: gli adolescenti. Forse non hanno molte possibilità di gestire la propria vita, ma seguono le notizie.
Anche se non riescono a trovare sempre le parole giuste, spesso percepiscono che il mondo è nei guai e che la loro vita sarà dura.

Si rendono conto che se combattiamo per gli interessi di diversi esseri umani, non prestiamo abbastanza attenzione agli interessi cruciali per l’umanità intera, specialmente nel momento in cui il pianeta continua a scaldarsi.
In questo numero parliamo degli adolescenti in Europa e di come stiano cercando di gestire le sfide che si impongono alla nostra mente, quelle ecologiche, politiche, e quelle legate alla sicurezza; tutte sfide che ricevono da noi in eredità.
Anton Semyzhenko, caporedattore di questa settimana


COME PROTEGGI TUA FIGLIA NEL PIENO DI UNA GUERRA?

Maria con la sua sorellina Sofia nei dintorni di Kiev nella primavera 2023

KIEV - Pochi giorni prima dell’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina, mia figlia Maria ha compiuto tredici anni. Abbiamo festeggiato in un ristorante nel centro di Leopoli. Un tipico compleanno con torta, palloncini, regali, con l’unica differenza che noi genitori sapevamo che la guerra sarebbe iniziata entro pochi giorni, mentre Maria no.
Proteggere i più piccoli
Pensavamo che fosse possibile proteggere una bambina dalla guerra semplicemente isolandola dalle notizie relative alla minaccia, per poi proteggerla dai bombardamenti. Dopo poche settimane, lei e io siamo partite per la Francia per andare a trovare dei nostri cari amici francesi.
Nel giro di due mesi Maria ha fatto ritorno a Kiev, in una città che era stata sotto assedio e aveva sofferto per via dei continui bombardamenti. È stata una sua decisione consapevole.
Vite sconvolte
In Francia era diventato chiaro a entrambe che i confini geografici in realtà ci avevano salvate dalla guerra solo fisicamente. Nella nostra testa abbiamo vissuto ogni bombardamento e ogni omicidio. Ma da lontano ci sentivamo in colpa per non essere in Ucraina, vicino alla nostra gente.
Un paese invaso è un brutto posto in cui vivere per chiunque, ed è assolutamente terribile per un adolescente che cerca di trovare la propria strada nel mondo. Quando tutto sembra essere contro di te, la guerra distrugge le ultime roccaforti.
Le sue fortezze
Ma Maria fa affidamento su alcune fortezze che non possono essere abbattute dai missili.
Innanzitutto, crede nella vittoria. Non si tratta di semplici parole: ha deciso di diventare un medico e di iscriversi alla facoltà di Medicina per curare, proteggere e salvare le persone dopo la vittoria dell’Ucraina. Lo studio occupa quasi tutto il suo tempo.
In secondo luogo, rimane vicina ai suoi cari che non possono e non vogliono lasciare l’Ucraina. La guerra distrugge ogni giorno molte famiglie, e tenere insieme la sua è molto più importante che avere una vita pacifica in un paese vicino.
La casa come fulcro
Infine, Maria semplicemente passa la sua vita a casa. Se le chiedete quali sono i giorni più felici della sua vita, vi risponderà senza esitazione: la nascita di sua sorella un anno e mezzo fa e il giorno in cui è tornata dalla pacifica Francia.
Per capirla, dovete solo immaginare una volta (e quasi credere) che il posto in cui siete cresciuti è scomparso per sempre, per poi ritornare nella vostra camera da letto.
Katerina Kobernyk è cofondatrice e direttrice di Babel.ua


PER I FIGLI DELLA GUERRA IL TRAUMA RESTA

Tetovo, in Macedonia del Nord, era sotto assedio durante il conflitto del 2001. Mentre le forze di sicurezza erano all’interno della città, i ribelli di etnia albanese occupavano le posizioni sulle colline vicine. Foto Elion Jashari, Unsplash

SKOPJE - «Avevo dieci anni quando è scoppiata la guerra. All’inizio ho scambiato gli spari per petardi. Ma presto non ci sono stati più dubbi su quello che stava succedendo, perché la nostra casa si trovava letteralmente al centro della linea del fronte.
Ricorderò sempre il terrore della prima bomba esplosa nelle vicinanze. Il modo in cui la nostra casa ha tremato e le finestre in frantumi. Non dimenticherò mai il grido bestiale del soldato ferito, trascinato lungo la nostra strada dai suoi compagni.
Continuavo a immaginare di essere fatta a pezzi da un’esplosione. Il pensiero che ciò potesse succedere ai miei genitori o a mia sorella mi faceva sentire ancora peggio. Dopo un mese, quando siamo stati evacuati, non ero più la stessa ragazza. Ho iniziato a balbettare e a soffrire di episodi di ansia intensa.
Ora ho 34 anni. Devo ancora affrontare momenti di ansia. Durante il conto alla rovescia per l’anno nuovo, quando sento i fuochi d’artificio mi blocco. Sembrano esplosioni. E non mi piacciono nemmeno i tuoni.»
La guerra ha raggiunto la piccola Emilija nel marzo del 2001. Non aveva idea del motivo per cui la sua città di Tetovo, in Macedonia del Nord, fosse stata assediata, né quale fosse il significato dell’insurrezione armata. Ora lo sa.
Siniša-Jakov Marusic è un giornalista di Balkan Insight ed è specializzato in giustizia di transizione


L’EFFETTO DI AUSTERITÀ E COVID: SOLITUDINE COLLETTIVA

Quasi la metà degli abitanti della Gran Bretagna dichiara di soffrire di solitudine. In foto, un’insegna stradale a Pulham St Mary

LONDRA - Secondo Campaign to End Loneliness, nel 2022 il 49,63 per cento degli adulti in Gran Bretagna – dunque quasi la metà di loro – ha dichiarato di sentirsi solo, che ciò sia avvenuto occasionalmente, a volte, spesso, oppure sempre. Inoltre 3,83 milioni di persone hanno dichiarato di soffrire di solitudine cronica.
Nel novembre del 2023, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato la solitudine una minaccia globale. Nel Regno Unito la solitudine nella società è aumentata dopo la pandemia.
Il governo dell’ex prima ministra Theresa May ha istituito il ministero della Solitudine nel 2018, mettendo in atto le raccomandazioni della commissione sulla solitudine di Jo Cox – una commissione interpartitica istituita nel 2016 dalla deputata laburista assassinata quello stesso anno – e, nonostante quel ministero abbia realizzato delle ricerche sulla solitudine e abbia avviato delle strategie per mitigarla, non si può affatto dire che il suo lavoro sia stato esaustivo.
Non è stato afferrato né compreso l’impatto delle politiche di austerità e della crisi del costo della vita sulla coesione sociale delle comunità e degli individui, e sulla salute mentale in generale.
Questa lacuna appare evidente nelle linee guida della recente campagna del governo britannico volta a combattere la solitudine nelle università. Si tratta di linee guida così vaghe che non tengono conto delle spese universitarie degli studenti e delle relative disuguaglianze, dal momento che il 55 per cento degli studenti svolge un lavoro retribuito per potersi permettere gli studi (e nel 2022 quel dato era al 45 per cento).
Negli ultimi 14 anni, i governi conservatori hanno continuato a mettere in pratica misure di austerità, colpendo gli individui più vulnerabili della società e portando alla chiusura di diversi punti di ritrovo delle comunità, dai campi da gioco ai centri sociali e alle biblioteche.
Il discorso sull’impatto della solitudine nel Regno Unito non può ignorare oltre un decennio di tagli al welfare, né le conseguenze che ciò ha avuto sulla società, tra le quali va incluso l’impatto sulla salute mentale.
Minimizzare i problemi di salute mentale non è la risposta a questi problemi. Mentre il paese si prepara alle elezioni del prossimo autunno, tocca alle organizzazioni no profit e ai movimenti dal basso avviare le discussioni e sostenere delle campagne future che prendano in considerazione i danni subiti dal tessuto della società britannica, andando oltre narrazioni sterili, slogan e pie illusioni.
Angelo Boccato, freelance londinese, ha scritto per CJR e The Independent


OMBRE NERE SUL FUTURO

Manifestazione contro l'estrema destra di Afd a Berlino a metà gennaio. Foto Ansa

BERLINO - Mercoledì scorso, la ricerca condotta dal centro di inchiesta Correctiv ha gettato nello scompiglio e nell'inquietudine la famiglia di Gilda Sahebi, una affermata giornalista tedesco-iraniana.
Correctiv è venuto a conoscenza di un incontro tra i massimi politici del partito di estrema destra AfD, ricchi uomini d’affari e attivisti fascisti, tra i quali c’era Martin Sellner del Movimento Identitario Austriaco (Ibö).
Secondo quanto riferito, Sellner ha presentato un cosiddetto “piano generale” volto a deportare milioni di persone fuori dalla Germania - sia migranti che cittadini tedeschi - nel caso AfD arrivasse al potere.
Proprio come ha fatto Gilda Sahebi, molte persone preoccupate hanno raccontato sui social media le proprie storie, e di come potrebbero diventare un bersaglio del piano di deportazione dell’AfD.
Il 2024 sarà cruciale: ci saranno le elezioni in tre stati federali tedeschi. In tutto ciò, l’AfD è in testa ai sondaggi. In Turingia Biörn Höcke, considerato estremista persino in seno all’AfD, potrebbe diventare l'uomo al governo.
Milioni di persone hanno ragione di preoccuparsi.
Teresa Roelcke è una cronista di Tagesspiegel


L'INAZIONE SUL CLIMA INQUIETA I PIÙ GIOVANI

Andreu Escrivá, il nostro intervistato. Foto di Kike Taberner

MADRID - I ragazzi sono preoccupati per lo stato del pianeta nel 2100, e le previsioni climatiche dicono che le cose non andranno bene. Andreu Escrivá, ambientalista e autore di diversi libri sul tema, dà consigli su come affrontare quest’ansia climatica.
Un rapporto presentato in parlamento riferisce che ben l’82 per cento di giovani spagnoli è stato toccato dall’ansia ecologica. In che modo colpisce le nuove generazioni?
Sul tema i dati a disposizione sono pochissimi. Ci sono diversi studi sulla preoccupazione per le questioni climatiche, ma la maggior parte di essi non è divisa per età o non prevede una domanda specifica sull’effetto psicologico. Sarei molto cauto: tutti sono d’accordo sul fatto che il clima vada tutelato, ma il problema sembra essere quello di capire come cambiare il nostro comportamento.
Tuttavia, l’esperienza dimostra che la preoccupazione per il clima sta crescendo, e a essere più preoccupati sono i giovani e, curiosamente, gli anziani. Forse sarà possibile stringere alleanze intergenerazionali.
Come si manifesta l’ecoansia tra i giovani?
Sotto forma di frustrazione, rabbia, paura. Ci sono due tipi di sintomi: l’ansia e il disagio provocati dalla visione del futuro verso il quale ci stiamo dirigendo, e l’ansia per il fatto che, nonostante il cambiamento climatico sia un problema enorme che richiede un’azione globale e immediata, non si fa niente di concreto.
Il secondo tipo è più comune tra i giovani. Secondo loro, la situazione dovrebbe essere vista come un problema globale, ma l’enfasi viene posta sui comportamenti individuali, specialmente nel caso della generazione più giovane. La storia del cambiamento climatico sarà la storia delle loro vite.
Ma quello che mi preoccupa di più è che tutto ciò possa generare apatia e la sensazione che “non ci sia niente da fare”.
Come aiutare i giovani sull’ecoansia?
Proprio oggi mi ha contattato una ragazza che sta scrivendo la sua tesi, sinceramente preoccupata sul da farsi. Ha scritto al governo spagnolo e ad altre istituzioni. Non ho risposte perfette, ma consiglio di fare tutto in maniera collettiva. Per eliminare l’individualismo dei sensi di colpa per il cambiamento climatico.
Quando le tue forze sono allo stremo, non hai fallito, perché hai dei compagni che la pensano allo stesso modo e che continueranno a lottare. E viceversa.
Alicia Alamillos scrive di notizie internazionali per El Confidencial


Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva info@europeanfocus.eu se vuoi mandarcela in inglese, oppure a francesca.debenedetti@editorialedomani.it
Alla prossima edizione! Francesca De Benedetti


(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti)

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