Quante fratture nella società francese oltre a quella tra centri e periferie di cui in questi giorni vediamo gli effetti. Si intersecano, si sovrappongono, o sono scisse l'una dall'altra. E hanno il comune denominatore di sfociare nelle violenze di piazza.

Dopo una notte che le autorità hanno definito più «tranquilla», l’Eliseo ha convocato una riunione d’emergenza, in seguito all'attacco all'abitazione del sindaco di L'Haÿ-les-Roses, nella Val-de- Marne.

Domani a mezzogiorno manifestano tutti i primi cittadini, mentre un agente di polizia, raggiunto da un colpo di pistola, è stato salvato dal suo giubbotto anti-proiettile, nella notte tra venerdì e sabato, a Nimes. «Fermatevi, non distruggete», ha chiesto ai manifestanti furiosi la nonna di Nahel, il diciassettenne ucciso da un poliziotto la cui morte ha dato il via agli scontri.

La storia

La Francia ribolle ancora. E non deve stupire. Questo è il Paese dove è nato il dualismo destra-sinistra, la contrapposizione tra giacobini e girondini, dove è stata tagliata la testa a un re, dove sono iniziati negli ultimi due secoli quasi tutti i movimenti di massa che hanno infiammato il pianeta, come il Maggio 68.

La crisi economica provocò la Rivoluzione del 1789 dopo la quale niente sarebbe stato più lo stesso. Ed è l'economia la base sulla quale si sono innestate le sommosse da sette anni a questa parte, subito dopo l'illusione della ritrovata unità nazionale in contrasto al mostro del terrorismo jihadista che aveva insanguinato Parigi.

Le notti in piedi

Era il 31 marzo 2016 quando la place de la République fu occupata da un movimento che si sarebbe chiamato “La nuit debout”, la notte in piedi, contro la Loi travail, la legge sul lavoro del premier Manuel Valls e del presidente Francois Hollande, agli sgoccioli del suo mandato. Una sorta di jobs act in salsa transalpina ricalcato sull'esempio dell'analoga norma di Matteo Renzi.

Trascinò per mesi in manifestazioni anche oceaniche persone di tutte le età e le classi sociali contro un governo, peraltro socialista, che restringeva i diritti e precarizzava il lavoro: come e forse più degli italiani i francesi erano e solo gelosi del proprio welfare e indisponibili a rinunciare a diritti conquistati in decenni di lotte. L'esecutivo dovette far ricorso all'articolo 49 comma 3 della Costituzione (corrisponde grosso modo alla nostra fiducia) per farla passare nonostante l'ostilità del 70 per cento dei cittadini. Fu una protesta sostanzialmente incruenta, dilagò in altri stati europei con problemi simili e creò una profonda sfiducia nel popolo verso i governanti.

Gli anni di Macron

Dopo Hollande, ai minimi di popolarità a causa proprio di quella legge, nel 2017 toccò a Emmanuel Macron sedere all'Eliseo. Veniva dalle aborrite élite, era stato un banchiere, ma aveva garantito di voler correggere le disuguaglianze (promessa non mantenuta) soprattutto era l'ultimo argine per contrastare l'ascesa al potere di Marine Le Pen, allora uno spauracchio oggi molto meno.

La luna di miele del giovane presidente non ancora quarantenne durò assai poco e il suo credito di fiducia si infranse su uno dei primi provvedimenti, con cui tolse la tassa sui grandi patrimoni voluta da Mitterrand. Proprio la reintroduzione di quella tassa, tra l'altro, animò dal novembre del 2018 la rivolta dei “Gilet gialli”, l'altra faccia del dissidio città-campagna, con cui simpatizzarono i 5 stelle e soprattutto Luigi Di Maio.

Il pretesto fu l'aumento del prezzo del carburante, nel nome di una transizione ecologica vissuta come l'ennesimo favore ai cittadini, soprattutto parigini, che possono permettersi di non usare l'automobile perché hanno a disposizione mezzi pubblici efficienti, autobus, metropolitane, Rer, treni ad alta velocità.

Mentre in campagna il ceto medio impoverito è obbligato a consumare carburante per ogni necessità impellente visto che i progressivi tagli al budget hanno provocato la chiusura di molti rami ferroviari minori, ospedali, stazioni della gendermeria. Per diciotto settimane, fino alla primavera si sono susseguiti cortei di sabato pomeriggio, il momento dello shopping, accompagnati dalla devastazione delle vetrine dei negozi, scontri con la polizia, blocchi stradali che hanno paralizzato la mobilità. Il prezzo: dodici morti in piazza, 1843 feriti tra i manifestanti e 1048 tra le forze dell'ordine, quasi cinquemila arresti. Nella Francia prostrata dai disagi il governo si risolse alla fine a mediare e i rivoltosi ottennero una moratoria di sei mesi sull'aumento dei prezzi, cento euro in più per il salario minimo, l'eliminazione delle tasse sugli straordinari e sui bonus di fine anno.

È cominciato peggio il secondo mandato di Macron, rieletto nel 2022. La riforma che ha innalzato l'età pensionabile da 62 a 64 anni rientrava nei suoi progetti ed è probabilmente indispensabile per tenere in equilibrio il sistema ma è indigeribile in un Paese prostrato dai troppi sacrifici scaricati soprattutto sui meno abbienti. Per approvarla si è fatto ricorso di nuovo all'articolo 49.3, dato che in parlamento esiste una maggioranza contraria formata da tutte le opposizioni di destra e di sinistra. Sarà operativa da settembre e fino a giugno si sono susseguiti scioperi e cortei di coloro che non si rassegnano. Giugno, il mese scorso. Poi, come in un'ideale staffetta dello scontento, l'omicidio di Nahel, e le banlieue che hanno scatenato la guerriglia.

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