La partita è chiusa, il gasdotto Nord Stream 2 si farà, e alle condizioni di Berlino. Secondo quanto è filtrato prima della conferma ufficiale dell’accordo con Washington, la Germania si impegnerà a compensare qualsiasi perdita che l’Ucraina potrebbe incorrere da qui al 2024 nel caso la Russia decidesse di sospendere il rifornimento di gas attraverso il territorio ucraino.

Berlino fornirà anche un credito di 50 milioni di euro per la transizione energetica in Ucraina, con l’obiettivo di diminuire la dipendenza di Kiev dalla fornitura di gas russo. La Germania si impegnerà infine a considerare nuove sanzioni nel caso il provi a ricattare gli ucraini minacciando di chiudere il proverbiale rubinetto.

Il principale fine del gasdotto è quello di creare una linea di rifornimento energetica che colleghi la Russia all’Unione europea scavalcando l’Ucraina. Una via alternativa verso occidente permetterebbe a Mosca di interrompere i rifornimenti energetici di Kiev senza mettere a repentaglio i rapporti con i clienti nell’Ue, come invece era successo nel 2009. Il percorso alternativo aumenterebbe ulteriormente la dipendenza energetica europea – e tedesca in particolare – dalla Russia, complicando reazioni contro ingerenze o addirittura un’escalation militare nel vicinato orientale.

Molti elementi suggeriscono che i termini definitivi dell’accordo tra Mosca e Berlino siano stati negoziati sulla pelle di Kiev. La promessa tedesca di sopperire a eventuali perdite budgetarie, fondamentali per la coesione economica ucraina è un fattore che dipenderà totalmente dalla buona volontà del prossimo governo federale. I crediti per la transizione energetica sono troppo bassi per fornire un’alternativa al gas russo.

Infine, Ns2 renderà meno urgente qualsiasi tipo di intervento a protezione dell’Ucraina e delle sue infrastrutture energetiche, continuando comunque a finanziare uno dei pilastri del sistema di potere putiniano, il monopolista Gazprom.

La strategia

Accettando Nord Stream 2 in cambio di una magra contropartita che si concretizza in questa vaga promessa di protezione di Kiev, Washington ha segnalato l’intenzione di puntare tutto sull’alleato tedesco, una strategia definita da un funzionario dello State Department come “l’europeizzazione della politica estera tedesca”. In poche parole, la posizione di forza tedesca all’interno dell’Ue impone agli Stati Uniti di orientarsi primariamente sugli interessi e le preferenze di Berlino, anche a scapito di altri alleati nella regione. A perderci sarà soprattutto la Polonia, che durante l’amministrazione Trump si era imbarcata in una serie di scontri politici con la Germania consapevole di avere un potente garante oltreoceano. Lo sviluppo può essere a ragione considerato un’ultima vittoria della politica estera merkeliana. Al contrario degli Stati Uniti, Merkel (e l’establishment politico berlinese) ha sempre cercato di evitare un taglio netto nei rapporti con Mosca. Il gas è considerato una risorsa-ponte nella strategia di decarbonizzazione tedesca, che in un primo momento dovrà concentrarsi sull’eliminazione delle centrali a carbone.

Le tensioni fra occidente e oriente hanno anche rafforzato le voci di chi, temendo ulteriori crisi, si è impegnato affinché avvenisse un “dialogo a ogni costo” con Mosca, sperando che ciò basti per fermare ulteriori escalation da parte del Cremlino. Le forze politiche opposte a questa linea, come i Verdi, dovranno darsi parecchio da fare per neutralizzare un’infrastruttura che influenzerà la politica tedesca negli anni a venire. Merkel ha messo a rischio i propri rapporti con alleati storici: gli Stati Uniti, per l’appunto, ma anche la Francia di Macron, la cui perplessità sul progetto è stata fonte di forti tensioni bilaterali a inizio 2021. La concessione americana, per quanto arrivi tardi, giustificherà però l’ostinazione di Berlino. Resta da vedere che insegnamenti ne trarrà il prossimo governo.

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