Più che un Consiglio europeo, per ora il vertice previsto per giovedì e venerdì è una lista di desiderata per Mario Draghi e di disillusioni per Emmanuel Macron. Nel suo intervento in aula al Senato, il premier italiano formula una versione tutta sua dell’agenda del Consiglio. Per ora «gli aiuti a famiglie e imprese colpite dalla crisi», presentato assieme alle «ricadute energetiche» come uno dei punti cardine dell’agenda del summit, non figura né in agenda né nella bozza del documento finale stesa assieme ai governi a inizio settimana; e la stessa cosa vale per il tetto ai prezzi del gas che Draghi invoca invano da mesi. Esiste un’agenda informale quindi, oppure Draghi è assai ottimista sulla propria capacità di far slittare la discussione.

Se c’è qualcosa su cui Chigi detta effettivamente l’agenda, in questi giorni, è l’adesione dell’Ucraina all’Ue: pure il re dei veti, Viktor Orbán, si è espresso a favore sullo status di candidata. Il Consiglio di questa settimana punta tutto sull’allargamento, e Macron spinge il suo progetto di «comunità politica». Ma mentre l’Ue disegna le sue estensioni, nel frattempo i governi mandano in soffitta la riforma dei trattati. Il vertice del 23 e 24, a giudicare dalla bozza che fotografa lo stato attuale delle volontà politiche, muoverà l’Ue verso ulteriori supporti militari a Kiev, spingerà sui fondi per la ricostruzione, ma darà risposte blande ai problemi interni all’Europa, a cominciare dalla riforma della sua governance.

La retromarcia di Macron

Macron doveva essere il presidente del futuro dell’Europa. La stessa conferenza sul futuro dell’Europa, protrattasi per oltre un anno, era stata concepita non solo come processo di coinvolgimento dei cittadini, ma come rito preparatorio per garantire alla presidenza di turno francese un trofeo. E invece la presidenza si chiuderà con il progetto per riformare i trattati che finisce relegato in un angolo, rinviato e chissà, magari dimenticato oppure ripensato al ribasso. Non che non sia d’attualità: pandemia e guerra hanno di fatto già spinto in nuove direzioni il disegno istituzionale, e il problema dell’uso tattico del potere di veto di paesi come l’Ungheria ha imposto una riflessione sull’unanimità. Ma a quanto pare per ora i governi preferiscono chiudere gli occhi.

La bozza delle conclusioni del Consiglio europeo, nella versione arrivata questo martedì sul tavolo dei ministri Ue agli affari europei, non sdogana la convenzione, che è il prodromo per la riforma dei trattati. Dice che «il Consiglio prende nota delle proposte della Conferenza sul futuro dell’Europa: è stata un’occasione unica di coinvolgimento dei cittadini». Ma a cosa è servito questo processo di ascolto? «Serve un follow-up», insomma teniamoci aggiornati, dicono i governi. Peccato che il parlamento Ue abbia chiesto, con tanto di risoluzione, che il Consiglio desse il via alla convenzione; e dire che per farlo non serve neppure l’unanimità dei governi, basterebbe la maggioranza semplice.

A Strasburgo, Macron aveva promesso di mettere il tema in agenda in questo Consiglio; ma, preso anche dalle beghe nazionali, ha dimenticato di metterci anche il peso politico. Il percorso per una convenzione è del tutto affossato? «La Francia aveva l’apertura». Usa l’imperfetto, Clement Beaune. Il fido ministro degli Affari europei di Macron ha guidato questo martedì l’ultimo Consiglio Ue affari generali sotto presidenza francese. «L’idea di una convenzione scatena reticenze. Alcune modifiche del resto non richiedono la riforma dei trattati».

L’Europa allargata

Da una parte i leader rinviano il tema cruciale della governance interna, dall’altra pensano a come proiettare l’Ue verso fuori. Non a caso questo martedì Draghi in aula ha appuntato che «l’allargamento comporterà una riflessione profonda sulle regole», ma il suo riferimento a una conferenza intergovernativa non basta a far pensare che i leader alla fine sosterranno la convenzione. Tutto il peso politico, l’Eliseo adesso lo mette sul progetto di «comunità politica».

La spinta prima dell’Italia, poi di Francia e Germania, per assegnare lo status di candidata all’Ucraina ha dato peso politico a questa linea: dopo il parere positivo della Commissione, ora serve l’unanimità dei governi e «un consenso si sta formando», dice Beaune. Del resto persino Viktor Orbán, che in fase elettorale definiva Volodymyr Zelensky un oppositore, questo martedì gli ha parlato al telefono e ha comunicato il sì dell’Ungheria. Dal Consiglio ci si aspetta quindi un passo avanti. L’insistenza, nella bozza, anche sul futuro dei Balcani occidentali riflette la presa in carico delle priorità politiche tedesche, mentre il fatto che il progetto di «comunità politica» sia in testa alla bozza indica su cosa ha investito davvero Macron. Il capitolo si intitola «Wider Europe», Europa allargata. In realtà molti interrogativi restano: «Cosa, chi e come?», i paragrafi da riempire. A ogni modo «il Consiglio discute il lancio di una comunità politica europea – dice la bozza – per fornire una piattaforma di coordinamento politico ai paesi europei». Beaune insiste: non è un’alternativa al percorso di adesione ma «costruisce rapidamente un campo politico» per far sentire subito in famiglia paesi come l’Ucraina.

Le armi e l’energia

Nella bozza del Consiglio non c’è alcun riferimento al tema dei prezzi dell’energia, che del resto non figura in agenda. Nel giorno della visita in Ucraina – e dei tagli di Mosca alle forniture energetiche – Draghi ha detto che i ricatti (le «bugie») della Russia sul gas, e gli ulteriori aumenti dei prezzi, sono un ennesimo argomento a supporto della sua proposta di un tetto ai prezzi: «L’Italia fa questa proposta da mesi, ora acquista più forza» in vista del Consiglio europeo. Dunque introdurrà il tema durante il vertice. Da mesi Consiglio e Commissione tergiversano, mentre vanno spediti sul tema armi. Anche in questo Consiglio è previsto un pronunciamento: «L’Ue rimane fortemente impegnata a fornire ulteriore supporto militare per aiutare l’Ucraina a esercitare il suo diritto all’autodifesa contro l’aggressione russa. Il Consiglio dà mandato a lavorare a un aumento del supporto militare».

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