Torna, Robert Fico, in Slovacchia. Torna perché ha di nuovo il futuro del paese in mano, essendo uscito dalle elezioni di sabato con il risultato migliore fra tutti: non certo una maggioranza, ma il partito (Smer) con maggioranza relativa perché ha un ventitré per cento che gli altri si sognano, ridotti a stelle sparse di una galassia che è il passato a guidare. Fico torna come sono tornati l’autocrate ungherese Viktor Orbán, premier dal 1998 al 2002 e poi ininterrottamente dal 2010 a oggi, o il Berlusconi di Praga, Andrej Babiš, accentratore di poteri politici ed economici, entrato e uscito dai governi, compreso il suo dal 2017 al 2021, e tuttora un’ombra che aleggia sulla politica ceca. 

Il ritorno di Fico

Robert Fico aveva dovuto andarsene per una ragione precisa, e non si può non pensarci con cupezza oggi che lui festeggia la sua vittoria: l’assassinio di Jan Kuciak, il giornalista slovacco che stava indagando sui rapporti torbidi tra potenti uomini d’affari del paese, servizi segreti slovacchi e sfera politica, e che è stato assassinato a soli 27 anni assieme alla fidanzata Martina Kušnírová. 

Era il 2018, e il ritrovamento dei due corpi freddati a colpi di pistola, in un villaggio a un’ora di macchina dalla capitale, Bratislava, portava in quel momento l’opinione pubblica a una brusca sveglia: un giornalista ucciso, perché indagava il potere. Le proteste che sono seguite hanno costretto Robert Fico alle dimissioni. Aveva già il paese in mano: lo aveva governato dal 2006 al 2010, ed era tornato al potere nel 2012 con oltre il 44 per cento di voti, prendendosi l’ennesimo mandato anche nel 2016. Ma a marzo 2018 aveva dovuto restituire le chiavi del palazzo di governo.

Da Kuciak a Putin

I lavori del giornalista ucciso, compresa un’inchiesta pubblicata postuma nella quale Kuciak enucleava i legami tra la ‘ndrangheta e uomini di fiducia del premier, avevano risvegliato il paese dal sonno di anni di dominio di Fico. Non solo nella capitale, ma in decine di città e villaggi si tenevano veglie e proteste, con una partecipazione che così si era vista solo ai tempi dei moti per l’indipendenza, per la caduta del regime sovietico.

Bratislava, febbraio 2019: è il primo anniversario della morte di Kuciak e gli slovacchi tornano in piazza con slogan anti Fico. Foto Ansa

Per paradosso della storia, con le elezioni di sabato gli slovacchi hanno restituito la guida del governo a un Fico che oggi più che mai appare legato a Vladimir Putin e al più filorusso dei premier dell’Ue, ovvero Viktor Orbán.

Un cambio di rotta in Ue

Fico era stato il premier che aveva portato, nel 2009, la Slovacchia nell’eurozona. E ancora nel 2017, prima cioè delle sue dimissioni, specificava pubblicamente che per quanto fosse interessato alla cooperazione con gli altri paesi di Visegrad, per lui gli «interessi vitali» del paese dipendevano anzitutto dall’Ue, e dai rapporti con Francia e Germania.

Slovak former Prime Minister and chairman of the Smer-SD party, Robert Fico, arrives at party election headquarters during an election night after Slovakia's parliamentary elections in Bratislava, Slovakia, 30 September 2023. Ansa

Ma con questa tornata elettorale, che si è tenuta in piena guerra ucraina, i rapporti di Fico con Vladimir Putin, oltre che la relazione da sempre buona con Viktor Orbán, sono apparsi più intensi che mai. L’incontro con il separatista serbo della Bosnia Erzegovina, Milorad Dodik, supportato dal Cremlino e vicino al premier ungherese, non è che uno degli effetti tangibili di questi posizionamenti.

La campagna elettorale di Fico e del suo partito Smer si sono svolte sotto la bandiera dello stop alle forniture a Kiev; da febbraio 2022, la Slovacchia, che fa parte della Nato, ha garantito pronto sostegno all’Ucraina trasferendole anche strumentazione militare per circa 177 milioni di euro. Il vincitore invece ha capitalizzato consenso attaccando le sanzioni alla Russia, gli aiuti a Kiev, e predicando «il rifiuto che questa guerra sia anche la nostra guerra».

Un filorusso sul podio

Non a caso a Mosca festeggiano. Sulla stampa russa, mentre Tass rilancia il mancato finanziamento Usa agli aiuti per l’Ucraina, l’agenzia Ura, che è il più grande portale onlide degli Urali, titola sulla «vittoria del filorusso Fico». Tutt’altro festeggiamento aveva invece attraversato una parte della Slovacchia, e dell’Ue, quando in serata la tv slovacca aveva rilanciato un exit poll che dava per vincente il principale competitor di Smer, Michal Šimečka, il candidato di Slovacchia progressista (Ps), che è anche vicepresidente del Parlamento Ue e che si colloca tra i liberali di Renew. Šimečka è stato relatore dell’Europarlamento sul meccanismo di condizionalità che vincola i fondi europei al rispetto dello stato di diritto. 

Invece i risultati consegnano al Ps di Šimečka solo il 18 per cento, mentre in testa spicca con il 23 per cento la formazione di Fico, Smer, che sta per “partito socialdemocratico”. E in effetti Smer in Ue siede nel gruppo S&D, anche se vota di testa sua e fa campagne elettorali antimigranti.

Chi è decisivo per la coalizione

Anche se è Fico per primo, coi suoi risultati, a intestarsi il tentativo di formare una coalizione di governo, il quadro è così frammentato che l’esito non è scontato. Una figura chiave è quella di Peter Pellegrini, che ha preso in mano il governo nel 2018 quando Fico si è dimesso per lo scandalo Kuciak; all’epoca, la nomina di Pellegrini viene accolta con proteste proprio perché è ritenuto uomo di Fico, e del resto fino al 2020 i due fanno parte della stessa formazione, Smer.

Peter Pellegrini. Foto Ansa

Quando lascia il governo, nel 2020, Peter Pellegrini prova a prendere le distanze da quel passato dando vita a un proprio partito, Voce – socialdemocrazia (Hlas-Sd); e l’incontro svoltosi questa primavera con il cancelliere tedesco Olaf Scholz fa anche intendere che Pellegrini voglia presentarsi – anche ai socialdemocratici europei – come il volto presentabile in alternativa a Smer.

Tutti corteggiano Pellegrini

Cosa farà però ora il leader di Voce, con il suo 15 per cento, o poco meno, di voti? Gli osservatori slovacchi non hanno dubbi che sarà lui l’ago della bilancia; Robert Fico sarà il primo a poter tentare la formazione di un governo, e ha diverse opzioni per arrivare a una maggioranza in aula. Ma nessuna di queste è possibile senza Voce.

Pellegrini intanto invoca coalizioni stabili e mette le mani avanti sulla faccenda del supporto a Kiev: la Slovacchia a suo dire, in ogni caso, «non ha più nulla da inviare».

Il competitor Michal Šimečka dice di voler anch’egli tentare un governo, per impedire che Fico torni a guidare la Slovacchia: è ufficialmente partito il corteggiamento a Pellegrini.

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