Travestire il nucleare e il gas da energie verdi: è questo il piano anti clima che Emmanuel Macron, con un gruppo di altri paesi e con la sponda del governo Draghi, porta avanti in Europa. E va di fretta: vuole arrivare a un risultato sùbito, prima che nasca il nuovo governo in Germania, prima che i Verdi tedeschi intralcino il piano. Nonostante le proteste degli ambientalisti, l’operazione sta riuscendo: la Commissione europea spariglia i suoi piani, a costo di compromettere il Green deal, pur di assecondare la cordata di governi.

La decisione da prendere

Sui tavoli della Commissione europea c’è un dossier da chiudere. Si chiama «tassonomia», ed è un sistema con cui l’Ue definisce quali sono le attività economiche da ritenersi sostenibili. Etichettare qualcosa come “green” significa mandare un preciso messaggio positivo agli investitori, alle aziende e ai decisori politici stessi. Le pressioni delle industrie del gas e del nucleare su Bruxelles si sono fatte sempre più intense: tra gennaio 2020 e maggio 2021, i lobbisti del gas hanno ottenuto 323 incontri con i funzionari Ue. Il settore nucleare ha raddoppiato il ritmo degli incontri, l’azienda francese Edf da sola ha speso oltre due milioni all’anno per influenzare Bruxelles. Ma la vera svolta è arrivata dai governi, a cominciare da Parigi.

Il nucleare per Macron

French President Emmanuel Macron reviews the troops during a military ceremony at the Invalides monument in Paris, Thursday, Nov.4, 2021 (Ian Langsdon, Pool Photo via AP)

Macron ha utilizzato il caro prezzi dell’energia come pretesto per dare una ulteriore spinta al suo piano: etichettare il nucleare come verde, e dare ulteriore impulso al settore. «Qui da noi l’industria nucleare è uno stato nello stato, non è come in altri paesi, come la Germania, dove il governo si confronta con aziende perlopiù private», dice da Parigi Roger Spautz di Greenpeace Francia. «Il nucleare francese è tutt’uno con la politica, ci sono gli uomini chiave nei posti chiave».

Ad aprile ci sono le elezioni presidenziali, e i candidati si stanno posizionando sul tema del nucleare: verdi, socialisti, la sinistra “insoumise”, «sono contrari a continuare», spiega Spautz. Macron invece punta tutto in quella direzione. I dati di luglio dell’agenzia internazionale dell’energia atomica dicono che il 71 per cento dell’energia prodotta in Francia nel 2020 proviene dal nucleare; in Germania solo l’11 per cento.

Il problema delle scorie radioattive è tuttora irrisolto, e Parigi lo affronta a modo suo: Spautz e Greenpeace Francia hanno svelato a ottobre che le aziende «spediscono i rifiuti radioattivi in un sito non sicuro a Seversk, in Siberia». Le immagini satellitari mostrano migliaia di barili di scorie, e se la Russia accetta di prenderli è per una combinazione di interessi sul fronte energetico. Pur di raggiungere l’obiettivo del nucleare green, durante l’ultimo Consiglio europeo Macron ha accordato a Mateusz Morawiecki la via del dialogo sulle infrazioni dello stato di diritto.

Roma e l’alleanza sul gas

La Francia ha costruito un fronte di una decina di paesi, tra i quali Polonia e Ungheria, e non li ha attratti solo con promesse sul nucleare. L’alleanza lanciata da Macron è un patto di reciproco sostegno tra chi vorrebbe green il nucleare, e chi il gas, come Slovenia, Bulgaria, gruppo di Visegrad.

La cancelliera tedesca Angela Merkel, che non è certo pro nucleare ma ha interessi sul gas e ha Nord Stream 2 da farsi perdonare, lascia passare.

E l’Italia, che posizione ha assunto? Pubblicamente, dopo il Consiglio, Draghi ha risposto solo che «il nucleare è un tema divisivo». Ma nelle sedi europee emerge altro, sia da fonti interne che sui bollettini: Politico Europe dice che «con Macron, l’Italia ha sostenuto che il nucleare è necessario»; soprattutto se può esserlo anche il gas. «A Chigi interessa il gas, ciò spiega le aperture e ambiguità sul nucleare», dice Monica Frassoni, presidente della European alliance to save energy.

Mandati democratici

In piena Cop26, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ribadisce che «del gas è impossibile liberarsi nei prossimi anni» e «bisogna produrre più gas italiano»; sul nucleare, vuole fare «ricerca e sviluppo». Interrogato su quale posizione abbia assunto in sede Ue sulla tassonomia, dice che «l’Ue ci dirà cosa è verde» e se dovesse risultarlo il nucleare «saranno i parlamenti a valutare». I parlamenti nazionali, però, non possono sindacare sull’atto delegato che arriverà dall’Ue, ma avrebbero potuto essere coinvolti prima, quando il governo andava a discutere il tema in Consiglio.

«Non c’è stato nessun dibattito, né alcun mandato democratico a sostenere posizioni pro gas e pro nucleare», dice la deputata di Facciamo Eco, Rossella Muroni. «Il tema in aula non arriva, e il governo centralizza le decisioni senza neppure nominare un inviato per il clima».

Intanto la Commissione Ue, che a breve presenterà la sua proposta sulla tassonomia, dopo le spinte dei governi si mostra aperta all’ipotesi di nucleare e gas come green. «Non accetteremo mai una cosa simile: è puro green washing. Significa per l’Europa perdere ogni credibilità sul clima, contraddire il Green deal e le parole dette a Cop26», dice il verde Bas Eickhout, che segue il dossier per l’Europarlamento. «Quando Bruxelles pubblicherà il suo atto delegato noi eurodeputati non potremo negoziarlo, ma se non lo approviamo torna al mittente».

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