Appena ieri sera, il fedelissimo di Macron aveva annunciato la sua squadra. Destinata a fallire anche perché in continuità con il macronismo e con lo stesso governo precedente, sfiduciato. Così il primo ministro nominato il 9 settembre molla e l’Eliseo ne prende atto
«Non c’erano le condizioni», ha detto questa mattina, nel presentare le dimissioni, il primo ministro (ormai uscente) Sébastien Lecornu, promosso da ministro delle Forze armate il 9 settembre e appena ieri sera pronto con una squadra di governo. Squadra nata già destinata a fallire, anche perché in continuità con il macronismo e con lo stesso governo precedente, sfiduciato l’8 settembre.
Così Lecornu non attende neppure di passare da una mozione di censura e, più rapido dei suoi già rapidi predecessori, molla; l’Eliseo ne prende atto.
Tra i tanti inediti nella lunga crisi permanente innescata nell’estate 2024 da Emmanuel Macron, questa giornata ci consegna anche il governo più breve della storia di Francia. Il premier stesso è rimasto in carica solo 27 giorni.
Il punto di crisi
Bruno Retailleau, che aveva portato domenica mattina i suoi Repubblicani su una posizione di sostegno al governo Lecornu, nel quale avrebbe mantenuto il ministero degli Interni, è stato il primo a far emergere le increspature: ieri si è trattenuto per oltre un’ora e mezza col primo ministro prima dell’annuncio della lista dei ministri; dopodiché, mentre le reazioni negative già piovevano, ha detto lui stesso che la squadra «non riflette la discontinuità prommessa» e ha annunciato un «comitato strategico» dei Repubblicani per questa mattina.
Lecornu ha tratto le conclusioni altrettanto rapidamente: questa mattina si è già dimesso. Ha difeso la «discontinuità» per la scelta di non innescare l’articolo 49.3 e ha lamentato «appetiti partigiani» legati anche alle imminenti elezioni presidenziali. La composizione del governo – ha detto inoltre questa mattina – «non è certo stata fluida».
Le prime reazioni
Partono le rivendicazioni dai partiti di opposizione. La France Insoumise, che era già pronta per la mozione di censura contro Lecornu, torna alla carica contro il presidente della Repubblica: «Dopo le dimissioni di Sébastien Lecornu, chiediamo l’esame immediato della mozione depositata da 104 deputati per la destituzione di Emmanuel Macron», ha scritto su X Jean-Luc Mélenchon, il fondatore degli insoumis.
«Le dimissioni del presidente sarebbero sagge, una dissoluzione parlamentare assolutamente necessaria», insiste Marine Le Pen, sulla quale pende l’ineleggibilità. L’estrema destra lepeniana ha passato le scorse settimane a ribadire la richiesta di sciogliere l’Assemblea nazionale: «Indubbiamente il premier provvisorio non aveva margini di manovra», ha commentato Jordan Bardella per il Rassemblement National, chiedendo la «dissoluzione» ovvero le elezioni legislative.
Quanto al premier precedente, François Bayrou, pur chiedendo «riserbo» ha definito la situazione «pesante e preoccupante».
© Riproduzione riservata



