Con l’approvazione della legge sull’immigrazione, che Marine Le Pen rivendica come una propria «vittoria ideologica», si apre in teoria per il campo liberale francese una crisi grave e senza precedenti. E sempre in via teorica, per Emmanuel Macron viene meno la base di legittimità della sua presidenza, che era fondata sulla promessa di fare da argine all’estrema destra; ora invece il governo assume sia le idee che i voti del Rassemblement National.

Dopo che l’aula aveva rigettato il progetto di legge, mandando in crisi i macroniani, la proposta è stata ulteriormente indurita per attirare i voti della destra repubblicana, ed è stata talmente plasmata a somiglianza dell’estrema destra che pure i lepeniani l’hanno votata. Macron va dicendo il contrario, ma i numeri confermano che i voti dell’estrema destra hanno fatto la differenza perché la legge martedì fosse adottata.

La versione finale introduce la cauzione per gli studenti stranieri, le quote, limita lo ius soli e le prestazioni sociali per gli immigrati.

Il futuro dei macroniani

In risposta 62 deputati macroniani hanno votato contro e Aurélien Rousseau si è dimesso da ministro della Salute: sarebbe lecito ritenere aperta la scomposizione del campo liberale.

Tuttavia nel passaggio dalla teoria alla pratica non bisogna sottovalutare la capacità tattica di Macron nel limitare i danni ovvero aggrapparsi al potere. I ministri dimissionari inizialmente dovevano essere di più, invece solo uno è passato all’azione.

Come spiega a Domani il direttore di ricerca di Ipsos Francia, Mathieu Gallard, anche se la situazione attuale è inedita, la spaccatura dei macroniani non è l’unica opzione futura. Una strategia di ricomposizione potrebbe passare ad esempio per la figura del ministro Gabriel Attal: «È il politico più popolare tra i francesi, è carismatico e appare così poco ideologico da non essere inteso né come di destra né di sinistra».

Ricomporre la società francese – sempre più divaricata mano a mano che il presidente si è spostato a destra – è comunque più difficile che salvare partito e governo.

Dal barrage al baiser

La profondità del terremoto che sta sconvolgendo gli assetti politici in Francia è sintetizzabile con il passaggio dal barrage – il cordone sanitario verso l’estrema destra – al baiser e cioè il bacio letale tra Macron e Le Pen sul quale opinionisti e vignettisti si stanno sbizzarrendo.

Nel 2017 Macron ha conquistato la presidenza promettendo di ridimensionare l’estrema destra e attuando una politica attrape-tout, cioè acchiappa-tutto: come una calamita ha attirato a sé le componenti moderate da destra e sinistra. Ma «dai tempi dei gilet gialli si è posizionato a destra», dice Gallard di Ipsos France.

Non solo Le Pen non è stata ridimensionata, ma il Rassemblement è cresciuto sempre più. Nel 2022, per convincere gli elettori di sinistra a votarlo al secondo turno, ancora una volta Macron ha promesso di fare da argine all’estrema destra: «Vengo eletto per fare barrage e ciò mi impegna».

Ma le elezioni parlamentari lo hanno lasciato senza maggioranza assoluta e il suo slittamento verso destra non ha fatto che accentuarsi, nelle politiche e nella retorica oltre che nelle ambiguità tattiche verso la destra estrema; intanto Le Pen si è messa comoda in parlamento con quasi 90 deputati e due vicepresidenti.

La legge sull’immigrazione – concepita da un ministro degli Interni, Gérald Darmanin, che già anni fa riteneva Le Pen «troppo morbida» e che reprime il dissenso pure con la forza – non è che l’esito plateale di un lungo percorso di sdoganamento dell’estrema destra.

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