Oggi a palazzo Chigi va in scena un ricevimento d’eccezione. Giorgia Meloni accoglie il governatore di un Land, quindi il capo di un governo regionale: Markus Söder.

Solo che il gigante di Norimberga che guida la Baviera dal 2018 non è un ministropresidente qualsiasi: è anche il capo della Csu, il partito gemello della Cdu che difende da sempre gli interessi bavaresi nella Germania federale. E, soprattutto, è uno degli azionisti di maggior peso dei popolari europei: il segretario Manfred Weber è un suo collega di partito.

Per capirci, alle europee del 2019 la Csu in Baviera aveva raccolto il 40 per cento dei consensi. Su tutto il territorio federale, Cdu e Csu avevano portato a casa il 28,9 per cento dei voti: 23 europarlamentari eletti per i cristianodemocratici, sei cristianosociali bavaresi. Insomma, si tratta di un pezzo da novanta della politica tedesca.

Söder è noto per il suo approccio nazionalpopolare al limite del populista. Ma dietro un’apparenza gioviale e un po’ compagnona c’è un politico ambizioso fino allo spasmo, cresciuto nel mito della Csu e perfettamente inserito in una tradizione politica di conservatori che soffrono l’obolo dello stato centrale e difendono orgogliosamente i colori bavaresi. Il governatore ha dato del filo da torcere ai segretari del partito gemello che di volta in volta si sono trovati ad avere a che fare con lui.

Nel 2021 ha seriamente messo alla prova Armin Laschet, contendendogli fino all’ultimo la candidatura alla cancelleria che poi ha vinto Olaf Scholz. Nell’ambiente conservatore questa sfida sta per ripetersi, d’altra parte alle elezioni del 2025 manca meno di un anno e mezzo. Unica differenza: dall’altra parte rispetto a Söder c’è una Cdu che vola al 30 per cento nei sondaggi e un segretario – Friedrich Merz – contestato per il suo carattere difficile, ma di tutt’altro spessore politico.

Sembrano dettagli, ma servono per inquadrare il peso specifico dell’ospite di Meloni. Se infatti le elezioni federali sono ancora lontane, alle prossime europee la politica tedesca (e le forze conservatrici) dovranno fare i conti con il risultato di AfD. I sondaggi attestano l’estrema destra in un range tra il 15 e il 19 per cento dei consensi: sarebbe un risultato più modesto rispetto ai picchi del 22 per cento che il partito di Alice Weidel aveva toccato verso la fine del 2023, ma comunque una conquista di tutto rispetto per una formazione messa ai margini fin dalla sua fondazione dal resto dell’arco parlamentare.

La strategia

Tra i più accaniti difensori dell’esclusione di un partito che ha organizzato riunioni segrete con noti neonazisti in cui si discutevano piani di ricollocazione di milioni di “non tedeschi” c’è proprio Söder. La Brandmauer, il muro di fuoco contro AfD che il bavarese evoca a intervalli regolari nella sua strategia di distanziamento dall’estrema destra, era stato anche il motivo per cui aveva contestato aspramente la decisione di Weber di visitare Meloni l’anno scorso, poco dopo le elezioni.

Weber aveva capito molto presto che per avere una possibilità di scalzare la presidente uscente della Commissione, la cristianodemocratica Ursula von der Leyen, avrebbe dovuto cercare il sostegno di Meloni e dei suoi conservatori di Ecr, i cui voti aumenteranno alle prossime elezioni. Un progetto che poi gli ha sfilato proprio von der Leyen, intestandosi un’alleanza con la premier che ha portato l’Unione sulla linea meloniana in termini di migranti. Per von der Leyen è ora di monetizzare il suo investimento di fiducia dopo il prossimo voto, ma sulla sua strada il più grande ostacolo oggi è il suo partito.

Impegnato a schivare la concorrenza a destra di AfD in patria, il suo segretario Merz a sua volta cerca di tenere una linea di destra interna al partito. In alcune occasioni è addirittura scivolato su dichiarazioni in cui spiegava che una collaborazione con gli estremisti sarebbe possibile su alcuni temi. Di tutt’altro approccio Söder, che rifiuta la collaborazione con AfD e con l’estrema destra tutta: anche un’alleanza con Ecr gli sembra impraticabile, men che mai l’ingresso di Meloni nel Ppe. Il suo sarebbe un veto pesantissimo sulle strategie di von der Leyen: meglio ammorbidire allora i toni, con un viaggio a Roma per «farsi un’idea della premier in prima persona», come l’ha formulata Söder. La trasferta è stata organizzata nientemeno che da von der Leyen, ha detto il governatore. Che però ha sottolineato che viaggerà in funzione di ministropresidente, non di capo di partito: una distinzione importantissima, che gli permette di tenere un doppio registro.

Potrà avere le mani libere per discutere con Meloni di due temi che lo interessano parecchio, le forniture di gas e idrogeno e l’accordo sui cpr con l’Albania, senza compromettersi come difensore della destra moderata contro gli estremisti. Insomma, gasdotti che arrivano dall’Africa e scavalcano le Alpi sì, alleanze europee no. La partita di Söder è duplice, ma un’eventuale apertura di credito nei confronti di Meloni in cambio di cooperazione su questioni pratiche rischia di spazzare via l’ultimo argine all’accettazione della premier nella destra moderata europea.

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