Come è stato anticipato da Domani per primo, è prevista per domattina l’incoronazione dell’ex premier polacco alla guida del partito dei Conservatori europei; la data scelta è strategica. Meloni interverrà solo in collegamento e pensa ora al livello internazionale con Trump e Milei
Mateusz Morawiecki tirava pesanti strattoni da questa estate e c’è una ragione politica per la quale proprio questo martedì mattina – come è stato anticipato da Domani per primo – assumerà la guida del partito dei Conservatori europei al posto di Giorgia Meloni, che gli aveva annunciato pubblico sostegno dal palco di Atreju a dicembre ufficializzando un patto chiuso mesi prima.
Il tempo è politico: è proprio in questo frangente che la fretta di Morawiecki può combinarsi con i piani della premier, che in passato ha rinviato il cambio al vertice ma con l’inizio dell’èra Trump può reinterpretarlo come un cambio di scala d’azione. Lascia per raddoppiare.
Il momento trumpiano
L’ex premier polacco vuole ottenere l’incarico in tempo per arrivare da presidente al 20 gennaio dell’inaugurazione di Donald Trump.
Quanto alla leader nostrana, dopo aver sfondato il cordone sanitario all’Europarlamento (opera in corso da almeno tre anni) e aver portato a maturazione l’alleanza coi Popolari, ora la premier pensa a proporsi come ponte verso gli Usa. La strategia è la stessa – quella della pontiera – ma cambia dimensioni: prima Meloni voleva accreditarsi come colei che «dialoga con tutti» ovvero centrodestra e destre estreme, ora come pontiera tra Ue e Trump.
In questo contesto la presidenza del partito europeo – tantopiù che il segretario generale è un fedelissimo, Antonio Giordano, e il capogruppo in Europarlamento resta un meloniano, Nicola Procaccini – può essere derubricata a deminutio. Questo martedì mattina la premier resterà a Chigi ad accogliere il presidente della Repubblica slovacco (alleato del premier filo-orbaniano e filorusso Robert Fico) e con Bruxelles si collegherà soltanto, dicono fonti interne a Domani.
Meloni accetta di lasciare (con qualche paletto) a Morawiecki il partito europeo perché ragiona ormai sul livello globale: sui Conservatori non solo dell’Ue ma americani, sintonizzati con le Americhe di Trump e del turboliberista argentino Milei.
Quest’ultimo ha invocato esplicitamente la creazione di una «alleanza di libere nazioni» – un ragguppamento destrorso internazionale – quando ha accolto Meloni alla Casa Rosada a fine novembre.
Un premio per Morawiecki
Il vero regista del Pis, Jarosław Kaczyński, schiererà alle presidenziali polacche un nome civico e non quello inviso dell’ex premier: la presidenza di Ecr è un premio di consolazione.
Meloni ha annunciato le sue dimissioni ad Atreju ma la transizione è sul tavolo da tempo e arriva dopo una fase tumultuosa di spintoni da parte della delegazione polacca, con apice in fase di nomine europee: Morawiecki a scopo negoziale minacciò persino di uscire da Ecr; in estate è stato poi chiuso un accordo.
Oltre alle lotte di potere in sé, FdI e il Pis si differenziavano per le divergenti posizioni tattiche nei confronti di von der Leyen e dei Popolari, tra i quali siede Tusk (che ha sconfitto Morawiecki). Ma soprattutto, il Ppe – che vuole mantenere la regia in Ue – ha sempre puntato a dividere il fronte più a destra; nel 2021 Raffaele Fitto avviò l’alleanza con Manfred Weber in virtù del boicottaggio del gruppone delle destre estreme e concordò col Ppe l’elezione di un vicepresidente Ecr dell’Europarlamento a condizione (Ppe) che non fosse un polacco.
Morawiecki ha sempre spinto verso un’unione con Orbán, al quale lo lega a doppio filo ora anche un debito: Budapest ha dato protezione a Marcin Romanowski, ex viceministro del Pis sul quale pende un mandato d’arresto. Da presidente di Ecr, l’ex premier dovrà e vorrà dialogare col Ppe; ma il cuore batte più a destra, e nell’èra Trump, batte a tempo.
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