Il Consiglio europeo che si è tenuto a Praga, e che ha affrontato il nodo di energia e prezzi, era «informale». Questa definizione solleva il vertice dal peso delle decisioni ufficiali, ma non solleva i leader europei dal peso dei fallimenti politici. L’ennesimo freno di Berlino sul tetto ai prezzi del gas è solo l’elemento più lampante. Per le iniziative concrete bisogna aspettare il 20 ottobre, ma il dibattito politico per istruirle è fondamentale, e i segnali da Praga lasciano intendere che i punti fondamentali saranno depotenziati. Vale per il contenimento dei prezzi, vale anche per la solidarietà fiscale tra gli stati membri, e più in generale sulle difficoltà economiche innescate dal settore energetico.

Incrociando il dossier prezzi con quello degli aiuti di stato, al quale la Commissione sta lavorando, e con il nodo del debito, viene fuori un’Ue sempre più disuguale.

Quando e come si decide

Il 20 e 21 ottobre c’è un altro Consiglio europeo, non si sa se decisivo; ma qualcosa dovrà decidere. Fino ad allora, Ursula von der Leyen, che si è presentata a Praga con una letterina, da lei chiamata “roadmap”, non potrà più schivare il compito di presentare proposte concrete sul grande tema finora inevaso, e cioè i prezzi esorbitanti del gas. La presidenza di turno ceca si è detta disponibile a convocare «tutti i Consigli dell’Energia che saranno necessari»: i ministri deputati dei vari stati membri lavoreranno in sinergia con Bruxelles.

L’obiettivo è arrivare a un “regolamento del Consiglio”, e cioè – proprio come è già avvenuto con i due piani di taglio dei consumi già approvati – si utilizza una cornice di emergenza per far entrare le misure al più presto in vigore.

Il tetto vuoto

Da Praga, la presidente della Commissione Ue usa l’espressione di «corridoio negoziale» e torna sul tema degli acquisti congiunti, sul quale almeno a parole il consenso è assodato da mesi; ma il meccanismo fatica a decollare. L’insistenza sui rapporti da collaudare con i partner energetici – gli Usa, la Norvegia, persino l’Arabia Saudita che inavvertitamente Charles Michel infila nella lista dei «partner affidabili» in piena crisi Opec – serve anche a distrarre dal punto di disaccordo, e cioè la soglia da imporre ai prezzi.

Il tema formalmente resta: si continua a parlare di «tetto ai prezzi del gas». E si continua anche a provare ad affossarlo: a Praga il cancelliere tedesco ha ribadito che «il price cap solleva dubbi». Nel frattempo però il concetto si degrada, perde di incisività. Ci si concentra sugli indici complementari di prezzo, pure i governi che spingono sul tetto introducono deroghe come quella sul gnl, e dalla “roadmap” di von der Leyen esce un «tetto temporaneo al gas per l’elettricità» ma «che andrebbe disegnato in modo che non aumenti il consumo»: l’obiezione è la stessa di Scholz.

Per iniziare a riformare il mercato dell’energia elettrica, inoltre, von der Leyen rinvia a inizio 2023; il tema è nel dibattito dall’autunno scorso.

Debiti e investimenti

La Germania, le cui infrastrutture energetiche sono state sabotate e il cui comparto industriale è altamente energivoro, ha tutti i motivi per proteggere la propria economia; peraltro il tessuto produttivo tedesco e quello italiano, come del resto d’Europa, sono interconnessi. Il punto è che i 200 miliardi di bazooka avvantaggiano anche le imprese nazionali, pongono il tema delle distorsioni del mercato comune. A Praga von der Leyen ha detto di volerlo salvaguardare, ma per ora Margrethe Vestager, commissaria europea alla Concorrenza, non ha obiettato sul poderoso intervento pubblico tedesco. Anzi, nel frattempo Bruxelles sta lavorando a una nuova cornice temporanea per gli aiuti di stato, che assume le lezioni della pandemia e le adatta per tutto il 2023 alla crisi energetica.

Laddove aiutare le proprie imprese è possibile, fa la differenza avere le capacità di farlo. «Dopo la decisione tedesca serve mettere tutti i paesi, anche quelli che non hanno spazio fiscale, su un livello uguale», ha detto da Praga il premier Mario Draghi, confermando il suo supporto a meccanismi come lo Sure 2.0 citato dai commissari Thierry Breton e Paolo Gentiloni. «Proposte simili le avevo fatte mezzo anno fa», ha appuntato Draghi. Assieme a Macron, preannuncia «meccanismi di solidarietà».

Ma per ora lo spazio di manovra che l’Ue apre è stretto, e circostanziato a investimenti ritenuti strategici. La stessa riforma del patto di stabilità, nella visione di von der Leyen, prevede elasticità nella misura in cui «le norme di bilancio devono consentire investimenti strategici». La cornice di Repower Eu, che all’Italia dovrebbe portare poco meno di tre miliardi e che a Praga la presidente ha identificato come lo spiraglio, viene aperta nella misura in cui «deve spingere gli investimenti». Si parla di rinnovabili, efficientamento energetico, e pure nuovi gasdotti (Scholz e il premier spagnolo spingono per MidCat); ma in che modo tutto ciò possa aiutare il comparto produttivo a reggere la botta delle bollette, è tutto da capire.

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