Nicola Procaccini ha conosciuto Giorgia Meloni «quando io avevo 16 anni, lei 15, e militavamo insieme nel Fronte della gioventù». I concetti che inanella seduto a un tavolino del bar degli eurodeputati – l’idea che i migranti vadano selezionati in base alla religione, la sintonia con Lollobrigida sulla sostituzione etnica – fanno pensare che per lui il tempo non sia passato.

Ma i tempi sono cambiati per lui: con Meloni premier, si trova a guidare una intera famiglia politica all’Europarlamento. E dopo che i Popolari europei hanno sfondato ogni argine verso la destra estrema, il meloniano d’Europa è in una posizione chiave per gestire i nuovi equilibri legati alle europee 2024. Per questo è importante sapere a quale scenario lavora.

Lo illustra in questa intervista: anzitutto, nessun trasloco di Fratelli d’Italia nel Ppe. I conservatori «baricentro», e una Lega che resti «dove sta» – cioè fra i sovranisti di Id – ma con «un ruolo da mediatrice». Maggioranze «sui contenuti» come quella che oggi vota contro la legge per gli ecosistemi. Elastiche, quindi, ma non troppo: solo a nominargli il Pd gli vien l’allergia. Per Procaccini, se Ursula von der Leyen avrà di nuovo la guida della Commissione nel 2024, una convivenza tra conservatori e socialisti sarà inagibile.

Prima di trasferirsi al governo, Raffaele Fitto ha aperto i canali con i Popolari e con il loro leader Manfred Weber. Da febbraio lei ne ha preso il posto come capogruppo dei conservatori in Ue. Come prepara le europee?

Stiamo diventando un baricentro: i conservatori sono il gruppo più in crescita in vista del voto del 2024, e non solo perché aumenteranno i numeri in aula, ma anche perché attraiamo altre forze. Il mio gruppo ha assunto un ruolo strategico, nel corso di questo mandato, perché abbiamo Meloni alla presidenza del partito europeo, e anche grazie alla capacità del mio predecessore Fitto di costruire rapporti trasversali.

All’Europarlamento lei si coordina con Weber? Chi gestisce il canale con il Ppe? Lei, Meloni, Fitto?

C’è una quotidianità di relazioni. Tra me e lui, un rapporto di colleganza: ci parliamo agli incontri fra capigruppo. Con Meloni, scambi tra presidenti che vanno oltre le dinamiche dell’Europarlamento. Con Fitto, anche un’amicizia personale.

Sulla stampa italiana si legge anche l’ipotesi che dopo il voto di giugno FdI si stacchi dai conservatori per entrare nel Ppe. È fondata?

È totalmente senza senso. FdI in Europa ha le presidenze di partito e di gruppo: ruoli apicali. E per quanto le due famiglie politiche siano contigue, le tradizioni restano diverse.

Il dopo Berlusconi, con Tajani vicino a Meloni, crea dinamiche favorevoli?

Da sempre Tajani rappresenta nel Ppe l’anima più conservatrice, il che rende più facile il dialogo con noi.

E la Lega? Con meno seggi nel 2024 finirà ancor più isolata? Vedremo mai il Ppe cooperare anche con Matteo Salvini, o FdI e la Lega nella stessa famiglia europea?

La Lega sta nella sua famiglia, peraltro da una posizione di forza: secondo me può essere utile nella misura in cui ci aiuta a dialogare con un gruppo politico al cui interno ci sono anime con le quali non sempre il dialogo è facile: ad esempio, sull’Ucraina si trovano talvolta posizioni incompatibili coi nostri alleati polacchi. Il ruolo di mediatore della Lega può essere importante.

La Lega mediatrice tra voi e i sovranisti di Id: un po’ come voi meloniani avete creato un’interpolazione tra il Ppe e i conservatori?

Qualcosa di simile. Bisogna pensare che le dinamiche politiche in Ue non sono le stesse che in Italia, dove si sta tutti compatti su qualsiasi provvedimento della maggioranza. All’Europarlamento si possono creare convergenze sui dossier. L’opposizione alla Nature restoration law, ad esempio, la abbiamo creata con un campo che va da Id a una fetta di liberali. Uno schema simile può verificarsi in futuro.

Quale maggioranza per il 2024?

Tendenzialmente noi abbiamo maggiore omogeneità culturale con il Ppe e Id, ma gli equilibri si costruiranno sui temi. Del resto già oggi è così: la cosiddetta maggioranza Ursula è durata un giorno. Von der Leyen ha ottenuto la fiducia per un pugno di voti, tra i quali quelli del Pis e di Viktor Orbán. I Verdi che non la avevano votata si sono ritrovati con il Green Deal, del quale ora il Ppe osteggia alcuni dossier.

Se lei mi parla di maggioranze variabili io le chiedo: quindi anche col Pd? Se von der Leyen in un secondo mandato digerisce i meloniani, voi digerirete i socialisti?

Il Pd? No! Che capiti su un singolo argomento è solo un’ipotesi di scuola. Le due agende politiche non sono compatibili: credo sia impossibile che von der Leyen possa proporre un’agenda politica che tenga dentro due agende così diverse come quelle di FdI e del Pd.

Nel Ppe c’è il partito di Donald Tusk, principale oppositore dei vostri alleati del Pis. Come si scioglie il dilemma polacco?

I derby sono sempre partite più sentite. Ci sarà un picco di tensione con le elezioni polacche, poi ci aspettiamo un rasserenamento. Da quel che ho capito dai sondaggi, può essere che nessuna delle due formazioni abbia la maggioranza assoluta in Polonia: esiste finanche la possibilità, data dal risultato alle urne, che Platforma e il Pis debbano convivere.

Sui migranti si è parlato di mediazione fallita di Meloni con il premier polacco, Mateusz Morawiecki.

La nostra premier ha ottenuto di spostare l’agenda sulle frontiere esterne e sul contrasto all’immigrazione illegale: su questo c’è sintonia. Morawiecki ha pure dichiarato che alla Polonia servono 400mila immigrati legali. Ha ragione: devono saper fare certi lavori ed essere se possibile omogenei sul piano culturale. Il fatto di professare la stessa religione è un elemento che facilita l’integrazione.

Lei vuol selezionare i migranti su base religiosa? Test all’ingresso?

Non test, ma ci sono nazioni di religione soprattutto cristiana oppure soprattutto islamica; i venezuelani ad esempio spesso hanno origini italiane.

Le uscite del ministro Francesco Lollobrigida sulla sostituzione etnica sono un errore, una gaffe?

No, non credo. Si fa confusione tra etnia e razza, ma mentre la razza è un concetto razzista, l’etnia riguarda l’imprinting culturale: lingua, religione, cultura occidentale o meno. L’immigrazione è necessaria, ma se è di massa, se non è governata, crea una sostituzione che va contrastata.

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