Olaf Scholz difende la sua strategia. Di fronte al Bundestag il cancelliere ha ribadito che inviare i 14 tank Leopard che arriveranno a Kiev a stretto giro e anche attendere così tanto per dare il via libera definitivo è stata la strada giusta.

«Keine Alleingänge», «Nessuna fuga in avanti» è sempre stata la massima che ha orientato l’azione di Scholz: fin dall’inizio della guerra è stato adamantino nella promessa di non lanciare la Germania in una fuga solitaria sul sostegno all’Ucraina, una strategia che, ha promesso mercoledì, continuerà a seguire. 

La Germania fornirà 14 Leopard a Kiev, con munizioni e addestramento dei soldati. La decisione è stata sofferta e da diverse settimane la politica tedesca discuteva dell’opportunità di sostenere gli ucraini anche con panzer d’assalto, dopo aver già inviato quelli difensivi, i Marder. La posizione di Scholz si è sbloccata definitivamente con il via libera da parte degli Stati Uniti sull’invio di tank comparabili, gli Abrams, presupposto a cui il cancelliere socialdemocratico aveva legato la decisione di inviare i propri Leopard. 

La genesi della decisione

Che Scholz sia arrivato a prendere questa decisione è il risultato di una lunga pressione politica su di lui, interna e internazionale. I partner di governo gialloverdi lo incalzavano da giorni: la sua ministra degli Esteri già lunedì aveva fatto filtrare che non ci sarebbe stata opposizione sull’esportazione da parte di paesi terzi che avevano acquistato il panzer dalla Germania, mentre la presidente della commissione Difesa, la liberale Marie-Agnes Strack-Zimmermann fin dall’inizio della guerra è tra i principali difensori della linea dura sul sostegno militare dell’Ucraina. Spingeva nella stessa direzione l’opposizione della Cdu/Csu, che oggi ha ammesso che la decisione di Scholz è stata «quella giusta», anche se avrebbe preferito discuterla prima in parlamento, una strategia che per il cancelliere avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale.

Anche gli alleati europei iniziavano ad alzare la voce, soprattutto in Polonia, dove la campagna elettorale aveva portato a denunciare la mancanza di collaborazione da parte della Germania sull’invio di carri armati ancora prima di farne ufficialmente richiesta: di fronte a una domanda ufficiale, lunedì Berlino aveva preso tempo, ma la svolta era già nell’aria. A fare la differenza è stata la decisione di Washington: ora anche a Parigi le voci che chiedono di inviare panzer da combattimento si fanno più forti. 

Il risultato della strategia attendista del cancelliere alla fine è stato paradossale: aspettando la cooperazione dei partner, l’occidente ha ottenuto un dispiegamento nettamente maggiore, che ora comprende tutto il materiale dei paesi occidentali (che Scholz si è proposto di coordinare) e anche quello fornito dagli Stati Uniti.

I prossimi passi

L’impressione è che non sarà l’ultimo caso in cui l’attendismo la farà da padrone. Scholz ha confermato nel suo discorso che il suo atteggiamento non cambierà: un messaggio a chi, come l’ex ambasciatore ucraino Andrij Melnyk, che rimane un punto di riferimento nei rapporti tra Berlino e Kiev, e Strack-Zimmermann, da tempo spingono già per forniture ancora più cospicue.

Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un’intervista con la televisione pubblica tedesca lo scorso fine settimana aveva spiegato che l’invio dei tank da parte di un singolo paese non avrebbe fatto la differenza nell’andamento della guerra: mercoledì ha comunque ringraziato il cancelliere per il gesto, di forte valore simbolico. Ora i carri armati che arriveranno non saranno solo una manciata, come ipotizzava Zelensky in quell’occasione. Ma l’opinione pubblica tedesca rischia di inserirsi subito in un nuovo dibattito, quello sui caccia: Strack-Zimmermann e la maggioranza considerano la richiesta di Kiev «irrealistica», ma Melnyk non molla. «E ora, cari alleati, mettiamo insieme una forte coalizione di caccia per l’Ucraina, con F-16, F-35, Eurofighter e Tornado, Rafale e Gripen, aerei e tutto quello che potete inviare per salvare l’Ucraina».

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