La donna dell’ora è Annalena Baerbock, la ministra degli Esteri tedesca. È stata lei a dare il via libera alle cessioni di carri armati da parte dei paesi terzi europei che ne hanno a disposizione e li vogliono mandare a Kiev: hanno comunque bisogno dell’autorizzazione di Berlino, che è paese produttore. 

Il via libera in realtà era atteso la settimana scorsa, durante la riunione a Ramstein dell’alleanza occidentale che sostiene l’Ucraina. Gli osservatori si aspettavano che fosse il vertice dei ministri della Difesa l’occasione in cui il nuovo responsabile dell’esercito tedesco, Boris Pistorius, si sarebbe preso l’impegno di far fare il salto di qualità alla Germania nell’ambito della partecipazione indiretta alla guerra di Berlino.

Agenda parallela

Invece niente. Pistorius, che pure era stato salutato con grande favore da esperti e stampa tedeschi come capace di ricostruire un rapporto affiatato con le truppe che era andato perso durante l’incarico della ministra che l’aveva preceduto, ha pagato forse la sua estrema vicinanza con il cancelliere e non ha fatto il passo tanto atteso. 

Baerbock è decisamente più indipendente. Da ex sfidante di Olaf Scholz alle elezioni federali del 2021, non ha perso la sua indole battagliera e in diverse occasioni sembra voler mantenere fede più al programma elettorale dei Verdi che al contratto di coalizione siglato con i partner di Fdp e Spd.

Soprattutto in termini geopolitici: Baerbock ha portato avanti la sua agenda personale per quanto riguarda per esempio i rapporti con l’oriente: mentre Scholz ha coltivato e rafforzato il legame storico che la Cina ha con l’economia tedesca volando di persona a Pechino, la sua ministra degli Esteri quasi negli stessi giorni era in Uzbekistan e Kazakistan a cercare partnership alternative.

Anche sul futuro geopolitico della Germania, da ridisegnare in occasione della Zeitenwende, il rilancio geopolitico della Germania, Baerbock e Scholz hanno idee differenti. Oggetto del contendere è la strategia nazionale di sicurezza, uno dei progetti più importanti fissati nel contratto di governo che prevede la riforma del sistema decisionale in termini geopolitici. A partire dalla creazione di un nuovo ente, un Consiglio di sicurezza nazionale sull’

esempio del National security council americano.

Non si parla solo di nuovi organismi, ma anche di soldi. Il piano prevede la ridistribuzione dei finanziamenti e di alcune competenze per quanto riguarda la gestione delle catastrofi: tutte questioni su cui Scholz non vuole lasciare troppo spazio al ministero degli Esteri, che preme per accelerare le pratiche di bilanciamento per poter presentare il progetto concluso già alla conferenza sulla Sicurezza di Berlino, in programma per febbraio.

Il partito

Il fatto che, dopo diverse visite in Ucraina (il cancelliere ne ha all’attivo soltanto una, quella che ha fatto insieme a Mario Draghi ed Emmanuel Macron), Baerbock sia il membro del governo che apre al salto di qualità nella fornitura delle armi a Kiev è il simbolo che conclude la parabola dei Verdi da partito pacifista e antinuclearista degli Ottanta a formazione pronta ad affrontare la Realpolitik da una posizione di governo.

Un cambio di linea che ha provocato grossi dibattiti interni al partito, da sempre diviso tra Realos e Fundis, “realisti” e “fondamentalisiti”, ma che alla fine certifica la collocazione definitiva del partito nella linea dei realisti. Un decisione il cui peso ricade anche sul collega di Baerbock Robert Habeck, che ha dovuto rendere digeribile la ricerca di nuovi fornitori di gas, invece di nuovi luoghi dove installare parchi eolici o pannelli fotovoltaici.

Attraverso la sua comunicazione istituzionale, che ha puntato su umanità e condivisione, è riuscito a difendersi dalle critiche. Fa parte dello stesso stile comunicativo la decisione dei Verdi di riconoscere pubblicamente di aver cambiato idea sulla fornitura delle armi a Kiev, di cui all’inizio erano ferventi oppositori. 

In prospettiva, i Verdi sembrano avere in Baerbock il prossimo grande campione internazionale. È abbastanza giovane da poter ambire a vincere le prossime elezioni (come prima di lei è successo anche ad altri cancellieri, già ministri degli Esteri) e si sta costruendo una rete di sostegno ampia e potente, andando a sollecitare tutte le cancellerie più influenti.

Una è quelladi Parigi, che ha festeggiato domenica insieme a Berlino il sessantesimo anniversario del Trattato dell’Eliseo, alla base del rapporto privilegiato tra Germania e Francia, ultimamente un po’ in sofferenza anche per le posizioni differenti sul conflitto ucraino. Ma non è da dimenticare Washington, che da tempo ha scelto i Verdi come cavallo su cui puntare in Germania.

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