Proprio in queste ore sono venuta a conoscenza di una denuncia dell’ong polacca Ośrodek Monitorowania Zachowán Rasistowskich I Ksenofobicznych (Racist and Xenophobic Behaviour Monitoring Centre). Come presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, e dopo una vita spesa nelle agenzie delle Nazioni Unite e in particolare nell’Unhcr, ho deciso di intervenire con una lettera indirizzata alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e al presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. La vicenda, ricostruita anche sulle pagine di Domani, riguarda la condizione drammatica vissuta da circa trenta richiedenti asilo in transito dalla Bielorussia verso la Polonia.

Queste persone, in maggioranza afghani, yemeniti e iracheni, e fra loro anche una bambina di 15 anni, sono intrappolate da due settimane in una sorta di «terra di nessuno» al confine tra i due paesi. Sono infatti respinti dalla Polonia al confine con la Bielorussia, a quanto pare con metodi violenti. Di fatto non possono né retrocedere né avanzare, costretti fra i militari polacchi e bielorussi che li bloccano con i mitra spianati. E preoccupa inoltre l’installazione lungo la frontiera di una barriera di filo spinato alta due metri e mezzo, confermata dallo stesso ministro della Difesa polacco.

Da alcuni giorni queste persone hanno esaurito le scorte di acqua e cibo e la polizia di frontiera polacca impedisce ad associazioni e ong di portare soccorso, nonché a giornalisti, medici e parlamentari di avvicinarsi per accertarsi delle condizioni in cui versano i richiedenti asilo, i quali urlano la loro domanda di protezione e assistenza giuridica senza che nessuno dia loro ascolto.

È sconcertante, come ho scritto nelle due lettere inviate ai vertici delle istituzioni comunitarie, che un simile trattamento sia perpetrato – a dispetto di ogni convenzione e trattato internazionale sui diritti dei rifugiati – ai confini dell’Unione e, per di più, da uno Stato membro, la Polonia, che ha il dovere di aderire ai valori fondamentali dell’Ue come ben esplicitato dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione.

Queste persone devono essere messe in salvo e l’Ue deve intervenire perché in ogni Paese membro siano assicurati i diritti fondamentali dell’Unione stessa. Così come merita un intervento deciso quanto avviene al confine dell’Ue, lungo la cosiddetta rotta balcanica, dove migliaia di persone – soprattutto afghani, pachistani e iraniani – sono ammassate in campi improvvisati e private dei servizi essenziali.

Un intervento non più rinviabile soprattutto perché stiamo attraversando una fase in cui, prevedibilmente, diventerà sempre più consistente il flusso di donne, bambini e uomini costretti alla fuga dall’Afghanistan in cerca di protezione nel territorio dell’Unione.

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