Senza la prospettiva dell'alleanza in Europa tra il Ppe e i conservatori, su cui Giorgia Meloni lavorava per le elezioni europee del 2024, il governo di Fratelli d'Italia diventa un guscio vuoto, come si vede in queste giornate estive in cui la polemica si abbassa al livello dei conti non pagati e saldati di persona dalla premier in Albania. Ben altri conti sono in arrivo, in vista della legge di Bilancio.

Senza un orizzonte strategico, è un tirare a campare sui migranti, a ieri 103mila gli sbarchi in Italia, sul caro benzina, sulla tassazione dell'extragettito, una rincorsa a tamponare le emergenze, con un'agenda povere di idee, oltre che di risorse. Un'ideologia declamata e una pratica dorotea. Il generale Roberto Vannacci, destituito, ma subito assurto a nuovo maître à penser della destra tipografica e social, e la circolare del ministro dell'Interno Piantedosi del 7 agosto, che ordina ai prefetti di «disporre la cessazione delle misure di accoglienza» per i migranti che hanno ottenuto la protezione internazionale, ma non ancora il permesso di soggiorno, mettendoli in mezzo alla strada. È un tutti a casa, un 8 settembre, il fantasma di Badoglio torna ad aggirarsi al Viminale. Tra le proteste dei sindaci di tutti i partiti, abbandonati a se stessi.

Il progetto europeo di Meloni si è infranto in Spagna.

Il libro che si consiglia per l'estate militante 2023 è il Codice Sanchez, il manuale (non scritto) per sconfiggere la destra che il premier socialista Pedro Sánchez sta producendo in queste settimane. Il primo capitolo recita: non aver paura del voto. Quando le destre Pp e Vox hanno vinto alle amministrative e si preparavano a trionfare a fine anno, Sanchez non ha esitato a anticipare il ricorso alle urne, con una campagna all'attacco contro il pericolo di vittoria di una coalizione con l'ultra-derecha di Santiago Abascal, amico di Giorgia Meloni. Il risultato è stato dimezzare Vox e isolare il Pp di Alberto Nuñez Feijoo, arrivato primo.

Il secondo colpo, questa settimana, è la conquista della “Mesa” del Congresso, presidente eletta la socialista Francina Armengol, con 178 voti, grazie all'accordo con gli indipendentisti catalani e all'asse con Sumar, il partito della vice-premier Yolanda Diaz, nell'aula resa famosa dalla copertina del capolavoro di Javier Cercas Anatomia di un istante.

Destre divise e a bocca asciutta. Per raggiungere l'obiettivo Sanchez ha squadernato trattative, concessioni, promesse: ha fatto politica. Con la sua storia di un leader che lasciò la segreteria del Psoe e il seggio da deputato perché contrario alle larghe intese con il Pp e riconquistò il partito dalla base sconfiggendo nel 2017 la potente presidente dell'Andalusia Susana Díaz. Un leader che può permettersi tutte le manovre tattiche perché solido nella sua identità di riformista, che significa di sinistra, non una parola multiuso per stare con tutti, o con nessuno.

Il percorso di Sanchez è l'opposto di quanto fatto dai segretari del Pd italiano negli ultimi dieci anni. Le elezioni sempre esorcizzate, vissute come una minaccia, un pericolo letale. Le grandi coalizioni praticate in tutti i format. La scelta del leader per cooptazione del caminetto dei capicorrente, fino a quando Elly Schlein ha battuto a sorpresa Stefano Bonaccini. Non c'è coalizione senza un partito perno, centrale, e non c'è questo partito senza una leadership forte.

Dalla nascita il Pd è una federazione di correnti personali che partecipa a governi che a loro volta sono aggregati di partiti personali.

Se il governo Meloni tira a campare, perché non ha un progetto europeo dove collocarsi e le tensioni con una Forza Italia sono destinate ad aumentare, il centrosinistra può andare oltre la battaglia sul salario minimo su ha trovato il comun denominatore, con il buon risultato di una battaglia concreta e di uno schieramento, per fare delle elezioni europee 2024 uno spartiacque.

Sul terreno favorevole dell'Europa, che mette Meloni in contraddizione con la sua storia e il centrosinistra in rapporto con la sua storia migliore.

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