Nelle ore più buie del Dopoguerra la partita della stabilità politica ha come perno Riccardo Nencini, senatore di 61 anni originario di Barberino di Mugello in provincia di Firenze, quindi politicamente fiorentino come Matteo Renzi che è di Rignano sull’Arno. Ed è proprio un segno dei tempi, la politica un po’ sfasciata si aggrappa ai veri professionisti. E Nencini è un vero professionista dei traffici politici capace di lampi di penialità. Al giornalista di Repubblica che gli chiede se sta trattando per diventare ministro nel Conte ter risponde: «Ma che mi importa? In questo momento non è il problema». Il che significa esattamente il contrario: quello è il suo problema.

Amici miei, monumento cinematografico alla capacità d’improvvisazione dei fiorentini, ce l’ha insegnato: «Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione». E che cosa fa Nencini? Capisce il momento e, essendo il padrone di casa del gruppo senatoriale Psi-Italia viva, sfratta Renzi con una serie di formule deliziose.

L’ultimo socialista

La prima è questa: «Io penso che sia giusto andare al Conte ter, ma dobbiamo andarci tutti, non accetterei una scissione del nostro gruppo». Qui serve un po’ di storia. Nencini è il proprietario del simbolo del Psi, 130 anni di storia gloriosa con fine ingloriosa (la latitanza di Bettino Craxi). Ma il marchio è sopravvissuto al partito, così oggi esiste un Partito socialista italiano, di cui Nencini è il capo da 12 anni, anche se non è certo che esistano i socialisti.

Nel 2018 il partito personale di Nencini ha presentato alle elezioni politiche una lista chiamata Insieme, che era poi il nome coniato da Giuliano Pisapia per portare alle elezioni un “campo largo” della sinistra alternativa al Pd. Pisapia ha ballato una sola estate, quella del 2017, e quando sono finiti i suoi comizi un po’ tristanzuoli Nencini si è preso gli avanzi, tra cui il nome Insieme, e ne ha fatto una lista in condominio con i Verdi di Angelo Bonelli. Gli elettori non si sono accorti dell’occasione imperdibile di votare in un colpo solo gli ambientalisti storici e un tifoso del cemento come Nencini. Però il segretario fiorentino del Psi è entrato in Senato, da solo, perché nei patti con il Pd è riuscito a farsi riservare il collegio uninominale di Arezzo, a casa di Meria Elena Boschi.

Sempre utile

Per il primo anno, mentre regnava il Conte 1 con Matteo Salvini e Luigi Di Maio vicepremier, il nostro eroe si è accucciato nel gruppo Misto come unico membro della componente Misto-Psi. Ma a settembre 2019, quando Renzi si è scisso dal Pd ma la sua neonata Italia viva non aveva diritto a formare un gruppo perché non si era presentata alle elezioni, Nencini gli ha messo a disposizione il marchio Psi, quello di Turati e Pertini, per dire, ed è nato il gruppo senatoriale Psi-Italia viva formato da un socialista, Nencini, e tutti gli altri renziani, compreso il capo.

Oggi dire che bisogna stare con Conte ma «non accetterei una scissione» significa che Renzi - o meglio i renziani preoccupati per il proprio futuro - devono fare come dice Nencini, visto che lui è il padrone della “licenza d’uso” e quindi non può essere cacciato dal gruppo.

Ma per capire davvero qual è il disegno del genio del Mugello dobbiamo passare alla seconda frase deliziosa: «Bisogna utilizzare il tempo che ci separa dalla crisi in parlamento per ricostruire la maggioranza. Con muratori, manovali, chiamateli come volete». Se proprio possiamo chiamarli come vogliamo, il primo sinonimo di muratori e manovali che salta in mente è massoni. Il secondo è costruttori.

Viene in mente la lezione di Enrico Mattei, capo partigiano prima e fondatore dell’Eni poi, morto o più probabilmente ucciso nel 1962. Proverbiale il suo detto sui partiti che si usano e si pagano come fossero taxi. Nencini sembra aver fatto sua la tecnica, solo che Mattei la metteva al servizio dei destini dell’Eni, il nostro più concretamente al servizio del suo destino personale.

Rimanendo a capo di un non partito o di un fu partito, chiamatelo come volete, il nostro è l’unico socialista rimasto in sella nei 25 anni seguiti alla deflagrazione effettiva del Psi. Presidente del Consiglio regionale della Toscana, poi assessore regionale al bilancio, poi eletto in parlamento nel 2013 e da lì proiettato da Renzi verso l’agognato posto di viceministro delle Infrastrutture. Rivendica di non aver mai tradito Craxi, ma la figlia del defunto leader Stefania gli ha rinfacciato di essersi opposto all’intitolazione di una strada al suo capo mai tradito.

Nencini rivendica anche di non essere iscritto alla massoneria, ma della massoneria è da sempre amico ed estimatore. A lui piace parlare con muratori e manovali, intesi come gradi massonici, mentre se si parla concretamente di cantieri, l’altra sua grande passione, parla più volentieri con i capi delle imprese e delle stazioni appaltanti. E così, quando Renzi nell’agosto ’19 fa secco Salvini suicidatosi al Papeete e lancia l’idea del governo giallo-rosso, Nencini si fa trovare pronto all’appuntamento e, appena dopo aver accolto i renziani sotto l’ombrello socialista (mandando in bestia socialisti veri come Rino Formica e Claudio Martelli che però lui ha rintuzzato facendo notare che i due vecchi craxiani non sono più iscritti al Psi, quindi che vogliono?), detta la linea a Conte: «Il governo deve passare rapidamente a una seconda fase, caratterizzata da un piano straordinario di investimenti per riaprire quei cantieri, circa sessanta, che il precedente governo aveva accantonato». Quello è il suo chiodo fisso, e quindi è comprensibile la foga con cui sta trattando per tornare in plancia ora che finalmente, grazie al Recovery plan, arrivano decine di miliardi per le grandi opere inutili.

In questa faida tutta fiorentina il particolare più toccante è che, in tutto questo parlare di costruttori, muratori e manovali, Renzi proprio nell’ora più difficile ha perso il suo gancio più forte con la massoneria, l’amico Denis Verdini finito in carcere. E probabilmente un giorno scopriremo che la chiave di tutta questa storia è che alla fine Nencini si è trovato con la cazzuola dalla parte del manico.

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