Stefano Graziano, lei è capogruppo Pd in commissione Vigilanza Rai. In Rai è in corso un’occupazione da parte del governo?

A me sembra evidente che c’è una volontà di “cambio della narrazione”, la destra lo dice apertamente, e di conseguenza di epurazioni. È grave, ma il punto non è solo questo. La maggioranza è in confusione, oscilla fra due posizioni: da una parte la Lega vuole togliere il canone Rai dalla bolletta, ma in realtà lo vuole eliminare completamente, e questo significa 500 milioni in meno, quindi in sostanza vuole chiudere la Rai; dall’altra Fratelli d’Italia pensa solo all’occupazione. Hanno fatto il cambio delle nomine senza il Piano industriale e il Contratto di servizio, e quindi senza un’idea della mission del servizio pubblico.

L’addio di Lucia Annunziata ha colpito anche più di quello di Fabio Fazio. Le avete offerto un posto alle europee?

Magari lo volesse. Ma non mi pare che sia il suo primo pensiero. Annunziata è un simbolo della Rai ma soprattutto è una grande professionista. Ha lasciato con un comunicato duro e chiaro, che prefigura quello che può accadere. A noi interessano alcune cose: sostenere l’azienda, e su questo il tema del canone è prioritario, insieme al Piano industriale e al contratto di servizio. E una riforma: spero che questo sia l’ultimo governo che può lottizzare, anzi occupare la Rai. Ci interessa il pluralismo. Non si può non vedere che senza Fazio e Annunziata, la Rai è più povera.

Lottizzare e occupare: così fan tutti, così avete fatto anche voi quando avete potuto.

Intanto Meloni assume l’atteggiamento che prima contestava, e che oggi a Schlein non si può proprio contestare. Comunque, sicuramente ci sono stati errori da parte di tutti, è una verità amara che bisogna riconoscere. La Rai è la più grande azienda culturale italiana, e ci sono professionisti che l’hanno resa grande. La prima cosa deve essere la professionalità. E insieme il pluralismo: la Rai è la Rai se è pluralista.

La legge con cui sono stati fatti i vertici Rai è del Pd, governo Renzi, anno 2015.

Dopo otto anni si è dimostrato che la legge non funziona. Il servizio pubblico non può essere sottoposto a queste oscillazioni. Guardiamo come fanno in altri paesi e lavoriamoci. Non può essere una riforma non condivisa, in cui ciascuno aspetta di vincere per occupare.

Il Pd non ha “suoi” uomini o “sue” donne in Rai?

Sarei preoccupatissimo se non ci fossero, ma non per una logica di appartenenza. Il tema è se le persone che hanno una cultura politica si possono esprimere liberamente oppure no. E su questo Annunziata ha detto parole chiare. Oggi i professionisti che hanno una cultura di centrosinistra rischiano l’epurazione? O di dover fare una trattativa continua sui contenuti?

Perché i professionisti con cultura di destra dovrebbero essere meno bravi degli altri?

Non lo penso affatto. Li valuteremo sul prodotto, la pubblicità e lo share. Come è sempre valso per tutti. A me comunque sembra difficile che una Rai più povera sia più guardata dai cittadini. Ma vedremo i risultati.

La presidente del cda Marinella Soldi ha votato contro le nomine, ma prima ha votato sì, un sì determinante, al nuovo amministratore delegato Roberto Sergio. Soldi ha espresso un no tardivo?

Non è mai troppo tardi. L’unico punto di equilibrio che indica la legge è il presidente della Rai, perché è indicato dall’azionista ma deve essere votato dai due terzi della Vigilanza, proprio perché è un elemento di garanzia e di terzietà. In queste condizioni, la presidente deve tener presente il pluralismo che rappresenta, su tutto: dai palinsesti alle nomine al piano della sostenibilità. Sono certi che la presidente eserciterà bene il suo ruolo. Diversamente, non adempirebbe al suo mandato.

Come interpreta l’astensione M5s sull’ad e sulle direzioni?

Mi ha sorpreso. Mi sarei aspettato un voto contrario, e netto, visto quello che dichiarano sulla volontà di occupazione e sulla disparità di genere. Si potrebbe sospettare che il M5s tratta sulle singole posizioni in azienda. Spero non sia così.

La Lega vuole abolire il canone, di fatto vuole ridimensionare l’azienda. Perché?

Chi chiede l’abolizione del canone lo fa intanto per demagogia, per recuperare un po’ di consenso. Ma siccome a pensare male si fa peccato ma spesso ci si indovina, non vorrei che volesse anche fare un regalo alla concorrenza.

Finché la destra non è andata al governo, il Pd si è disinteressato alle vicende Rai, o le ha delegate a qualche dirigente. Finché governavate voi andava tutto bene?

No, ma attenzione: negli anni precedenti l’azienda non era così a rischio. Oggi sì. E noi siamo preoccupati per i cittadini e per i 12mila dipendenti. La Rai serve se il servizio pubblico è dei governati, non dei governanti. Se diventa solo dei governanti, la conseguenza sarebbe gravissima, per l’azienda e il paese.

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