Più che un semplice rimpasto, un repulisti in chiave pre-elettorale. La sindaca di Roma Virginia Raggi ha accompagnato alla porta il vicesindaco con delega alla Cultura, Luca Bergamo, e l’assessore al Commercio, Carlo Cafarotti. Con un chiaro messaggio politico per la campagna elettorale in arrivo: o con me o contro di me. Nel comunicato del Campidoglio, la sindaca scrive poche parole su Cafarotti e un caloroso elogio per il vicesindaco Bergamo, prima di arrivare al cuore della questione: «Ci sono diversità di visioni politiche per il futuro di Roma».

Quali siano queste “diversità di visioni” lo rende esplicito l’ex vicesindaco in un post su Facebook: «Avevo espresso mesi fa riserve su modi e tempi della sua scelta di ricandidarsi, perché così fatta, senza confrontarsi, poteva disperdere la parte buona del lavoro fatto, danneggiare la costruzione di una innovativa alleanza politica nel paese».

Con il licenziamento di Bergamo – figura dialogante con il centrosinistra – Virginia Raggi riafferma quindi l’intenzione di chiudere qualsiasi dibattito sulla sua candidatura. E si blinda fra i fedelissimi: il ruolo di vice dovrebbe andare all’assessore ai Trasporti Pietro Calabrese, per la delega alla Cultura si fa il nome di Lorenza Fruci, attualmente alle Pari opportunità, al Commercio arriverebbe Andrea Coja. La sindaca accelera, approfittando della confusione di tutti gli altri attori in campo in vista delle amministrative: il Partito democratico ancora alla ricerca di un nome alternativo (non solo a Raggi ma anche al leader di Azione Carlo Calenda) e il centrodestra silenziosamente in attesa delle mosse degli avversari.

Eppure all’interno dello stesso Movimento 5 stelle il confronto sulla candidatura per Roma non è chiuso. La sindaca deve fare i conti con la posizione di cinque consiglieri comunali – Angelo Sturni, Donatella Iorio, Marco Terranova, Enrico Stefàno, Alessandra Agnello – che vogliono in corsa per la capitale non lei, ma una figura terza.

Fra i “critici”, peraltro, l’ultima prova di forza della sindaca è piaciuta poco: «Bergamo fu scelto come vicesindaco con una votazione estesa a tutti i consiglieri – commenta Donatella Iorio – al contrario abbiamo appreso del suo allontanamento dal comunicato ufficiale e dalla stampa, non siamo stati coinvolti». E anche un’esponente di peso del Movimento come Roberta Lombardi, capogruppo in regione Lazio, in un’intervista alla Stampa parla di una partita aperta: «Raggi potrebbe presentarsi alle primarie di una nuova rete progressista».

E il centrosinistra?

Il vero problema è che la “rete progressista” per ora nessuno sa che forma abbia. Il Partito democratico è stretto fra la candidatura muscolare di Calenda e la mancanza di alternative. Ci sarebbe la senatrice Monica Cirinnà, ma non si può dire che il Pd romano si sia unito intorno al suo nome. I democratici del proprio candidato hanno solo l’identikit: sarà «una personalità che deve avere già avuto esperienze politiche e istituzionali, nello stesso rappresenti un rinnovamento e una nuova generazione per la città», dice il tesoriere del partito a Roma Claudio Mancini.

Nessuno osa dirlo, ma un rinvio delle amministrative dalla primavera all’autunno farebbe guadagnare tempo prezioso per ricomporre un quadro ancora molto frammentato. «Siamo allo stesso dibattito di un anno fa», commenta il presidente dell’VIII Municipio Amedeo Ciaccheri, portavoce del movimento civico di sinistra Liberare Roma. «Nel Pd a volte sembra che ci sia il desiderio di provare a decidere altrove la questione romana, di fare di Roma una vittima sacrificale per un’altra geometria politica: quella del governo nazionale».

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