«Una telefonata non fa pace ma fa diplomazia» scrive Stefano Stefanini sulla Stampa. In effetti la chiamata di Xi Jinping era attesa da tempo ed Emmanuel Macron ha avuto ragione a insistere: alla fine l’ha ottenuta. Il presidente francese, accolto in pompa magna a Pechino qualche settimana fa, ha ricevuto ciò che nessun altro leader occidentale aveva avuto.

Ora è in programma la visita di una delegazione cinese a Kiev. Gli ucraini si dichiarano soddisfatti e non rifiutano l’idea. Molti commentatori occidentali si sono affrettati a commentare la manovra di Pechino come priva di valore o non sincera. Soprattutto dagli Stati Uniti è venuta una reazione irritata, segno che non ci si attendeva più la mossa cinese.

Davanti a tali novità è meglio restare lucidi e aspettare: tradizionalmente la Cina si muove con prudente lentezza, soprattutto quando si tratta di una questione di politica internazionale. L’occidente è abituato al mantra della velocità: tutto deve essere rapido per essere considerato efficace. Ma in oriente non sempre le cose vanno allo stesso modo. La rapidità ha un valore ma quando diventa fretta o precipitazione spesso sbaglia.

Dal canto suo la lentezza può essere torpore ma anche tattica di avvicinamento. Qui non si tratta di pace immediata ma del fatto che la Cina ha preso un’iniziativa diplomatica: è la prima grande potenza mondiale a farlo fino a ora, visto che gli Usa non l’hanno ancora deciso.

Pur essendo vicini alla Russia, i cinesi si posizionano sul terreno diplomatico, che poi è quello dove inevitabilmente si arriverà, qualunque sia la situazione militare sul terreno. La telefonata esprime questo fatto politico: ora non sarà più possibile tener fuori Pechino dal futuro quadro negoziale.

Si tratta innanzi tutto – come detto – di diplomazia. E questo mette l’altra grande potenza davanti ad un bivio: continuare soltanto a sostenere militarmente l’Ucraina o iniziare lentamente a posizionarsi in maniera più mediativa? Gli ultimi episodi in cui pare gli americani abbiano trattenuto gli ucraini dal fare alcuni attacchi (e soprattutto il fatto che abbiano voluto farlo sapere), vanno in questa seconda direzione. Ma i giochi sono ancora lontani dall’essere fatti.

Da una parte la Cina potrebbe desistere dal tentativo di mediazione in base ai suoi interessi o a ciò che accade davanti a Taiwan. Dall’altra sono in vista le primarie americane in cui politica estera e interna si mescolano con risultati spesso inattesi.

Anche altri occidentali potrebbero cambiare atteggiamento. Parigi cerca di aprire la via negoziale sulla base degli interessi europei: una guerra lunga e senza vincitori non conviene all’Europa. Per ora Pechino sembra voler esplorare tale possibilità, che la favorirebbe in termini geopolitici, salvando nel contempo la globalizzazione almeno con l’Europa. C’è da vedere ancora cosa farà Berlino.

 

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