Pubblichiamo una lettera inedita di Aldo Moro, scritta all’avvocato Giuseppe di Lecce il 31 maggio 1945. L’avvocato (classe 1926), allora studente di Giurisprudenza, aveva conosciuto Moro nel 1944 all’Università di Bari, quando era titolare della cattedra di Filosofia del Diritto. Tra i due nacque un’amicizia profonda, che proseguì negli anni per via epistolare. Un anno dopo Moro fu eletto deputato all’Assemblea costituente e cominciò la sua straordinaria carriera politica. Il resto dell’epistolario inedito sarà pubblicato su Politica in edicola con Domani sabato 13 maggio.

Roma 31/05/1945

Carissimo, Ti ringrazio tanto del saluto che hai voluto inviarmi, con affettuosa cordialità nella lettera di Besegnano. Io son partito da Bari quest’ultima volta con un senso vivo di pena e di gioia. Di pena, perché lasciavo nuovi amici cari; di gioia perché appunto questa amicizia, pur soffrendo della separazione, non può morire. Ecco, io sono diventato più ricco della sola ricchezza che vale la pena di possedere.

Dopo tanti giorni, pure tra l’incalzare di eventi gravi e doveri, quella commozione che provavo nel chiudere un nuovo anno di studio, quella commozione irresistibile che mi prendeva dinnanzi a voi, non si è perduta. Il ricordo di quell’incontro non è passato e non può passare.

Ho trovato degli uomini, dunque; ho scoperto anime umane ed ho fatto perciò la più bella e fruttuosa scoperta che si possa immaginare. Sono entrato in comunicazione con loro. Tutto il resto non conta.

Tanto sangue dietro di noi e tanto, forse, dinnanzi a noi, non contano di fronte a questo fatto che riscatta la vita. Tra tanto male e tanto dolore questa umanità che si ritrova è un annuncio di speranza.

Possiamo forse anche gioire? Non so; ma tutte queste cose sono vere; la vita, con tutto il suo lamento, è una cosa vera. Vale, perciò, la pena di vivere. La verità esiste ed è più grande del dolore e del male. Ricordi qualche volta? Buon lavoro e tanti affettuosi saluti.

Aldo Moro

 

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