La parola d’ordine tra i ranghi di Fratelli d’Italia è cautela. La fase è delicata su molti fronti e quello della giustizia lo è doppiamente. Il caso Cospito, l’anarchico in sciopero della fame contro il 41 bis, è un problema sia per il governo, con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio che rischia di essere smentito dalla magistratura, che per il partito di maggioranza.

Non è stata una sorpresa perché la voce era già arrivata a palazzo Chigi, tuttavia la notizia dell’iscrizione del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, nel registro degli indagati dalla procura di Roma non è stata indolore. Il fedelissimo di Meloni è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio per aver dato al compagno di partito, Giovanni Donzelli, relazione del Dap su Cospito e ieri è stato ascoltato per due ore dai pm, alla presenza del suo avvocato, il penalista romano Giuseppe Valentino (candidato forte e poi ritirato per il posto di vicepresidente del Csm in quota FdI). 

Delmastro ha garantito alla premier di non aver commesso alcun reato e lo stesso avrebbe ribadito ai magistrati, rispondendo a tutte le domande e spiegando di non aver rivelato nulla di vietato perché l’atto non era segreto. L’obiettivo degli inquirenti è quello di mettere a fuoco anche se Delmastro avesse diritto a ricevere quegli atti dal Dap.La prossima settimana la sua difesa depositerà anche una memoria, per confutare l’ipotesi accusatoria secondo cui Delmastro avrebbe rivelato un segreto amministrativo, perchè l’atto del Dap era a divulgazione limitata e conoscibile solo ai pubblici ufficiali che, nell’esercizio della loro funzione, potevano avervi accesso.

I primi distinguo

Il sottosegretario continua a godere della protezione politica di Meloni, che ha dettato una linea chiara: la posizione non cambia, nè sul 41 bis a Cospito, nè sulla posizione di Delmastro, che non deve dimettersi. A puntellarla, del resto, è stato messo il ministro Nordio, che in aula alla Camera ha ribadito che l’atto divulgato non era classificato nè segreto.

La posizione è granitica e formalmente unica, tuttavia si è scelto che l’unico ad intervenire sia il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti. L’ordine viene rispettato alla lettera dai deputati di FdI: l’obiettivo è evitare qualsiasi sbavatura su una vicenda già complessa, che viene gestita ai piani alti di via della Scrofa. Tuttavia, accanto al blocco compatto dei vertici di FdI non è passato inosservato il silenzio dal fronte della Lega e di Forza Italia. L’unica difesa d’ufficio è arrivata da FI, che ha ribadito come un politico non debba dimettersi a causa di un’indagine a suo carico. Nulla più, però: la tensione è ancora alta per il no di FdI ad una commissione d’inchiesta sulla magistratura dopo l’assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby ter. Sotto promessa di anonimato, il parere diffuso tra gli alleati è che l’imbarazzo per il comportamento di Delmastro sia fortissimo, anche dentro FdI. A testimoniarlo, anche il racconto di un incontro molto teso tra Delmastro e Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed ex magistrato. 

L’ordine di scuderia è di attenersi ai dati di realtà: Delmastro non ha rivelato alcun segreto e Nordio lo ha confermato, quindi non ha alcuna responsabilità politica. L’inchiesta giudiziaria farà il suo corso ma un’indagine non è una condanna. Questo ha ripetuto anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ma proprio lui si è lasciato sfuggire una intemperanza che mostra tutto il fastidio che la vicenda sta creando: «La cosa che stona è che, benché ci sia il segreto sulle indagini, queste finiscono come al solito sui giornali» ha detto rivolto ai pm romani, aggiungendo che «c’è una parte della magistratura che tenta di condizionare la politica violando quelli che sono i principi della separazione dei poteri». Parole mai sentite in bocca a un membro di FdI e che rimandano alle accuse di persecuzione giudiziaria e di magistratura politicizzata di berlusconiana memoria.

Privatamente, infatti, iniziano a farsi strada i primi distinguo. Certamente la realtà è che l’indagine non è una condanna e Delmastro non deve dimettersi. Tuttavia se l’inchiesta sollevasse prove concrete di responsabilità, se dal Quirinale arrivasse una moral suasion, se lo stesso Delmastro volesse difendersi con più tranquillità, «allora...». La frase rimane sospesa, ma è il segno che anche dentro FdI inizia a farsi strada il nervosismo. La speranza rimane quella che il caso si sgonfi, anche mediaticamente, e che anche l’inchiesta della procura sfumi. E, in ogni caso, ogni valutazione definitiva è rimessa alla leader Meloni.

La linea di Meloni

Lei, assediata anche dalle questioni europee e dai guai legati all’economia, rimane granitica. È decisa a continuare sulla linea dura contro gli anarchici, interpretata dal duo Delmastro-Donzelli forse con troppa solerzia e combinando il pasticcio sulla relazione del Dap: è in corso attacco in corso allo Stato, che non intende cedere ai terroristi, soprattutto quando si saldano con la mafia. L’obiettivo è tenere bassi i risvolti giudiziari nei confronti di Delmastro e di concentrarsi sulla questione politica: «Nelle ultime ore è stato minacciato di morte il Ministro Nordio ed è stata imbrattata la sede della Rappresentanza italiana presso l’UE a Bruxelles con scritte inneggianti a Cospito. Lo Stato è al loro fianco e non arretra», ha twittato. La scritta minatoria «Nordio boia, speriamo che tu muoia» è infatti comparsa su un muro vicino all’università di Lecce.

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