L’ex ministro Andrea Orlando ha portato Yolanda Diaz sul palco della festa nazionale del Pd a Ravenna, che si è chiusa ieri con il comizio della segretaria Schlein. Diaz è la leader della spagnola Sumar, molto izquierdista. Il pubblico dem ha fatto la ola. Ma, gli chiediamo, non è troppo a sinistra per voi? O ha ragione chi dice che vi trasformerete in un partito «radicale», e «piccolo»?

«Abbiamo fatto battaglie insieme come ministri del lavoro per una direttiva sul salario minimo e per tutelare i lavoratori delle piattaforme. Sono battaglie che abbiamo condotto con gli altri ministri socialisti e progressisti. La riforma del lavoro realizzata in Spagna è stata sostenuta dai socialisti spagnoli. La sintonia nasce, dunque, da battaglie comuni tra il nostro campo, quello socialista è quello più largo di tutti i progressisti. Ma Yolanda Diaz è stata anche la protagonista della nascita di Sumar, con un processo unitario nella sinistra spagnola. Quando Pablo Iglesias voleva rompere con i socialisti, ha evitato la rottura e la diaspora, federato la sinistra e indicato la strada dell’alleanza con i socialisti. Una scelta che è stata essenziale per fermare la destra. Diaz a Ravenna ha detto una cosa che è stata meno ascoltata: è molto più utile recuperare quelli che non vanno a votare che togliersi voti a sinistra. È la strada che dovremmo seguire anche l’Italia. E fin qui invece ha prevalso la logica del rubarsi voti a vicenda.

Cosa vi aspettate dal Cnel sul salario minimo?

Il Cnel non potrà sciogliere i nodi politici. Immagino che proporrà di prendere come riferimento i contratti leader. Un primo passo verso il salario minimo. La strada è quella e nasce da un dato di fatto. Se hai molti lavoratori sottoposti ai contratti ma molti di quei lavoratori sono poveri o con salari in calo significa che la contrattazione da sola non basta più e serve, diciamo così, un’integrazione normativa. Penso che anche il lavoro del Cnel non possa rispondere ad una domanda tutta politica: quanto deve essere intenso questo intervento integrativo?

La proposta del salario minimo piace anche ai "padroni" del Forum Ambrosetti: perché?

Non mi sorprende, è una misura classica del liberalismo europeo, a differenza di quello che pensa chi dice che è una misura socialista. È in grado di contenere il lavoro povero, riduce i rischi di caduta della domanda interna ma non intacca sostanzialmente le regole di mercato. In Germania è stata introdotta dal governo Merkel.

Romano Prodi dice che è una vergogna se il governo dice no al salario minimo: ma in quei trent'anni in cui i salari sono diminuiti anziché aumentare in Italia (dati Ocse) è stato al governo anche lui, anche voi del centrosinistra. È un'autocritica?

In parte. A sinistra si è sempre temuto che potesse indebolire la contrattazione. Da qui anche la contrarietà del sindacato. Ma oggi con l’inflazione fuori controllo e con la contrattazione indebolita ulteriormente dai cambiamenti intervenuti nelle imprese questi dubbi non hanno più fondamento. Da un lato ci sono i rischi legati all’introduzione del salario minimo che possono essere evitati con adeguato accorgimenti. Dall’altro c’è la certezza che la contrattazione da sola non ce la fa più a garantire salti adeguati.

Sicurezza sul lavoro, lei da ministro ci aveva investito: perché in Italia non è possibile abbassare la contabilità drammatica quotidiana delle morti?

Intanto bisognerebbe dare continuità alle politiche. Alla guida dell’Inl c’era un magistrato capace che aveva iniziato un lavoro importante. È stato sostituito con il cambio di governo. Bisogna proseguire con il rafforzamento degli organici. E poi bisogna battersi contro tutto ciò che spezzetta e opacizza il lavoro. Gli incidenti sono più frequenti nelle aziende di piccole dimensioni, dove c’è nero o grigio, dove c’è subappalto. Tutte le misure che allentano la pressione su questi fronti possono essere raccontate con semplificazione ma vanno lette come insicurezza.

Le opposizioni si uniranno contro la manovra del governo Meloni?

Spero di sì. È essenziale per evitare il collasso della sanità pubblica.

Da una parte Matteo Salvini attacca il commissario europeo Gentiloni perché non fa “l’uomo all’Avana” dell’Italia. Ma anche Mario Draghi mette in guardia dal ritorno alle regole dell'austerità. Non è che il rischio c'è?

Draghi ha ragione. E Salvini sbaglia indirizzo. Intanto Gentiloni si batte per non tornare alle regole pre-Covid. Dovremmo fare un corso di educazione civica per dirigenti della destra italiana. La Commissione è espressa dai singoli paesi, ma i commissari non dovrebbero neanche ricevere indicazione dal paese di appartenenza. Salvini dovrebbe rivolgersi ai suoi amici sovranisti che si stanno battendo per un ritorno alle vecchie regole. Il governo va sfidato su questo. Anzi propongo di farlo, in parlamento: scriviamo una base comune per la riforma del patto e battiamoci in Europa per affermarla. La destra ci sta? Così potremo dimostrare, con chiarezza, chi sono i nemici dell’Italia. Che sono quasi tutti gli alleati della destra italiana.

I dati del Barometro europeo fotografa una maggioranza di cittadini europei spaventata dal futuro. Eppure nel Pd partito c’è una scuola di pensiero che sostiene che gli equilibri europei non cambieranno. Non state sottovalutando qualcosa, non potreste finire a dover governare con il Ppe ma anche con le forze di destra, quelle a cui aderisce Fdi?

Intanto va escluso subito e con nettezza che i socialisti possano sommare i voti a Ecr. Stiamo parlando di partiti xenofobi, quando non nostalgici dei fascismi, come Vox. Io non sottovaluto nulla, non sono così atarassico come alcuni miei compagni democratici. E naturalmente noto la frequentazione italiana della presidente Ursula von der Leyen, come se volesse mettere avanti le mani se dovesse cambiare lo scenario. Ma un’affermazione della destra antieuropeista sarebbe la fine del processo di integrazione e forse dell’Europa stessa. Se a governare l’Europa ci vanno quelli che non vogliono l’Europa, la sfasceranno dall’interno.

A proposito ancora di Europa. L’Italia ha già restituito 16 miliardi e bloccato migliaia di piccole opere. Ma il piano andrà avanti?

Io penso che ci sia un problema fra compatibilità fra la destra italiana e il Pnrr. Del resto basta vederne i titoli: transizione digitale, riduzione delle diseguaglianze, transizione ecologica: sono negazionisti climatici, perché dovrebbero realizzare la transizione ecologica? E pensano che le diseguaglianze siano un male a cui rassegnarsi. C’è una questione culturale prima che tecnica. Hanno iniziato demotivando la pubblica amministrazione, sono bastate le prime tre interviste del ministro Fitto a rallentare il Pnrr. Ora rischiamo di perdere un terzo delle risorse che ci erano state date. Il rischio è che ci sia qualche effetto anche sul piano macroeconomico: insomma che ci trascini verso la recessione.

Il Pd perde pezzi nella sua Liguria, ma la segretaria risponde che chi non si ritrova nell'agenda dell'estate militante ha sbagliato indirizzo: non è una risposta un po’ severa?

Un mese fa quando un parlamentare ligure ha aderito al Pd non ho parlato di espansione del Pd, oggi non parlerei di perdita di pezzi. Ma certo ogni abbandono impone una riflessione. In particolare la storia di chi ha lasciato in Liguria, dirigenti che da principio avevano lavorato alla costruzione del Pd, ci obbliga ad affrontare le ragioni di un malessere che evidentemente esiste. Francamente le ragioni addotte non aiutano a capire. Ma questo non ci esenta da un confronto su come far vivere il pluralismo in questa fase.

Il sospetto di alcuni, nel Pd, è che alla segretaria non dispiaccia troppo la fuoriuscita dei "riformisti" per avere un nuovo Pd più radicale e compatto. Escluso?

Non credo proprio. Per la battaglie che abbiamo di fronte abbiamo bisogno di tutte le energie a disposizione. Credo che tutti ne siano consapevoli.

Bonaccini dice che bisogna recuperare la vocazione maggioritaria: bisogna davvero?

Bisogna. Basta mettersi d’accordo su cosa intendiamo con questo termine. Alle ultime elezioni quasi metà del corpo elettorale non è andato a votare. Siamo certi che che quei voti si conquistino con un posizionamento più centrista?

Nel suo partito l’area che non è d’accordo con la segretaria aspetta il risultato delle europee per fare, diciamo così, un bilancio della segreteria Schlein?

Mi auguro di no. Intanto spero in un risultato pieno, e lo sperano tutti, quasi tutto il nostro gruppo europeo è costituito da riformisti. E comunque sarebbe un errore tragico, una sottovalutazione di ciò che è accaduto alle primarie. Un passaggio politico sul quale avremmo tutti bisogno di riflettere con maggiore profondità. Lo dico per chi ha perso e per chi ha vinto. C’è stata una fortissima domanda di novità. Se la si ignora si perde: se il risultato non dovesse essere pieno, che facciamo, chiamiamo un reggente e spieghiamo a chi ha votato le primarie che abbiamo scherzato? E come potremmo più riconvocare le primarie? Ma se il risultato delle primarie Se la si contrappone “al Pd che c’era prima”, si innesca un cortocircuito. La ricerca di un equilibrio richiede pazienza, e sapienza. E anche di un confronto serio su come fare vivere oggi un partito organizzato.

© Riproduzione riservata