Bastano le prime parole, quando ancora i dati ufficiali scarseggiano ma le proiezioni hanno già confermato le attese della vigilia. Anche il suo avversario Alessio D’Amato lo ha chiamato per congratularsi. Dopotutto il candidato del centrodestra Francesco Rocca oscilla intorno al 50 per cento e i punti di distacco dallo sfidante del centrosinistra sono più di 15. Difficile sperare in un miracoloso recupero. A quel punto l’ex numero uno della Croce rossa dice la sua. E, come nella migliore tradizione, si inizia con i ringraziamenti.

Il primo a Giorgia meloni «che mi ha dato grande fiducia e mi ha inserito nella terna per la candidatura». Quindi si prosegue: «Grazie anche al vicepresidente della Camera di FdI Fabio Rampelli, al coordinatore regionale Paolo Trancassini, a Claudio Durigon della Lega, al ministro Antonio Tajani e Maurizio Gasparri di Forza Italia, perché tutti hanno lavorato pancia a terra».

Insomma, mentre all’esterno si moltiplicano le congratulazioni e quasi tutti sottolineano che «il centrodestra unito vince», Rocca mostra plasticamente di essere, ancora prima di iniziare la sua avventura alla Pisana, un presidente commissariato. Tanti, probabilmente troppi, gli uomini a cui dovrà rispondere. Tanti, probabilmente troppi, gli interessi che dovrà garantire. Perché se è vero che FdI ha quasi triplicato la somma dei voti di Lega e Forza Italia, è vero che non potrà governare da solo.

E quindi da oggi iniziano le trattative, le mediazioni, i riti della politica che, si sa, sono mai un buon viatico per una navigazione sicura. Non fosse altro che gli alleati non sono gli unici da dover “controllare”. Qualche ora dopo Rocca torna sul dolente tasto delle divisioni interne a Fratelli d’Italia: «La voglia di vincere è stata tanta. Con Fabio Rampelli ci siamo sentiti fin da quando lo davano competitor, io ricevevo le sue chiamate di incoraggiamento, non c’è stato mai stato alcun problema».

Fronda interna

Sarà, ma in attesa di capire come sono andati i candidati del vicepresidente della Camera, ormai principale oppositore di Giorgia Meloni all’interno del partito, una cosa è certa: difficilmente Rampelli accetterà di essere nuovamen e umiliato (è l’uomo che ha cresciuto politicamente la premier ma non ha ricevuto né un posto da ministro né una candidatura a sindaco di Roma o a presidente della regione). E quindi è lecito avere più di qualche dubbio rispetto al timing indicato dal neoeletto presidente: «La giunta deve essere parte di un ragionamento insieme a tutta la coalizione, l’ultima volta ci sono voluti una ventina giorni. Dobbiamo partire subito, non possiamo perdere nemmeno un giorno».

Vedremo, di certo c’è che Rocca avrà qualche problema anche a gestire il dossier più delicato di ogni consiliatura regionale: quello della sanità. Il comparto è finalmente uscito dalla procedura di commissariamento per debito, ma resta in sofferenza finanziaria. Al momento il pareggio di bilancio dei fondi di dotazione per le Asl è previsto al 2031. Il rosso dei conti sanitari tra stock di debito pregresso e interessi da pagare si aggira ancora, secondo la Corte dei conti, sui 22 miliardi.

Rocca è stato, tra le altre cose, numero uno della Croce rossa ma anche presidente della Confapi, la confederazione della piccola e media industria della sanità privata. Non solo, fino al 14 novembre scorso, era presidente del consiglio di amministrazione della fondazione San Raffaele della famiglia Angelucci, proprietaria di una rete di cliniche e rsa in Lazio e non solo (oltre che editori dei quotidiani Il Tempo e Libero in procinto di mettere le mani sul Giornale dei Berlusconi).

Il capostipite Antonio Angelucci è anche deputato della Lega. In molti dicono che sarà lui, con i suoi interessi, a gestire nell’ombra la sanità del Lazio. Di certo Rocca non potrà non tenere conto della sua imponente presenza. «Sicuramente seguirò la sanità molto da vicino, ma ancora non ho preso una decisione» dice il neoeletto presidente a chi gli chiede se tratterrà la delega alla sanità. Non proprio una dichiarazione rassicurante.

 

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