Firmato da tutto il centrodestra, l’emendamento che prevedeva un aumento da agosto è stato ritirato da Fratelli d’Italia dopo le proteste di Salvini (anche se la Lega lo aveva firmato). Le opposizioni hanno parlato di un tentativo fallito di tassare le vacanze
L’aumento – poi bloccato – dei pedaggi autostradali è il nuovo caso che sta scombussolando il caldo fine settimana estivo del governo Meloni. Infine la maggioranza ha definitivamente ritirato l’emendamento al dl Infrastrutture che avrebbe fatto aumentare il costo dell’autostrada di circa un euro ogni 1000 km e subito ribattezzato dalle opposizioni «tassa sulle vacanze». Così mancano al conto del ministero guidato da Matteo Salvini circa 90 milioni di euro che servivano per coprire gli aumenti strutturali dei costi dell’infrastruttura e sistemare le strade provinciali, e che ora dovranno essere trovati altrove.
Politicamente, il pasticcio tutto interno alla maggioranza ha mostrato i molti nervi scoperti. Il caso è scoppiato venerdì, quando Salvini si è pubblicamente opposto all’emendamento che era stato presentato a firma di tutto il centrodestra – dunque anche della Lega – con il risultato di provocare il passo indietro dei firmatari leghisti e poi la decisione di ritirarlo da parte di Fratelli d’Italia. Però fonti meloniane hanno messo in chiaro che erano loro ad avere dubbi sul testo, nato da un’idea proprio del ministero delle Infrastrutture. Posizione negata dai leghisti, secondo cui c’era unità di vedute in tutto il centrodestra e dunque la mossa di sfilarsi di FdI è stato un colpo basso per lasciare solo Salvini davanti a una misura potenzialmente oggetto di critiche. Questo rimpallo di responsabilità tra alleati non ha certo contribuito a rasserenare il clima e ha aizzato le opposizioni, che immediatamente in aula si erano schierate contro il nuovo rincaro ipotizzato proprio a ridosso delle vacanze estive.
La segretaria del Pd Elly Schlein ha esultato intestandosi il successo di aver fatto ritirare l’emendamento: «L'indecente scaricabarile tra le forze di maggioranza che solo ieri lo avevano depositato tutte insieme non ci interessa», ha detto, chiedendo a Meloni di impegnarsi «a non presentare più l'aumento dei pedaggi per gli italiani nemmeno sotto altre forme». Sulla stessa linea anche il leader M5S Giuseppe Conte «Visto che li abbiamo scoperti con le mani dentro il portafoglio dei cittadini e contrastati ora sono costretti a fare retromarcia per l'imbarazzo. Nemmeno un po' di onestà di ammettere: abbiamo sbagliato, abbiamo firmato una proposta sbagliata», ha scritto sui social.
Lo scontro
Al netto del ritiro del testo e del silenzio dei dirigenti di centrodestra, impossibile però è negare il violento lo scontro politico che ha portato al ritiro dell’emendamento e il conseguente cortocircuito di maggioranza, che fa immaginare altre e ben più gravi questioni irrisolte.
Una tra tutte: la scelta dei candidati presidenti delle quattro regioni al voto, il Veneto in particolare dove la Lega è decisa a rivendicare il candidato nonostante i dubbi di FdI, dopo essersi vista costretta a ritirare l’emendamento sul terzo mandato ai governatori, per bocciatura di Forza Italia. Ma anche le diverse posizioni sempre della Lega in materia di acquisto di armi in seguito al sì all’aumento al 5 per cento della spesa firmato con la Nato.A questo si sommano i casi dei giorni scorsi: l’iniziativa di Forza Italia sullo Ius Scholae molto sgradita ai leghisti. Polemiche apparentemente piccole, ma che sommate danno la dimensione di una maggioranza sempre più ai ferri corti nel definire le priorità di governo.
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