Il rapporto tra Movimento 5 stelle e Silvio Berlusconi è ormai una corrispondenza di amorosi sensi. I tempi dello «psiconano» (così Beppe Grillo definiva l’ex premier) sembrano lontanissimi. E il leader di FI e i grillini si trovano sempre più spesso a condividere battaglie e analisi politiche.

Negli ultimi giorni Berlusconi ha espresso «rispetto» per l’elettorato del M5s e «stima» per Giuseppe Conte. Non solo, intervistato dal Tempo, ha anche riabilitato il reddito di cittadinanza, misura bandiera del Movimento: «Gli importi che sono finiti a dei furbi che non ne avevano diritto, sono davvero poca cosa rispetto alle situazioni di povertà che il reddito è andato finalmente a contrastare». 

Secondo diversi commentatori le dichiarazioni del leader di Forza Italia fanno parte di una strategia per provare a conquistare le simpatie e soprattutto i voti dei Cinque stelle in vista dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica.

In questo contesto, si può leggere come un ulteriore passo d’avvicinamento l’emendamento alla legge di Bilancio presentato dalla senatrice di FI, Urania Papatheu, sulla proroga degli incarichi dei navigator. «Dopo 30 mesi di servizio, a cavallo di una pandemia che ha distrutto il tessuto economico e produttivo, l’esperienza maturata sul campo e la formazione pagata con oneri pubblici verrebbero irrimediabilmente disperse in caso di mancata proroga degli incarichi», scrive la senatrice in una nota. 

Papatheu dimostra di essere più grillina dei grillini. Tra i Cinque stelle infatti nessuno si è ancora mosso perché preoccupato dal destino degli oltre 2.000 navigator i cui contratti, stando al testo attuale della legge di Bilancio, scadranno il 31 dicembre 2021 senza ulteriori proroghe. 

Cambio di linea

Pensare che in passato Berlusconi non era stato affatto tenero nei confronti del Movimento. «Non hanno mai lavorato – diceva nel 2017 –, sono i veri professionisti della politica, fuori dal parlamento non saprebbero come campare». «A Mediaset i Cinque stelle pulirebbero i cessi» rincarava nel 2018 bollandoli come «dilettanti».

Oggi davanti alla possibilità di succedere a Sergio Mattarella l’ex premier ha decisamente cambiato idea.  Anche su Conte. E la cosa sembra essere reciproca.

Intervistato dalla Stampa lo scorso 16 novembre, il leader del M5s ha detto sì alla proposta di Enrico Letta di stringere un patto sulla Manovra con tutte le forze della maggioranza, ma ha aggiunto che bisognerebbe occuparsi anche di riforme istituzionali. E che Berlusconi deve essere coinvolto. Una risposta ufficiale del leader di FI non è arrivata. Nelle conversazioni private, però, l’ex Cavaliere avrebbe elogiato Conte: «Ha un po’ il mio stile».

Aspirazioni incrociate

Dopotutto, in questo momento, sia Berlusconi sia Conte sembrano aver bisogno l’uno dell’altro. Il leader del M5s sta cercando in tutti i modi di andare a elezioni anticipate nel 2022. La fine della legislatura è troppo lontana e arrivare al 2023 significherebbe sottoporsi a un percorso estenuante e logorante. 

Gran parte dei deputati e dei senatori gli sono ostili e lui spera di accelerare per portare in parlamento un drappello di fedelissimi. C’è anche chi ipotizza che, non dovesse riuscirci, Conte potrebbe dimettersi addirittura prima di Pasqua. 

«Se un corpo umano si ritrova al proprio interno un corpo estraneo, lo espelle» è la metafora utilizzata dai parlamentari grillini. Tradotto: se l’avvocato continuerà a porsi come un corpo estraneo, sarà eliminato. 

La riabilitazione di Berlusconi e la sua possibile elezione al Quirinale, oltre a privarlo di un avversario in meno alle prossime elezioni, potrebbe produrre uno shock sufficiente per mandare in crisi la maggioranza.

Paura delle urne

C’è però un secondo scenario. Sono tanti i senatori e i deputati del M5s che, anche in virtù del taglio dei parlamentari, rischiano di ritrovarsi senza lavoro dopo le prossime elezioni. Alla Camera, secondo i conti di un deputato, sono una cinquantina. Ed è probabile che ce ne siano un gruppo anche tra i 74 senatori. In ogni caso, si parla di numeri che vanno molto oltre quelli necessari a Berlusconi per essere eletto (con il centrodestra compatto gliene basterebbero un ventina).

La loro speranza è che, una volta arrivato al Quirinale, il leader di FI decida di fare comunque di tutto per portare il governo di Mario Draghi alla fine della legislatura garantendogli così altri due anni di parlamento.
Infine ci sono i Cinque stelle che invocano un «voto paradossale» per l’ex premier contro l’ingerenza dell’Europa iniziata, secondo loro, con Mario Monti e proseguita con Sergio Mattarella e Mario Draghi.
Sono i nostalgici della natura anti sistema del M5s in cerca di un’alternativa alla candidatura, scontata, dell’attuale presidente del Consiglio. 
«Non esiste che voti Draghi» dice un deputato. Non dovesse uscire un altro nome in tempo utile, potrebbero anche farsi andare bene Berlusconi. «Tanto, con il voto segreto, la colpa non sarebbe di nessuno».

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