Fischi per Ignazio La Russa e Francesco Lollobrigida. La celebrazione del 45esimo anniversario della Strage di Bologna va in scena di nuovo tra tensioni tra i bolognesi e i rappresentanti di un governo che secondo chi ricorda non sta facendo abbastanza per portare alla luce la verità.

A schierarsi al fianco delle migliaia di persone arrivate nel piazzale della stazione per ascoltare insieme il triplice fischio che come ogni anno alle 10.25 commemora la bomba nera che nel 1980 uccise 85 persone e fece più di duecento feriti si è schierato in mattinata Sergio Mattarella.

«La strage della Stazione di Bologna ha impresso sull’identità dell’Italia un segno indelebile di disumanità da parte di una spietata strategia eversiva neofascista che mirava a colpire i valori costituzionali, le conquiste sociali e, con essi, la nostra stessa convivenza civile» ha scritto il capo dello Stato in un messaggio.

Ma Mattarella ha anche ricordato le responsabilità di alcuni appari dello Stato nella strage di matrice neofascista: «Bologna, l’Emilia-Romagna, l’Italia, risposero con prontezza e fermezza, esprimendo tutta la solidarietà di cui sono capaci, respingendo il disegno destabilizzante, le complicità presenti anche in apparati dello Stato, le trame di chi guidava le mani stragiste».

Decisamente più defilato il ricordo dei rappresentanti della maggioranza, che spesso e volentieri sorvolano sulle responsabilità, come anche il vicepremier Matteo Salvini: «45 anni fa, una bomba alla stazione di Bologna spezzò 85 vite e lasciò una ferita profonda nel cuore del Paese. Il più grave attentato terroristico della storia della nostra Repubblica. Ricordare è un dovere: mai più sangue innocente». Fa eccezione il suo collega Antonio Tajani: «Le responsabilità e la matrice neofascista sono state accertate, ricordare quanto accaduto deve essere un monito a tutela della libertà e della democrazia».

Stringata la nota della presidente del Consiglio, che invece dedica un video ai giovani arrivati a Roma per il Giubileo. Giorgia Meloni evita per altro – notano dalle opposizioni – di parlare di una strage «fascista» .«Il 2 agosto di 45 anni fa il popolo italiano ha vissuto una delle pagine più buie della sua storia. Il terrorismo ha colpito con tutta la sua ferocia la città di Bologna» scrive la premier.

«Il governo continuerà a fare la sua parte in questo percorso per arrivare alla piena verità sulle stragi che hanno sconvolto la Nazione nel secondo Dopoguerra a partire dall’impegno portato avanti insieme alle altre Amministrazioni competenti per il versamento degli atti declassificati all’Archivio centrale dello Stato, in un clima di collaborazione con le associazioni dei famigliari delle vittime».

Il nodo delle sentenze

Punto di caduta, l’accesso alla sentenze che hanno fatto emergere la matrice della strage: a dover difendere il governo dai ritardi nell’accesso agli atti è stata Anna Maria Bernini, presente come rappresentante del governo e contestata durante il suo intervento.

La ministra dell’Università ha spiegato di essersi impegnata perché «le sentenze degli archivi di Stato, le circolari che sono interpretate in maniera restrittiva non ci siano più» e siano date «garanzie sull’iter della legge 206», quella che normerà i benefici a favore delle vittime del terrorismo. «Non crediamo alla solidarietà del governo» ha urlato qualcuno.

Sull’accessibilità delle sentenze è tornato anche il sindaco di Bologna Matteo Lepore: «Devono essere pienamente pubblicate così come prevede la legge italiana. Il governo non osi insabbiare questa verità». Sulla stessa linea anche la segretaria del Pd Elly Schlein, presente al corteo. «A leggere quelle sentenze» – dice – dovrebbe essere anche «chi governa».

Le opposizioni si uniscono al ricordo: «Non dimenticare è un dovere civile» dice Matteo Renzi. «Coloro che rappresentano ai vari livelli le istituzioni dovrebbero adoperarsi - di fronte a questo e ad altri passaggi tragici della vita del Paese - per evitare che continuino ad essere diffuse mezze verità, racconti di comodo, ricostruzioni incerte» scrive Giuseppe Conte.

Anche il cardinale Matteo Zuppi ha partecipato alla celebrazione: «Per non restare solo assassini, è un dovere chiedere perdono e aiutare a fare verità» ha raccomandato durante la messa celebrata nella chiesa di San Benedetto.

Il legame con il governo

Ma durante la serie di interventi, la tensione è aumentata ulteriormente. «Oggi sappiamo chi è stato e ne abbiamo anche le prove» ha detto il presidente uscente dell’associazione delle vittime della strage, Paolo Bolognesi, aprendo gli interventi della mattinata e tirando in ballo presidente del Senato e ministro dell’Agricoltura, contestati dalla piazza. «È un fatto che tutti gli stragisti italiani passarono da Msi. Condannare la strage di Bologna senza riconoscerne e condannare la matrice fascista è come condannare il frutto di una pianta velenosa, continuando ad annaffiarne le radici. Non siamo disposti a far passare riscritture interessate della storia» ha continuato.

Per Bernini, un collegamento, quello tra strage e governo, che respinge: «Qualunque collegamento con l’orrore della strage e l’attualità o l’attuale governo lo respingo senza se e senza ma». L’auspicio della ministra è che si riconosca che «il governo e io personalmente, siamo dalla vostra parte. Siamo tutti dalla stessa parte al servizio della verità e della giustizia».

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