«Rivendichiamo con orgoglio la nostra comunità, ma senza rinunciare alla franchezza. La nostra responsabilità è lasciarci alle spalle il congresso, continuare a fare vivere il pluralismo nel Pd. Certo è emersa una linea, ma in cosa si sta sostanziando?».

Alla kermesse di Cesena organizzata da Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna, del Pd ma anche ex candidato sconfitto al congresso, la segretaria del Pd Elly Schlein non rinuncia a sottolineare la sua vittoria alle primarie, ma parte dal lavoro del Pd accanto alle amministrazioni alluvionate romagnole, poi arriva alla sanità pubblica, al diritto alla casa, al lavoro, all’Europa, snocciola i titoli della sua «estate militante».

Un modo urbano per stanare le polemiche interne, come dire: su cosa non siamo d’accordo? «I punti in comune fra le piattaforme che si sono presentate a congresso sono tanti». E a chi, fra gli interventi del palco, l’accusa di inseguire i Cinque stelle: «Mai subalterni a nessuno. L’unica alleanza che adesso mi interessa è ritrovare la fiducia di chi non vota, fermare l’astensionismo dilagante» per far sì che questo governo «non sia un destino ineluttabile».

Alla prima giornata dell’assemblea dell’area riformista del Pd, Energia popolare, Schlein parla e il messaggio è anche più chiaro del solito. Bonaccini invece deve affannarsi a dimostrare l’indimostrabile, e cioè che non si tratta del lancio di una corrente. Ai giornalisti esibisce le garanzie che gli sono fornite nientemeno che da Pier Luigi Bersani: «Ho trovato molto bella la sua dichiarazione, ha detto che non ha dubbi che questa iniziativa viene fatta non per fare una corrente ma per un luogo che porti idee perché un grande partito, se vuole essere grande, non può che essere plurale».

L’appuntamento è stato fortissimamente voluto da Bonaccini, per confermare il suo ruolo alla guida dell’area di quelli che non si sono schierati con la segretaria dopo il congresso (sono passati con lei i lettiani, che pure non l’hanno sostenuta, non sono andati a Cesena i Giovani turchi di Matteo Orfini), ma anche per mostrare un po’ di muscoli alla segretaria.

Cinquecento gli iscritti all’evento, ieri la prima tranche di interventi. Si discute di tutte le note dolenti di una linea percepita come poco chiara: abuso d’ufficio (Matteo Ricci, sindaco di Pesaro: «Siamo stati più giustizialisti con i nostri che con gli altri»), pluralismo («non si fanno spallucce se uno va via»), alleanze (Elisabetta Gualmini: «Non siamo percepiti come un’alternativa alla destra perché non parliamo ai mondi diversi, rafforziamoci e i Cinque stelle seguiranno»), Ponte sullo Stretto (Michele Catanzaro, Pd siciliano: «Non è possibile non avere una linea»), gravidanza per altri (Valeria Valente: «Non dobbiamo aprire alla gpa solidale»), elezioni (Antonio Decaro: «Attenzione, l’anno prossimo si vota anche alle amministrative, non solo europee»).

E ancora giustizialismo (tema insistito da chi vuole marcare le distanze dal M5s): applauditissimo l’intervento di Simone Uggetti, ex sindaco di Lodi incappato in un guaio giudiziario, poi assolto, «sette anni di calvario», che si prende la libertà di fare l’elogio del renzianissimo Jobs act guardando in faccia la segretaria, che ascolta dalla prima fila.

Lo sgarbo a Prodi

Oggi a mezzogiorno invece tocca a Romano Prodi, svolgerà una lezione di politica. Una presenza, quella del professore, che è un colpaccio per Bonaccini: si aggiudica così la benedizione del padre nobile dell’Ulivo e padre politico della segretaria. Ma anche quello che per primo, all’indomani delle primarie, ha annusato l’aria, percepito malumori e l’ha invitata a tenere in maggiore considerazione i riformisti e i cattolici del suo partito.

Qualcuno racconta che il professore ha accettato l’invito a parlare nell’iniziativa di una corrente di partito proprio perché gli era stata annunciata la presenza di Elly Schlein. Schlein infatti ieri è arrivata, ma ha cambiato i programmi: annunciata per sabato, ha deciso di intervenire il venerdì e non assistere alla lezione del professore. Un gesto che al professore non sarebbe molto piaciuto. Ma la segretaria ha preferito mettere in agenda la festa dell’Unità di Pesaro.

La Fondazione a Zingaretti

I malumori di giornata non sono solo cesenati. In mattinata a Roma Schlein ha annunciato con una conferenza stampa che la Fondazione Pd passa dalla presidenza di Gianni Cuperlo a quelle di Nicola Zingaretti, che gliel’aveva affidata da segretario. C’è anche di meglio: fin qui l’ente era poco più che un marchio, ora invece Schlein decide di darle un profilo giuridico dal notaio. E di affidarle il compito culturale di «tenere aperte le porte del partito».

La sostituzione della guida però agita il gruppo dirigente. Un po’ perché ormai ogni scelta fa affiorare i malumori e le voci di dentro. Un po’ perché Cuperlo è uno studioso e un intellettuale riconosciuto, e invece l’ex presidente della regione Lazio ha un profilo prestigioso, ma più pragmatico («diplomato odontotecnico», sibilano quelli che non lo amano).

«Nessuna cacciata», giurano i deputati vicini alla segretaria, il ruolo era «scaduto» e il sostituito è stato avvertito per tempo, che è la verità. Ora la fondazione, viene spiegato dovrebbe fare «un salto internazionale», agganciandosi alla Feps, a Foundation for European progressive studies, la fondazione europea di cui fanno parte i partiti della famiglia del Pse. E questo fa bingo con le voci che vogliono Zingaretti in corsa da capolista per le europee. Lui smentisce.

Cuperlo invece non commenta. Per lui la segretaria ha ipotizzato la direzione di un quindicinale on line tematico. Bella idea, ancora teorica. Che Cuperlo non avrebbe ancora accettato, in attesa di confrontarsi per un bilancio sul lavoro svolto per tre anni con la fondazione, culminato in una tre-giorni bolognese nel novembre 2019. Novità anche per il ruolo di coordinatore dei sindaci. Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci dovrebbe essere sostituito da Matteo Lepore, primo cittadino di Bologna e astro nascente della sinistra Pd. E decisamente più in linea con la segretaria.

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