Il bonus psicologo non è ancora perduto. L’emendamento alla manovra che lo avrebbe introdotto, presentato da un gruppo di senatori Pd per contrastare gli effetti negativi della pandemia sulla salute mentale degli italiani, prevedeva un contributo statale per le cure psicologiche, ed era stata eliminato dalla legge di Bilancio a poche ore dalla sua approvazione. Ma nelle prossime settimane potrebbe tornare in parlamento, all’interno del decreto milleproroghe o del decreto ristori. 

La proposta mira a rendere più accessibili le cure: le sedute con lo psicologo, che in molti casi arrivano a costare più di 100 euro, non sono alla portata di tutti. Attraverso un fondo da 50 milioni di euro verrebbero erogati due bonus. Uno da 150 euro per tutti, e un altro, più corposo, su base progressiva: 1.600 euro annui per chi ha un Isee fino a 15mila euro, 800 nella fascia tra 15 e 50mila, 400 in quella tra 50 e 90mila. 

Dopo il passo indietro della maggioranza, che ha scatenato molte polemiche sui social e non solo, mercoledì il ministro della Salute Roberto Speranza ha risposto a un’interrogazione sul tema della capogruppo dem Debora Serracchiani e del deputato Pd Filippo Sensi. 
Il tema della salute mentale, ha detto il ministro, è «cruciale in questo particolare momento storico» e nella legge di Bilancio c'è stato un «inedito investimento di 38 milioni di euro: 20 milioni per il disagio psicologico di bambini e adolescenti che si trasformeranno in assunzioni di persone che si faranno carico dei problemi dei più piccoli, 10 milioni per l'accesso a servizi psicologici delle fasce più deboli in modo particolare i pazienti oncologici e 8 milioni per il potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e adolescenziale».

Il tema della salute mentale è «cruciale in questo particolare momento storico» e nella legge di Bilancio c'è stato un «inedito investimento di 38 milioni di euro: 20 milioni per il disagio psicologico di bambini e adolescenti che si trasformeranno in assunzioni di persone che si faranno carico dei problemi dei più piccoli, 10 milioni per l'accesso a servizi psicologici delle fasce più deboli in modo particolare i pazienti oncologici e 8 milioni per il potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e adolescenziale», ha detto il ministro.

Gli stanziamenti di cui parla Speranza vanno però in direzione opposta rispetto alla logica del bonus psicologo: invece di creare uno strumento agile che permette di usufruire dei servizi di psicologi privati, ma limitato nel tempo a meno di rinnovi, il ministro punta a rafforzare la struttura della sanità pubblica.

Chi è d’accordo

Sulla carta, tutti sono d’accordo a incentivare la cura della salute mentale. Il problema è trovare un accordo sulla modalità, scegliendo tra la strada tracciata da Speranza e un modello più flessibile che coinvolga anche i privati, come quello del bonus psicologo. 
Bisognerà inoltre capire dove riproporre il testo: se nel decreto Milleproroghe (ma in questo caso dovrebbe essere legato al rinnovo di qualche altra misura), già alla Camera per la conversione, oppure nel prossimo decreto ristori, di cui è in programma a giorni l’approvazione in Consiglio dei ministri.

In quel caso, però, c’è il rischio che il bonus non arrivi all’approvazione, com’è successo durante la discussione della legge di bilancio. La dotazione finanziaria del decreto fa gola a tutti e, come in manovra, ciascuno indicherà le proprie priorità per spenderla. Per questo motivo, non è detto che il bonus psicologo arrivi al traguardo così com’è e non sia cancellato a favore di altre agevolazioni.

Chi non è d’accordo

LaPresse

La linea del governo è che la sanità mentale è una priorità, ma va curata con i fondi stanziati per gli enti pubblici, consultori e punti d’ascolto delle Asl, senza che i contributi vadano ai privati. 

Anche una parte degli psichiatri è sulla stessa lunghezza d’onda. In una lettera a quotidianosanità.it, il presidente di Psichiatria democratica Antonello D’Elia spiega che più di sovvenzionare gli studi privati, converrebbe ripopolare «i consultori, le scuole e i centri di salute mentale con professionisti competenti, supervisionati che lavorano in gruppo e pensano in termini di comunità. E i consultori e le scuole dotate di psicologi formati e addestrati che sappiano di bambini, famiglie e adolescenti e insegnanti». Insomma, rimpolpare l’organico di psicologi e psicoterapeuti di stato. 

D’altra parte, chi lavora per l’approvazione del bonus spiega che gli stanziamenti del ministero della Salute non sono certo inutili, ma non bastano nell’immediato: le assunzioni previste da Speranza hanno bisogno di tempo e in molti casi i consultori non sono il primo posto a cui ci si vuole rivolgere in caso di bisogno.

Nella pratica, la ritrosia nei confronti dei privati potrebbe però essere superata attraverso un compromesso. Gli uffici legislativi stanno esplorando diverse modalità: una delle possibilità è che venga inserito nel meccanismo un ulteriore passaggio che affidi l’assegnazione del bonus a un rappresentante della sanità pubblica, per esempio il medico di base o uno sportello. A quel punto, per ottenere il bonus, potrebbe volerci la prescrizione del medico di famiglia. 

Soluzioni alternative

Di fronte al naufragio dell’iniziativa in parlamento, alcune realtà stanno cercando strade diverse. Subiton dopo la bocciatura in aula è stata lanciata una petizione su change.org, che chiede di recuperare l’iniziativa e che attualmente ha superato le 250mila firme.

Il municipio 9 di Milano ha creato il proprio bonus: 30mila euro per permettere ai giovani tra i 10 e i 25 anni di usufruire di alcune sedute presso uno psicologo della zona. 

Mauro Orso, consigliere comunale di Milano, ha trovato con i collaboratori della sua piattaforma glipsicologionline.it una soluzione che sfrutta le agevolazioni per il welfare aziendale. L’idea è permettere ai datori di lavoro di ottenere dei voucher scaricabili fiscalmente per intero, con i quali i dipendenti possono usufruire di sedute psicologiche. 

Anche la Regione Lazio ha istituito un fondo ad hoc da 2,5 milioni di euro. La misura, ha scritto su Facebook il presidente di regione Nicola Zingaretti, servirà a «garantire l’accesso alle cure per la salute mentale e la prevenzione del disagio psichico, attraverso voucher da utilizzare presso strutture pubbliche del Lazio, coinvolgendo la rete degli psicologi e degli psichiatri».

La Campania invece si sta attrezzando per dare seguito alla legge che introdurrà lo psicologo di base. Il meccanismo prevede che, attingendo a un fondo di 600mila euro stanziati per il biennio 2020-21, le aziende sanitarie locali collaborino con gli psicologi privati attraverso convenzioni con la sanità pubblica, per garantire a chi ne ha bisogno l’assistenza necessaria.

Una soluzione di compromesso che potrebbe piacere anche ai puristi della sanità pubblica, ed è per questo tra quelle osservate più da vicino dai tecnici del Pd per ripresentare la legge.

Un’emergenza aggravata dalla pandemia

Che la salute mentale debba diventare una priorità emerge anche dai numeri. Gli ultimi dati dell’Istat sulla salute mentale risalgono al periodo 2015-2017, ormai lontanissimo. All’epoca venivano rilevate 2,8 milioni persone che soffrivano di depressione (5,4 per cento delle persone oltre i 15 anni) e che il 7 per cento della popolazione oltre i 14 anni (3,7 milioni di persone) aveva sofferto in quel periodo di disturbi ansioso-depressivi. 

Solo il 15 per cento degli adulti che soffriva di depressione o ansia si era rivolta a uno psichiatra o uno psicologo. L’Istat rilevava anche una correlazione di questi disturbi con lo svantaggio sociale ed educativo e con la necessità di cure per altri problemi. 

I dati sulla salute mentale in tempo di pandemia sono ancora parziali. Ma basta guardare quelli già disponibili per rilevare l’incidenza dell’epidemia e le difficoltà che chi vuole curarsi incontra. Un dato che non migliora neanche dopo il primo anno di Covid-19 e i progressivi allentamenti delle misure restrittive. 

Secondo una ricerca pubblicata su Nature, elementi come il declino dell’attività fisica, l’aumento dei sintomi depressivi e la riduzione delle interazioni sociali certificano un peggioramento della situazione degli italiani.
Nel periodo analizzato, circa metà della popolazione era a rischio di depressione clinica, un aumento del 36 per cento rispetto a uno studio precedente che aveva approfondito la prima fase della pandemia. Anche le progressive riaperture e la diffusione dei vaccini non avevano portato a nessun sostanziale miglioramento del benessere psicofisico della popolazione. 
Nel 2021 inoltre l’Istituto Piepoli ha rilevato che il 27,5 per cento dei pazienti che avevano intenzione di iniziare un percorso di salute mentale non ha potuto farlo per ragioni economiche, mentre il 21 per cento ha dovuto interromperlo per lo stesso motivo.

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