All’indomani dell’arresto dei sette ex terroristi italiani di estrema sinistra rifugiati in Francia, la ministra della giustizia Marta Cartabia rilascia un’intervista al Corriere della Sera e al quotidiano La Repubblica.

Afferma fin da subito che non si è trattata di «sete di vendetta» ma «di chiarezza e di reale possibilità di riconciliazione» anche con i famigliari delle vittime. Si tratta, però, di una scelta storica, infatti: «Per la prima volta, la richiesta italiana di estradizione è stata riportata nell’alveo corretto dell’amministrazione della giustizia – dice la ministra – Ossia, dopo quasi 40 anni, la Francia ha compreso appieno quale ferita abbia subito l’Italia negli anni di piombo e per la prima volta ha rimosso gli ostacoli politici, legati alla dottrina Mitterand, trasmettendo le domande di estradizione alle autorità giudiziarie, affinché la giustizia segua il proprio corso». 

Ora i giudici valuteranno caso per caso se decidere di concedere l’estradizione, anche se l’ultima parola spetta alle autorità politiche. Come avvenuto nel 2008 quando fu il presidente Sarkozy a bloccare l’estradizione verso l’Italia di Marina Petrella, ex brigatista arrestata ieri nel blitz francese, per motivi si salute. Sarà quindi un procedimento lungo, ma l’obiettivo degli arresti era quello evitare altre fughe.

Le relazioni Italia – Francia

È stato «un momento di forte collaborazione bilaterale tra due Paesi da sempre amici – spiega Cartabia – la Francia, con questo passo storico, conferma la sua fiducia verso le istituzioni italiane e prende atto della correttezza delle procedure giudiziarie seguite, fino alle condanne definitive per i reati, commessi negli anni di piombo».

L’intero processo per chiedere l’estradizione è partito dopo gli anni di piombo e avanzato di nuovo nei primi anni due mila. A dare impulso alle richieste è stato l’ex ministro della Giustizia del Movimento cinque stelle, Alfonso Bonafede, che ha deciso di spingere per l’arresto di Cesare Battisti e dei sette ex terroristi.

La ministra Cartabia racconta che ha avuto la percezione di un chiaro cambiamento durante un incontro con il suo omologo francese avvenuto lo scorso 8 aprile. In quel colloquio: «Abbiamo premuto sul fattore tempo, a fronte del rischio di ulteriori imminenti prescrizioni – spiega Carabia –  abbiamo ricordato la legittima richiesta di giustizia dei familiari delle vittime, ma abbiamo anche voluto, una volta per tutte, chiarire il doppio equivoco che negli anni aveva ostacolato la decisione politica di Parigi: stiamo parlando di persone, che non sono state processate per le loro idee politiche, ma per le violenze commesse». Dopo l’incontro la discussione si è spostata a un piano più alto tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron.

Nell’intervista rilasciata al Corriere la ministra aggiunge: «Non so se le origini italiane del ministro Dupond-Moretti, di cui va molto fiero, possano aver giocato un ruolo. Decisivo è stato anche il fatto che, mai come ora, tutte le nostre istituzioni si sono mosse in modo compatto e tempestivo. Una modalità d’azione, a cui ispirarsi sempre».

Anche al Corriere Marta Cartabia tiene a specificare le ragioni a fondamento dell’operazione: «Nessun ordinamento giuridico può permettersi che una pagina così lacerante della storia nazionale resti nell’ambiguità, e resti irrisolta. La storia offre numerosi esempi di giudizi celebrati e di vicende giudiziarie portati a compimento a molti anni di distanza. La nostra volontà di riproporre la richiesta delle estradizioni non risponde nel modo più assoluto ad una sete di vendetta, che mi è estranea, ma ad un imperioso bisogno di chiarezza, fondamento di ogni reale possibilità di rieducazione, riconciliazione e riparazione, fini ultimi e imprescindibili della pena».

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